venerdì 11 luglio 2008



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Richard Gere ha detto...

UNA PICCOLA VALLE CON UNA GRANDE STORIA





La Valle d'Aosta è la più piccola regione italiana. E' circondata dalle più elevate cime d'Europa ed è costituita da una valle centrale solcata dalla Dora Baltea, dalla quale si dipartono 13 vallate laterali scavate da ghiacciai e torrenti.



Sin dall'antichità è un importante crocevia delle Alpi occidentali, attualmente collegata alla Francia attraverso il traforo del Monte Bianco e il colle del Piccolo San Bernardo e alla Svizzera attraverso il colle e il traforo del Gran San Bernardo. Abitata già in epoca preistorica, la valle fu in seguito occupata dai Salassi, popolazione di origine celto/ligure sconfitta dopo una secolare lotta dai Romani nel I secolo a.C. i Romani si stabilirono nella regione e fondarono Augusta Praetoria nel 25 a.C..



La valle passò quindi sotto il controllo di Burgundi, Longobardi e Carolingi fino all'affermarsi di casa Savoia. Nel 1191 Tommaso I di Savoia concesse la "Carta delle Franchigie" che sanciva il riconoscimento dell'autonomia politica e amministrativa e che fu mantenuta fino al 1770.



La valle beneficiava di una forma di autogoverno politico con proprie leggi e presieduto dall'Assemblea degli Stati Generali e dal 1536 dal Conseil des Commis, una specie di giunta esecutiva formata da 24 membri. Napoleone, impegnato nella campagna d'Italia, attraversò la regione nel 1800 portando con sè gli ideali rivoluzionari, generando simpatie ed odi, amministrazione e paura, leggende e racconti che ancora oggi animano la valle.



Con la costituzione del Regno d'Italia l'autonomia secolare della regione fu più volte messa in discussione, almeno fino al 26 febbraio 1948, quando venne definitivamente emanato lo Statuto Speciale che garantisce alla Valled'Aosta una particolare autonomia legislativa ed amministrativa e mette sullo stesso livello la lingua italiana e francese.



Oggi l'economia della regione si basa sul turismo, l'allevamento bovino, la produzione di latticini e formaggi, i vini DOC, la produzione energetica e le attività artigianali tradizionali.

Richard Gere ha detto...

LA VITICOLTURA IN VALLE D'AOSTA





Le condizioni climatiche della Valle d'Aosta, unitamente alle caratteristiche dei terreni e alla loro esposizione, giacitura e pendenza, sono i punti di forza di una viticoltura di montagna che, inserita in un ambiente ancora incontaminato, ha saputo evolversi con modernità e oggi rappresenta una realtà di grande valore. I vigneti si snodano lungo tutto il versante esposto a mezzogiorno della Valle, che prende il nome di "adret", su terrazzamenti con pendenze tali da permettere ai raggi del sole di giungere sull'uva con un angolo di inclinazione di 90°, apportando maggiore energia alla vite e di conseguenza migliore qualità del vino. La vite viene coltivata fra i 300-400 metri della Bassa Valle e i 1.225 metri sul livello del mare di Morgez, in Alta Valle: i più alti vigneti d'Europa. La scarsità delle piogge, il clima secco e le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte durante il periodo di maturazione accentuano l'intensità dei profumi dei vini valdostani. In questo scenario i valdostani, con la pazienza e la tenacia che contraddistingue i popoli alpini, hanno sviluppato una viticoltura eroica cratterizzata da terrazzamenti e muri a secco per aumentare la superficie disponibile e per smorzare i forti dislivelli, dalla difficoltà di meccanizzazione e dal ricorso alla difesa integrata, per salvaguardare la grenuinità e la tipicità dei propri prodotti. Punta di diamante di una produzione limitata ed esclusiva è la riscoperta di alcuni vitigni autoctoni, inseriti nella Denominazione di origine controllata Doc "Valle d'Aosta"-"Vallée d'Aoste" che racchiude il meglio della produzione valdostana.

Richard Gere ha detto...

LA MAGIA DEL CIOCCOLATO





E' il peccato di gola assoluto, uno dei simboli gastronomici del terzo millennio. Anche sulla tavola di Natale oltre a panettone e pandoro trionfani i dolci al cacao.



Ci sono le regole ci sono le eccezioni. Una regola in materia di dolci per le massime ricorrenze della cristianità dice: panettone e pandoro a Natale, uova di cioccolato a Pasqua. Poi ci sono gli uomini con le loro passioni e i loro piccoli vizi, con quegli strappi alle regole che permettono di andare avanti e di ingoiare rospi amari, grossi e indigesti. Così da una decina di anni, cacao e cioccolato sono diventati il peccato di gola assoluto. Se si dovessero scegliere un paio di simboli nel nuovo secolo, forse a livello di "salato" si potrebbe promuovere il tonno appena scottato e non vi è dubbio che a livello dolce il più votato sarebbe il cioccolato. Le carte dei ristoranti, alla voce dessert, sono almeno per metà piene di preparazioni al cacao e aprono pasticcerie e gelaterie dove il cioccolato è ovunque, anche nell'insegna. E ancora le barrette dai mille profumi che fanno impallidire i ricordi di quando, io ragazzino, potevo scegliere solo tra cioccolato bianco e quello al latte, perchè già quello fondente era una rarità solo per adulti.



Nel settore si confermano fuoriclasse come Amadei, Domori e Valrhona; e spuntano i nuovi campioni come l'Offelleria Rizzati e Giraudi con lavorazioni sempre più spinte verso giochi di texture, di forme e di colori, azzardando insoliti accostamenti con spezie, vino e birra. Tra i grandi maitre chocolatier italiani spicca Gobino, tradizionalmente legato al suo Piemonte, che crea creme al gianduia e gianduiotti, senza disconoscere le potenzialità dei vari cioccolati monorigine per le loro svariate sfumature gustative, ideali in degustazioni magari insolite con distillati di birra di Vittorio Capovilla e un nuovo laboratorio in Torino. Il cioccolato interpretato da Boidi della pasticceria Giraudi in provincia di Alessandria è unico. Afferma che i clienti vogliono per la maggiore prodotti legati fortemente alla tradizione, come i cremini e le creme al gianduia, anche se riconosciamo la bravura di questo artigiano in processi innovativi, con giochi di consistenze e spessori nati da prodotti aggiunti al cioccolato come caffè, pistacchi e nocciole.



Il suo gioco si completa con i "cioccolatini d'aperitivo", ripieni di varie tipologie di formaggi, del bravo affinatore Guffanti (alias Carlo Fiori) o a cui vengono aggiunti vari tipi di sale. Per Devoti la tendenza è comunque rivolta verso la semplicità, cercando di partire dall'inizio, per far conoscere profondamente il vero gusto del cioccolato al consumatore, partendo dal blend per ottenere migliori cioccolate da tazza e giocare sulla qualità nutrizionale e gustativa delle creme spalmabili, che dovrebbero essere assaporate in un'ottica di raffinatezza assieme a un buon vino. Per assaggiare tutte e tre le creme di Rizzati bisogna essere fortunati: questo pasticcere di Ferrara è stato il primo in Italia a proporre creme di cioccolato fondente al vino rosso, con l'Amarone o con il Sassonero. Invece, col mastro birraio Teo Musso collabora da anni per proporre cioccolatini e creme alla birra doppio malto Noel.



Rizzati allievo del grande Catinari, è un crogiuolo di idee. Produce ben ottanta tipologie diverse di praline come quelle al tartufo, alle mandorle, zucca candita violina, pistacchi di Bronte, caramello e burro salato fino alle nuove praline serigrafate dal n° 1 a 15 ognuna contenente uno scrigno fatto di varie spezie. Le sue nuovr concezioni di canditi sono incredibili; si va dalla giuggiola candita e ricoperta di cioccolato 70 %, fino alla rivisitazione dell'arancia candita. Caffarel seguendo l'idea del Bicerin torinese ha creato Monvisio, una pralina con all'interno, in armonico equilibrio, panna, caffè e liquore. Venchi per il dolce Natale propone Tuffée Prestige confezionati interamente a mano in tre sorprendenti varietà: Prestige Oro, Rosso o Argento. Venchi produce da anni il tradizionale gianduiotto, fatto secondo tradizione con una massa di burro di cacao e crema gianduia di nocciole del Piemonte e cioccolato.