mercoledì 9 luglio 2008

RICHARD GERE

38 commenti:

Richard Gere ha detto...

Benvenuto a tutti gli amici che si collegano sul mio blog personale. Ciao da parte di Richard.

Richard Gere ha detto...

LA VIA DELL’ORO DEI DIAMANTI E DELL’ARGENTO (Alessandrino e Valenzano)


“Alessandria: a un’ora dal mondo”. Questo potrebbe essere lo slogan del capoluogo, visto che per la felice posizione geografica è posto esattamente al centro di uno snodo autostradale Nord-Sud, Est-Ovest di straordinaria comodità per chiunque voglia raggiungerlo e anche per chi volesse farne la base per i suoi viaggi turistici o di affari. Basta infatti imboccare uno dei tanti caselli che le fanno da corona e in un’ora di viaggio è possibile raggiungere un aeroporto a scelta tra quelli di Genova, di Torino, di Milano. Con un’ora di viaggio si raggiunge il Lago Maggiore oppure la Val d’Aosta, con meno di un’ora si arriva al Mar Ligure. Ma da Alessandria si può anche partire per escursioni più brevi, negli immediati dintorni che, seppure non segnalati dalle grandi guide turistiche, sono in grado di offrire bellezze naturali e artistiche di significativo rilievo. Per non parlare della vicinissima Valenza, capitale indiscussa della lavorazione dell’oro e del gioiello, con le sue migliaia di abilissimi artigiani che sanno conferire al prezioso metallo e alle preziosissime gemme tutto il valore aggiunto della loro straordinaria maestria.
Alessandria è poi città che non ama mettersi in mostra, ma che può riservare sorprese per chi voglia indagare le non poche tracce del suo passato, per esempio quella della Cittadella che non ha eguali in tutta Europa per vastità di impianto e stato di conservazione, tanto da venire comunemente considerata come un capolavoro dell’architettura militare. Allo stesso modo anche la tradizione gastronomica alessandrina non è ancora stata valorizzata come merita. Una tradizione che affonda le sue radici sia nel mondo contadino della pianura sia nella più raffinata cucina borghese, fondendo insieme influenze liguri, piacentine e lombarde che le vengono da un passato di terra di confini e di transiti.
Accade quindi che le guide prese in esame non rendano giustizia sia alla provincia che al capoluogo, assurdamente penalizzato rispetto ad altri centri piemontesi. I ristoranti che meritano a nostro avviso una segnalazione sono sicuramente in numero maggiore di quelli contenuti nei più celebrati vademecum gastronomici e qui, per forza di cose, riportati. Non li citiamo perché lo scopo di questa pubblicazione non è quello di stilare graduatorie di merito, ma, per dimostrare che le nostre osservazioni non derivano solo da un malinteso spirito di campanile, vogliamo ricordare che la pur autorevole guida dell’Accademia della Cucina non solo si limita a citare due soli locali, ma arriva a definire con fantasia degna di miglior causa “agnolotti sfoderati” i nostri rabaton, che sono invece gnocchi di erbe e formaggio, bolliti e conditi con burro e parmigiano. E pensare che proprio i rabaton, con gli agnolotti di stufato e il “salamino del Mandrogne” rappresentano gli apporti più originalmente autentici della cucina alessandrina.

Richard Gere ha detto...

ALESSANDRIA

Le origini della città di Alessandria risalgono al 1168 quando attorno al castello di Rovereto, nella zona dove sorge la chiesa di Santa Maria di Castello, viene a formarsi il primo insediamento urbano di un certo rilievo.
In seguito la borgata fu accresciuta dall’arrivo di rifugiati provenienti da Milano a da Tortona; città che erano state conquistate dalle armate dell’imperatore Federico Barbarossa.
Venne a formarsi così una vera città cui fu dato il nome di Alessandria, in onore del papa Alessandro III promotore della Lega Lombarda ed oppositore delle mire espansionistiche del Barbarossa.
Gli abitanti proclamarono dunque la propria autonomia verso l’imperatore, che rispose subito con le armi; infatti il 29 ottobre 1174 un corpo d’armata del Barbarossa si presentò sotto le mura cittadine per intimare la loro resa..
Assalti frontali, scalate alle mura, colpi d’ariete, scavi sotterranei, false promesse e scherni (“Alessandria della Paglia” per via dei tetti fatti poveramente con paglia di frumento), tutto fu tentato contro la città giunta ormai allo stremo delle forze.
Poi, fortunatamente iniziarono forti piogge che fecero straripare il Tanaro e la Bormida, inondando le campagne circostanti e trasformandole in un pantano, ostacolando cos’ i movimenti degli assedianti.
Seguì anche un inverno eccezionalmente rigido e siccome nei dintorni non vi era più nulla da razziare questo provocò tra le forze nemiche molte controversie e defezioni; Barbarossa si vide così costretto al ritiro, dirigendosi verso l’amica città di Pavia.
Purtroppo l’iniziale solidarietà sociale lasciò il posto a lotte intestine, per cui Alessandria cadde successivamente sotto il potere degli Angioini, dei Marchesi di Monferrato, dei Visconti, degli Sforza e per oltre un secolo e mezzo degli spagnoli.
Nel 1707 entrò a fare parte dei domini sabaudi ed in questo periodo furono erette le imponenti fortificazioni che caratterizzarono la città.
Il 14 giugno 1800 gli eserciti francesi e quelli austriaci si scontrarono a Marengo, per disputarsi il controllo dell’Italia settentrionale; qui il genio di Napoleone e l’eroismo del generale Dessaix ottennero una delle più brillanti vittorie della storia, sottraendo così anche Alessandria al dominio austriaco.
Alla caduta di Napoleone questa parte d’Italia tornò ai Savoia divenendo parte del Regno di Sardegna, da allora la città condivise le sofferenze e le aspirazioni dei patrioti italiani; in essa il 10 marzo 1821 Santorre di Santarosa sventolò il tricolore italiano e, nel 1833 essendo stata scoperta una cospirazione della “Giovine Italia” vi fu fucilato Andrea Vochieri.
Con l’aiuto giunto dai patrioti di ogni regione d’Italia, Alessandria durante le guerre per l’indipendenza fu munita di cento cannoni, ancor oggi ricordati dall’omonimo corso.
Nel 1921 per frenare le lotte dei braccianti, scesero in campo le prime squadracce fasciste, finanziate dai latifondisti che vedevano minacciato il proprio potere.
In queste fasi i braccianti giunsero a far morire il bestiame nelle stalle, squadre armate picchiarono braccianti isolati, incendiarono fienili e casolari.
Il 22 agosto 1922 venne bruciata la sede della Camera di Lavoro e rappresentanti socialisti e di altri partiti furono imprigionati; iniziò così il periodo della lotta clandestina che portò poi alla Resistenza antifascista.

Richard Gere ha detto...

LA PROVINCIA DI ALESSANDRIA SESTA IN ITALIA PER LA QUALITA’ DEI SERVIZI

Un alto grado di soddisfazione manifestato dai cittadini. La Provincia di Alessandria è 6° nella classifica nazionale di gradimento dei sevizi con il 50% di consensi fra i cittadini rispetto al 52% del luglio 2007.
Lo si rileva dall’ottava indagine pubblicata oggi da “Ekma” che effettua monitoraggi semestrali su tutte le Provincie italiane. La “Ekma” ha effettuato i rilievi attraverso 109.800 interviste telefoniche fra ottobre e dicembre dello scorso anno. La Provincia di Alessandria ha scavalcato ben 11 posizioni rispetto ai rilevamenti del luglio 2007, passando dal 17° al 6° posto nella classifica nazionale.
“Sono dati che parlano da soli perché, sia in generale che nello specifico, denotano un alto gradimento dei servizi offerti dalla Provincia di Alessandria ai suoi cittadini e le percentuali sono nettamente al di sopra delle medie di gradimento regionali e nazionali, afferma il presidente Paolo Filippi. Il sentirsi gratificati da un riscontro positivo dai nostri concittadini per l’impegno della Provincia di Alessandria ci aiuta a proseguire nella nostra azione amministrativa per offrire le soluzioni più adeguate nei vari settori di impegno e di responsabilità”.
Per quanto concerne il livello di soddisfazione per l’operato del presidente della Provincia, l’indagine della “Ekma” fa rilevare un trend di soddisfazione in continua ascesa per Paolo Filippi. Infatti, se a dicembre 2005 era del 46,8%, oggi è del 50,7%, passando attraverso il 47,6% del luglio 2006, al 49,3% del dicembre 2006, al 50% del luglio 2007.
“La percezione dell’attività della Provincia è meno facile di quella di un Comune, sottolinea il presidente Filippi, ma i dati della “Ekma” evidenziano un riscontro più che positivo anche per un ente che è molto attivo e impegnato nel continuo miglioramento della vita dei suoi cittadini”.

In particolare, il livello di soddisfazione dei cittadini nei vari servizi è il seguente fra parentesi il dato della media regionale e della media nazionale:
Ambiente 52,3% (50,2, 40,9)
Rifiuti 61,3% (61,3, 44,1)
Agricoltura 52,6% (50,1, 48,7)
Caccia e pesca 48,7% (53,8, 45,8)
Centri per l’Impiego 48,7% (44,2, 40,1)
Formazione professionale 50,3% (46,9, 40,7)
Servizi alle imprese 40,7% (41,9, 36,4)
Cultura 68,8% (66,5, 61,8)
Turismo 51,7% (58,6, 49,6)
Trasporti 50,3% (50,3, 47,8)
Viabilità 52,8% (46,7, 35,3)
Edilizia 55,6% (43,9, 37,8)
Urbanistica 55,9% (48,5, 37,1)
Protezione civile 69,8% (63,5, 52,6)
Sicurezza 47,6% (50,4, 49,7)

Richard Gere ha detto...

ANTICA GRECIA PARTE I: IL TEMPO DEGLI EROI

Cantami, o diva, del pelide Achille, l’ira funesta, che infiniti addusse, lutti, degli Achei, molte aanzi tempo all’Orco, generose travolse alme d’eroi, e di cani e d’augelli orrido pasto, lor salme abbandonò (così di Giove, l’alto consiglio s’adempia).
Da quasi tre millenni, come un rullo di tamburi, l’incipit dell’Iliade di Omero introduce una delle opere d’arte più durature e influenti della cultura dell’umanità. La trama di questo poema epico è solo apparentemente semplice. La storia abbraccia un periodo molto breve (più o meno due settimane), dell’ultimo anno della celebre guerra di Troia. Greci e Troiani si affrontarono armi in pugno a causa di Elena, la moglie del re di Sparta fuggita per amore con il troiano Paride. Tutto comincia, come spiegano i primi versi, quando entrano in scena il più grande dei guerrieri greci che assediano Troia, Achille, e il potente Agamennone, comandante della spedizione (non sempre all’altezza del suo compito). In un impeto di rabbia, Achille lascia il combattimento, con risultati disastrosi per i suoi compagni.
Poi, quando il suo amato compagno Patroclo viene ucciso dal principe troiano Ettore, Achille, furibondo, rientra nei ranghi assetato di vendetta. E trova la sua rivincita trucidando Ettore. Il poema si conclude con i solenni funerali dell’ardimentoso e sventurato eroe troiano.
Questa è la trama. Ma letta su un piano più alto, l’Iliade affronta dilemmi di fondo dell’umanità che sfuggono al tempo: i limiti dell’uomo, i rapporti dell’individuo con i suoi dei e con la comunità a cui appartiene, l’onore, la guerra, la morte. Qualche anno fa guardavo in televisione i reportage dalla Somalia e vidi una scena terribile: un ranger americano ucciso e trascinato come un trofeo per le strade di Mogadiscio. Riflettevo: il mondo non è poi cambiato un granchè. Chi ha letto l’Iliade non può dimenticare il povero corpo di Ettore legato al carro di Achille trionfante, e trascinato nella polvere: “i capelli neri si scompigliarono; tutta giaceva in mezzo alla polvere la testa”.
Ai Greci dell’età classica, l’Iliade offriva (e offre a noi ancora oggi) ampie informazioni sul pantheon degli dei dell’Olimpo. E’ il poema europeo più antico che conosciamo ed è perciò stato preso a modello da molti poeti di epoche successive: Virgilio, Dante, Milton e, in anni più vicini, Derek Walcot, il poeta delle Indie Occidentali vincitore del premio Nobel nel ’92.
Echi dei versi omerici tornano in molte manifestazioni della cultura popolare. Il mare colore del vino, una raccolta di racconti di Leonardo Sciascia, riprende nel titolo un verso dell’Iliade, lo stesso utilizzato per un suo romanzo dalla scrittore Patrich O’Brian. Anche ora che siamo sul punto di varcare le soglie del Terzo Millennio, l’Iliade, con il ritmo serrato dell’azione e per la vivacità dei suoi personaggi, rimane una delle espressioni fondamentali dell’esperienza umana.
Avevo 14 anni la prima volta che ho letto il poema di Omero, e da allora ai miei occhi il suo fascino è rimasto intatto. Naturalmente, con gli anni, è cambiato il mio modo di interpretarlo. Un tempo erano l’eleganza e l’eroismo dei protagonisti a colpire la mia fantasia. Oggi lo leggo piuttosto come la tragedia di una gioventù perduta. Dovessi riscriverlo, l’ambienterei in una grande metropoli: Greci e Troiani potrebbero essere due bande rivali che obbediscono a un codice d’onore tutto loro, nella disperata ricerca di una gloria che invece porta nelle loro città, e tra i giovani, solo morte e distruzione. Agli antichi Greci, l’Iliade raccontava il loro passato. La guerra di Troia era considerata un evento storico. Alcuni pensavano di essere diretti discendenti degli eroi omerici. Alessandro Magno, per esempio (che dormiva con una copia dell’Iliade accanto al letto) affermava di avere un legame genealogico, per parte di madre, con il grande Achille. La realtà è molto più complicata. L’Iliade non è “storia” nel senso stretto del termine. E non offre nemmeno un’immagine realistica della vita in Grecia nella tarda Età del bronzo, fra il 1600 e il 1100 a.C. circa.
Infatti non fu composta in quel periodo, noto agli storici come Età micenea. E’ invece il risultato finale di una tradizione orale sopravissuta per 500 anni. Fra il XIII secolo a.C., in cui si può situare il momento più alto della civiltà micenea, e l’epoca di Omero, cioè l’VIII secolo a.C., vi sono cinque secoli durante i quali generazioni di poeti professionisti, di cui non sappiamo nulla, affidarono, una alla memoria dell’altro, u poema epico in continua trasformazione. Ognuno aggiungeva qualcosa e lasciava un segno della propria creatività. Anche il palato degli ascoltatori dev’essere stato abbastanza sofisticato, all’altezza delle doti narrative degli aedi. I Greci attribuirono questo capolavoro a un poeta che chiamavano thei os Homeros, “il divino omero”, un artista di cui noi, come loro, non sappiamo nulla, se non il suo presunto nome.
La maggior parte degli archeologi e degli studiosi della Grecia preistorica sono interessati alla tarda Età del bronzo, non certo all’Iliade. “Omero? Non me ne importa niente”, mi dice, un po’ seccata, un’archeologa. Non ne può più perché tutti sono convinti che lei stia cercando nuove vestigia della guerra di Troia, Eppure, anche grazie a nuovi e più sofisticati strumenti di ricerca, gli studi più recenti continuano a fornire elementi indiscutibilmente omerici, a testimoniare che l’Iliade, pur non essendo un’opera dell’Età del bronzo, ne abbia conservato schegge di storia. Neanche io sono alla ricerca dei resti della guerra di Troia, ma sono interessatissimo, invece, a quei frammenti di storia che fanno dell’Iliade un tessuto narrativo così ricco. Il territorio intorno a Troia, nella Turchia nordoccidentale; le colossali mura di Micene e i suoi favolosi tesori; le navi, le armi, reperti del periodo miceneo, la lingua parlata dai Greci nell’Età del bronzo: ecco quello che cerco.
Alla fin fine, l’Iliade non è altro che la storia di due città. Troia, la “ventosa Ilio”, ricco centro asiatico che dominava lo stretto dei Dardanelli, e la “Micene dorata”, che guidò le forze greche attraverso il Mare Egeo, fino alle porte di Troia.
Per secoli si è pensato che la leggendaria ricchezza di queste città fosse un parto della fantasia dei poeti. Fino a quando, fra il 1870 e il 1890, Heinrich Schliemann, un uomo d’affari tedesco ambizioso e senza scrupoli, seguendo le indicazioni di un archeologo dilettante del posto (con cui Schliemann non pensò nemmeno per un attimo di dividere la gloria), prima portò alla luce le rovine di Troia, la città perduta, e quindi trovò l’oro di Micene. Le descrizioni di Micene contenute nell’Iliade evocano sempre la sua grande potenza. Ora che sono qui, alla basa dell’acropoli rocciosa su cui sorge “la rocca ben costruita” di Omero, rivolgendo lo sguardo verso l’alto, mi rendo conto che quelle descrizioni ancora oggi corrispondono alla realtà. Anche le sue rovine incutono timore e rispetto. La grande fortezza conserva infatti la sua imperiosità e continua a dominare la piana di Argo cinta dai monti, che nella torrida foschia è una macchia violacea indistinta, accecante come oro. Mi avvio verso la rampa di accesso e mi fermo davanti alla famosa Porta dei Loni, un colossale architrave di pietra che poggia su pilastri, sormontato da due leoni araldici corrosi dalle intemperie.
Più tardi, quando anche l’ultimo pullman di turisti se n’è andato, rimango lì da solo, ascoltando il sospiro del vento sulle massicce mura.
Era così anche tremila anni fa. Sopra di me, le montagne brulle sembrano proteggere la città estinta, come sentinelle. Da qui avrebbero visto avvicinarsi eventuali nemici a chilometri di distanza.
L’Iliade è un poema epico e quindi è interessato ai destini di re e guerrieri piuttosto che al fato dell’uomo comune. Anche gli archeologi, pur avendo trovato a Micene i resti di case in legno e fango (le case della povera gente), si sono dedicati molto di più alle dimore dei ricchi e dei potenti, per ovvie ragioni: sono molto più facili da localizzare e da scavare. Le mura di Micene racchiudevano un complesso palaziale di carattere amministrativo: abitazioni, santuari, magazzini e cortili reali con affreschi multicolori e pietra scolpita.
Nell’Iliade, il re di Micene, Agamennone, è anche il comandante supremo delle forze greche. Non certo perché possegga chissà quali doti militari, ma solo perché ha ereditato dal padre Atreo la ricchezza e la potenza di Micene. La città dominava l’Argolide, importante e ricca regione del Peloponneso nordorientale che a sua volta controllava buona parte del commercio nell’Egeo. Schliemann e altri archeologi, nel corso degli anni, hanno localizzato almeno una dozzina di centri micenei importanti, oltre alla stessa Micene, anche fuori dall’Argolide, e centinaia di insediamenti e tombe, tutti dello stesso periodo: Midea, Trinto “dalle grandi mura”, Pilo “la città sacra”, “L’arida” Argo Orcomeno “ricca di pecore”. Molti di questi nomi si incontrano nei versi dell’Iliade.
Forse nessuna opera può competere con l’Iliade nella descrizione della guerra. Con grande abilità, il poeta esalta da un lato le audaci imprese dei giovani eroi affamati di gloria e dall’altro descrive con crudezza le loro morti cruente.
Questi infatti gli tenne testa, balzando dal carro, ma mentre dritto si scaglia (Agamennone), in fronte con l’asta puntata lo colpì; e l’elmo, c’era di bronzo pesante, non trattenne la lancia che per esso passò, e per l’osso; il cervello schizzò tutto da dentro.
Così cadde (Infidamente) e ivi dormì un sonno di bronzo misero, per difender la rocca, lontano dalla sposa legittima.
Tra gli oggetti esposti al Museo archeologo nazionale di Atene, trovati da Schliemann nelle tombe di Micene, c’è un piccolo anello d’oro che risale al XVI secolo a.C. Su di esso è incisa, in miniatura, una scena di battaglia. Un uomo si ripara dietro uno scudo che gli copre tutto il corpo, proprio il genere di scudi descritti da Omero quando racconta dell’eroe greco Aiace Telamonio che ne tiene uno simile davanti a sé, “come una torre”. Da immagini di età più tarda, sappiamo che questo tipo di strumento di difesa cadde in disuso alcuni secoli dopo, nel XIII secolo a.C..
E’ probabile, dunque, che lo scudo di Aiace “simile a una torre” sia un elemento proveniente dalla prima Età micenea, tramandato poi nei secoli dalla memoria dei cantori e conservato nell’Iliade. Allo stesso modo, in una cupa scena dell’Iliade, si descrive con ricchezza di particolari un elmo indossato da Odisseo per un’imboscata notturna: un casco di cuoio che “denti bianchi, di ferro, candida zanna, fitti lo coprivano di qua e di là, bene e con arte”. Gli archeologi hanno individuato reperti di caschi con zanne di cinghiale in varie tombe micenee, e guerrieri con questo tipo di elmo compaiono anche in sculture d’avorio e in affreschi. Ma anche altre attrezzature belliche tornano nei versi dell’Iliade: gambali di bronzo e spade con l’impugnatura d’argento. Per queste ultime, Omero usa l’espressione “spada borchiata d’argento” (phasganon argyroelon), locazione genuinamente micenea.
Nel piccolo museo di Lamia, in ginocchio davanti a una teca, osservo un reperto di grande valore. E’ un frammento di ceramica largo alcuni centimetri sul quale è raffigurata un’immagine (poco più di uno schizzo) semplice ma evocativa: due figurine stilizzate a bordo di una nave, impegnate in un combattimento. Il reperto, piuttosto recente, proviene da Pygros Livanation, sulla costa orientale della Grecia continentale, dove si scava dall’85, ed è una delle numerose rappresentazioni di imbarcazioni micenee.
“Prima del ritrovamento di questi frammenti tardo micenei, si pensava che Omero descrivesse navi della sua epoca, dell’VIII secola a.C.”, mi spiega Fanouria Dakoronia, direttore degli scavi di Pygros Livanation.
“Ora invece, sappiamo che raccontava di navi dell’Età del bronzo”:
Linee d’acqua veloci e la presenza di molti remi (e quindi di rematori) fanno pensare a navi da guerra agili e scattanti, non alle imbarcazioni di maggiore dislocamento e pescaggio usate dai mercanti. L’altezza sull’acqua della prua e della poppa danno al disegno della nave la sagoma di una mezzaluna. Nell’Iliade, l’aggettivo più frequente che accompagna questi vascelli è “koronis”, cioè “ricurvo”.
I Micenei discendevano da genti di lingua greca che apparvero nella Grecia continentale intorno al 1900 a.C.
All’inizio erano organizzati in piccoli domini guidati da un capo. Col tempo, nacquero società più strutturate, la cui vita ruotava attorno a un palazzo. I fastosi corredi funerari d’oro scoperti da Schliemann dimostrano che già nel XVI secolo, la classe dirigente micenea disponeva di grandi ricchezze. Da Micene era possibile tenere d’occhio sia il mare sia l’entroterra: una posizione strategica per controllare ogni attività commerciale in questa regione.
“Bisogna tenere a mente che i Micenei, prima di tutto, erano Greci”, mi dice Spiros Iakovidis, responsabile degli scavi a Micene, un’autorità mondiale sulla cultura micenea. E aggiunge: “I Greci e la marineria sono sempre andati d’accordo”.
Sui mercati stranieri (dal Mediterraneo occidentale all’Egitto) le merci micenee erano molto richieste. Soprattutto la ceramica, dipinta con lucenti immagini rosse e nere. L’intera Argolide era percorsa da una fitta rete di strade e ponti, accuratamente progettati per consentire il passaggio dei carri che collegavano il palazzo ad altri centri importanti, anch’essi fortificati con mura monumentali per scongiurare gli assalti.
L’Iliade è un racconto sulla guerra in tutti i suoi aspetti più devastanti. Ciononostante, Omero non trascura di evocare quiete immagini di vita pastorale, come per sottolineare quel che i giovani guerrieri si sono lasciati alla spalle. Il clangore dell’esercito greco che avanza è paragonato al rumore di “innumerevoli schiere di uccelli alati, d’oche o di gru o di cigni lungo collo, nei prati d’Asia”, e le schiere degli uomini a “nugoli fitti di mosche, che volano intorno per una stalla di pecore, a primavera”.
In realtà l’Iliade ci dice molto poco sulla società micenea in tempo di pace o sullo stile di governo dei re nelle diverse città. Sono informazioni, queste, che abbiamo solo grazie ai ritrovamenti archeologici. “Se vuole comprendere bene la cultura micenea in tutte le sue sfaccettature, vada a Micene e a Plio”, mi consiglia Cynthia Shelmerdine, una studiosa dell’Età del bronzo all’Università del Texas.
Micene è irta di fortificazioni, Pilo, al contrario, è aperta, priva di mura, situata su uno sperone di roccia che guarda la pianura e, in lontananza, il Mar Ionio. Costruito con l’arenaria, il palazzo centrale ha colori delicati ed è un luogo tranquillo che annuncia tutti i confort della civiltà: per esempio una bella vasca da bagno in terracotta decorata con motivi multicolori e, nell’atrio, comodi sedili, davanti a una credenza che è stata trovata ancora piena di coppe d’argilla dal lungo stelo.
Proprio qui, nel ’39, l’archeologo americano Carl Blegen fece una delle scoperte più importanti di tutta l’archeologia dell’Età del bronzo: la prima di una serie di tavolette, circa 1200, coperte da una misteriosa scrittura battezzata “Lineare B”. Cotte dal fuoco, le tavolette si sono salvate casualmente da un incendio che distrusse il palazzo intorno al 1200 a.C. Per anni nessuno è riuscito a decifrare il Lineare B. Poi, nel ’52, Michael Ventris, un giovane e brillante architetto britannico, annunciò in un intervista radiofonica alla Bbc di aver svelato il segreto: quella lingua era greco: certo, un greco un po’ goffo e antiquato, ma certamente greco. Prima di allora, nessuno sapeva quale fosse la lingua dei Micenei.
Le tavolette contenevano solo inventari di merci: elenchi di partite di olive, vino, ruote di carro, pentole, pecore, cavalli ,buoi, grano, orzo, spezie, lotti di terra coltivata e schedari fiscali.
“Da questi elenchi possiamo ricavare molte e importanti informazioni”, è il commento di John Chadwick dell’Università di Cambridge. Con Chadwick, eminente studioso della civiltà micenea, sono riuscito a parlare poco prima della sua morte, avvenuta nell’autunno del ’98.
“Le tavolette rappresentano una sorta di fotografia della situazione degli affari di palazzo dell’ultimo anno, o forse addirittura degli ultimi mesi”, mi ha spiegato Chadwiick.
Tavolette recuperate in altri siti confermano che questi elenchi in Lineare B erano caratteristici dei complicati sistemi che regolavano il commercio, l’industria e i regimi fiscali nelle economie di palazzo. Ognuna delle regioni sottomesse a Pilo pagava al palazzo tributi in natura: pelli di bue, suini, tessuti di lana e lino. Elenchi di operai addetti alla lavorazione del bronzo e tinozze di olio aromatico confermano l’esistenza di industrie del bronzo e dei profumi.
Gli scavi di Pilo hanno gettato un po’ di luce anche sulle usanze religiose della vita di ogni giorno. Sempre sulle stesse tavolette in Lineare B si trovano incisi i nomi di divinità spesso citate nell’Iliade: Zeus, Era, Atena, Poseidone, Ermes, forse anche Apollo, indicato con l’epiteto omerico Peone, e anche divinità che ci sono sconosciute. Mentre invece ne mancano altre che potremmo aspettarci di trovare come la dea dell’amore e del piacere, “Afrodite, dea del sorriso”.
Sacrifici di animali e offerte agli dei di preziosi liquidi (vino, olio), le cosiddette libagioni, sono le manifestazioni di culto che troviamo nell’Iliade. Un mondo diretto e sbrigativo di convincere le potenze celesti a esaudire le preghiere degli uomini. Le tavolette di Pilo narrano di buoi, capre, pecore, maiali, frumento, vini e oli profumati offerti in dono.
Non sappiamo cosa i Micenei pensassero dell’aldilà. Gli scavi hanno portato alla luce un centinaio di tholoi, sepolcri circolari a cupola, e moltissime camere tombali scavate nel fianco delle colline, sepolture più modeste per i meno abbienti. Spesso i componenti di una famiglia condividevano la stessa tomba e i resti di chi era morto prima venivano spostati per far posto ai nuovi defunti. Nel sepolcro venivano deposti oggetti personali del morto (giocattoli, bottigliette per allattare i bambini, pettini, gioielli, armi, ferri del mestiere).
Nell’Iliade si mette in evidenza che la guerra non uccide soltanto i singoli individui, ma mette a repentaglio il destino di intere città e anche la vita di chi non è direttamente impegnato in combattimento.
Sempre nelle tavolette di Pilo, assieme a quelli di altri beni, vi sono elenchi di schiave, classificate in regione delle loro mansioni (macinatrici di grano, filatrici, addette ai bagni) o a seconda delle regioni in cui erano state catturate (“donne di Cnido”, “donne di Mileto”, “donne dell’Asia”). Questi inventari fanno tornare alla mente una famosa scena dell’Iliade in cui Ettore si rivolge alla moglie Andromaca, che teme per la sua vita, per spiegarle che non è tanto il suo destino a impensierirlo, quanto, per te, qualche acheo chitone di bronzo trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti; allora, vivendo in Argo, dovrai per altra tessere tela.
Pur essendo un poema greco, bisogna riconoscere che l’Iliade non nasconde la sua simpatia per Ettore e Andromaca, e per tutti i Troiani che pure sono nemici. Sono pochi i romanzi d’azione e d’avventura (in fondo l’Iliade è proprio questo) in cui la linea di demarcazione tra buoni e cattivi, gli eroi e i nemici, è così labile. Il fatto è che l’Iliade si occupa di valori assoluti come la pietà dinanzi la morte, il terrore del destino mortale.
E quindi presenta sia Achille sia Ettore in una luce positiva; sono entrambi uomini che hanno mille buone ragioni per vivere. Ma il poema li fa muovere inesorabilmente verso lo scontro che li porterà alla morte. Non è possibile leggere l’Iliade senza provare un sentimento di compassione nei confronti dei Troiani.
Oggi, le vestigia delle mura di Troia sono ancora lì dove Omero collocò la città, vicino ai Dardanelli, in posizione dominante su una pianura attraversata da due fiumi fiancheggiati dai salici, che nell’Iliade sono chiamati Simoenta e Scafandro. Seguo lentamente la dolce curva delle mura alte e ripide di Troia VI, uno dei due strati di scavo che coincidono con il livello “omerico” del XIII secolo a.C. Il tramonto incendia i Dardanelli (“l’Ellesponto pescoso”, come lo chiamava Omero) e indora le mura della città.
Giudicato con criteri moderni, l’intervento di Schliemannn fu frettoloso, approssimativo e brutale. Schliemann scavò profondi fossati nella roccia viva, dove egli era sicurissimo di trovare la Ilio omerica, e così distrusse interi strati di storia intermedia. Oggi una squadra internazionale di archeologi, sotto la direzione di Manfred Korfmann dell’Università di Tubinga, in Germania, in collaborazione con l’Università di Cincinnati (Ohio), sta ricavando l’intero sito. L’area della loro ricerca non è solo Hissarlik, la collina su cui sorgono le rovine di Troia, ma anche la zona costiera e la pianura circostante, dove, secondo l’Iliade, i Greci tirarono a riva le loro navi, e dove furono combattute le battaglie. I numerosi livelli di Troia, nove in tutto, coprono un periodo che va dal 3000 a.C. all’inizio del VI secolo d.C., con la città romana di Nuova Ilio.
Secondo una tradizione greca, i Troiani erano i discendenti di Teucro, un eroe cortese che, in cerca di un luogo dove stabilirsi, lo trovò appunto lì dove poi sorse Troia. Gli storici sostengono invece che i Troiani erano forse Luvi: un ‘etnia dell’Anatolia sottomessa dagli Ittiti.
Le ossa animali ritrovate dimostrano che essi allevavano pecore, maiali, bovini e cavalli; alcuni semi, carbonizzati, indicano che nelle valli paludose veniva coltivato l’orzo. In città era attiva una fiorente industria laniera e intensi erano gli scambi commerciali con l’Asia centrale; i Troiani importavano stagno dall’Afganistan e cavalle dalle steppe al di là del Mar Nero. Può darsi che Troia sia entrata in guerra con Micene, ma è certo che tra le due città vi furono contatti commerciali.
La ceramica micenea, a Troia, è datata a partire dal 1500 a.C.
In passato, molti visitatori di Troia sono rimasti sorpresi nel trovarla così piccola. Korfmann mi accompagna ben oltre la cittadella da Schliemann per mostrarmi una serie di fossati che mettono in evidenza una delle scoperte più entusiasmanti della sua missione: le difese esterne di un’altra città, più in basso di 400 metri rispetto alla cittadella. Qui, l’equipe di Korfmann ha individuato i resti di un fossato, largo circa tre metri e mezzo e profondo due e mezzo, che circonda l’intera area. Dunque, l’estensione di Troia VI, aumentata così di 20 ettari, rivela una città grande dieci volte di più della cittadella scoperta da Schliemann, in grado di ospitare una popolazione di almeno 6000 abitanti.
“I documenti ittiti parlano di Taurisia”, mi spiega Korfmann.
E secondo gli studiosi si tratta proprio di Troia. “Tara era forse il termine luviano per dire “fatta di legno”, e il nome della città potrebbe riferirsi alle case, in legno appunto, nella parte più bassa dell’insediamento, che doveva essere ben visibile”.
Eppure l’Iliade, descrivendo Troia, parla solo di ”mura ben costruite” fatte di pietra, come quelle trovate da Schliemann. Proprio queste mura, e i danni che hanno subito, offrono agli archeologi gli indizi più affidabili per capire qual è stato il destino della città. Alcune crepe e tracce di incendi fanno pensare che intorno al 1250 a.C. un terremoto distrusse Troia VI.
Subito dopo, gli abitanti sfuggiti al disastro tornarono per ricostruire la città, e diedero vita a un secondo insediamento: Troia VII-A. I resti delle case, piccole e strette, fanno pensare che entro le mura si fosse stabilita una popolazione ancora più numerosa, e alcuni studiosi hanno interpretato la presenza di giare e vasi sepolti sottoterra come il segno che la città si era preparata a un assedio. Le mura danneggiate dal fuoco indicano che questo nuovo insediamento fu distrutto da un grande incendio circa 70 anni più tardi. Era questa la Troia, già ferita dal terremoto, che i Greci misero a sacco? O forse i Greci attaccarono (ma non distrussero) Troia VI approfittando di un disastro naturale che l’aveva indebolita? E se invece la caduta di Troia non avesse nulla a che fare con la leggenda omerica?
Korfmann espone una teoria affascinante. L’Iliade definisce Troia “ventosa”, e fin dall’antichità, nei Dardanelli i venti dominanti vengono da Nord Est, penetrando fin nel cuore della città. Nell’Età del bronzo, le navi non avevano chiglie profonde e perciò non riuscivano facilmente a navigare controvento. Le imbarcazioni dei mercanti diretti a Nord, all’interno dello stretto, dovevano fermarsi a Troia a aspettare venti più favorevoli per proseguire. Qui erano facili prede degli esattori tributari di Troia.
“Le fonti più tarde ci dicono che gli abitanti della regione esigevano un pedaggio dalle navi in transito”, dice Korfmann. In una vicina insenatura sabbiosa, chiamata baia di Besik, la squadra ha scoperto sepolture in cui si indovinano influenze culturali diverse. Su questo crocevia commerciale tra Oriente e Occidente, Europa e Asia, Troia trovò forse la sua ricchezza riscuotendo tributi e pedaggi, diventando così una spina nel fianco per popolazioni di audaci mercanti come i Micenei.
Abbiano o no avuto un ruolo nella distruzione di Troia, i Micenei non sopravvissero a lungo alla caduta della città. Le cause del collasso della civiltà micenea (proprio nel punto più alto del suo sviluppo) rimangono uno dei misteri più fitti dell’Età del bronzo. Pilo, Micene, Tirinto, Midea: quasi tutti i grandi palazzi micenei caddero contemporaneamente intorno a 1200 a.C. Qualche studioso ha cercato le cause del crollo nei disastri naturali, ipotizzando terremoti, come quello che distrusse Troia VI, o un brusco cambiamento di clima. Altre teorie sostengono invece che l’economia micenea, fortemente centralizzata e burocratizzata, raggiunse dimensioni ipertrofiche e rimase schiacciata sotto il proprio stesso peso.
La caduta dei palazzi micenei si verificò più o meno nel medesimo periodo in cui molte altre città, in tutto l’Egeo e nel Mediterraneo orientale, subirono la stessa sorte. Non esistono testimonianze archeologiche di un’invasione dall’esterno. Ma può anche darsi che una improvvisa evoluzione delle tecniche di combattimento abbia consentito a incursori barbari di avere la meglio. E’ comunque opinione prevalente tra gli studiosi che il declino sia stato graduale, con un lento esodo della popolazione.
Il professor Iakovidis mi spiega che la fonte del grande benessere della città era il commercio. E il commercio fu, secondo la sua opinione, anche la causa del declino. Con la caduta dell’impero ittita, e quando le grandi città dell’Oriente vennero saccheggiate, si dissolse anche quell’intricata ragnatela di scmbi su cui si reggeva l’economia dell’Egeo. Privati di questi flussi finanziari, per i palazzi micenei fu impossibile tenere in vita quelle attività commerciali in cui eccellevano. E vennero meno anche le ragioni per tenere in piedi la burocrazia. Il collasso della civiltà micenea segnò l’inizio di un periodo, durato molti secoli, noto come l’epoca buia della Grecia in cui la concentrazione demografica si aggiunsero miseria e declino culturale. Le raffinate arti di palazzo andarono perdute: l’architettura monumentale, la pittura, la lavorazione del metallo e così l’alfabetizzazione. Eppure, proprio questo periodo di apparente vuoto culturale ci ha trasmesso l’Iliade e l’Odissea. E anche se nell’Iliade sono evidenti le radici culturali micenee, furono gli sconosciuti poeti dell’epoca oscura, lontani secoli e secoli dagli eventi che narravano, a dar voce all’epopea. Non è difficile immaginare, nell’XI secolo a.C., i viandanti provenienti dalle città micenee cadute che portavano con sé, ovunque andassero, le storie della loro tradizione. Con il susseguirsi delle generazioni, è possibile che gli aedi abbiano trasformato una scaramuccia di poco conto in Anatolia in un epico scontro tre l’asiatica Troia e un esercito greco.
La fine dell’VIII secolo a.C. vide uno scenario umano completamente rinnovato. Ovunque la popolazione era aumentata. Isolati insediamenti avevano dato vita a piccole “città stato”. Forse il personaggio di Achille, un eroe dalla mentalità aperta e indipendente, e l’attenzione dell’Iliade per i diversi tipi di leadreship, riflettono mutamenti politici e sociali.
Il commercio era tornato florido e le terre al di là del mare erano state colonizzate. Soprattutto, la nuova era regalò al mondo i poemi epici attribuiti a Omero.
Sulla sponda opposta dei Dardanelli, rispetto a Troia, c’è Gallipoli, il campo di battaglia su cui decine di migliaia di giovani trovarono la morte nella Prima guerra mondiale. Dal monumento ai caduti sul promontorio di Gallipoli si può scorgere la piana di Troia. I cimiteri di guerra, nell’interno, ospitano file e file di tombe. Leggendo gli epitaffi sulle lapidi mi trovo a pensare di nuovo che il mondo non è affatto cambiato. Nell’Iliade gli eroi esprimono in più occasioni la sete di gloria, la speranza che il loro nome venga ricordato dalle generazioni future.
Ebbene, non senza lotta, non senza gloria morrò ma compiuto gran fatto, che anche i futuri lo sappiano.
Così proclamava Ettore, preparandosi allo scontro finale con Achille.
“Il loro nome vivrà per sempre”, recitano le lapidi di Gallipoli. “La loro gloria non sarà cancellata”.

Richard Gere ha detto...

ANTICA GRECIA PARTE II: SOGNI DI GLORIA

Uno scenario indimenticabile. E pauroso. Raggiungiamo la vetta del monte Liceo, in Arcadia, percorrendo una strada sterrata, un tornante dopo l’altro a picco su ripide pareti rocciose. In cima al monte, il vento schiaffeggia i fiori e le piccole farfalle, portando con sé il profumo del timo selvatico. Tutto intorno, in ogni direzione, si apre un grandioso panorama di montagne verde cupo, contornate a loro volta da altre montagne: mi sento un po’ a disagio, cos’ vicino a un cielo forse non del tutto amichevole.
Più in basso, sul pendio erboso, c’era l’area dedicata a Zeus, un luogo sacro al quale si accedeva per compiere i sacrifici umani. Qui si andava incontro al dolore della morte. Nell’antichità i devoti di Zeus pensavano che, in questo luogo, uomini e animali non proiettassero più alcuna ombra. Le fonti ci confermano che i fedeli salivano quassù in processione nella notte per rinnovare il rito dei sacrifici umani al loro dio. Durante il banchetto cerimoniale, chi avesse accidentalmente mangiato carne umana, mescolata alla carne degli animali sacrificati, si sarebbe trasformato in un licantropo, forse a causa della sua indole crudele e disumana.
L’etimo del nome “Liceo” è nella parola lykos, che in greco significa lupo.
Non era certo il popolo barbaro di una terra sconosciuta quello che celebrava questi oscuri riti, bensì i Greci, nel cuore stesso dell’Ellade e al culmine della loro civiltà. Erano rispettabili cittadini greci che adoravano Zeus, il re degli dei. E in fin dei conti, queste cerimonie non erano poi così stravaganti se paragonate alle innumerevoli altre feste tradizionali di questi tempi: le Tesmoforie ateniesi, per esempio, durante le quali le donne portavano in giro le carcasse putrefatte di maialini che, mesi prima, avevano gettato in un pozzo; o i riti dedicati alla dea Artemide a Braurone, durante i quali le bambine si mascheravano da orsi.
Come ogni periodo della storia, L’Età classica della Grecia (dal 500 a.C. circa, fino alla morte di Alessandro Magno nel 323 a.C.) fu complessa e contraddittoria, un cocktail di superstizione e razionalità, di idee rivoluzionarie e tradizioni secolari tramandate dalle età precedenti. La Grecia classica è considerata, a ragione, una delle vette più alte della civiltà umana. Buona parte dell’Occidente affonda qui le sue radici culturali, e quindi si tende a valutare con qualche indulgenza il vero contesto storico in cui questa nostra eredità ha avuto origine. Siamo portati a concentrarci su ciò che conosciamo, e a trascurare, invece, tutti quegli elementi che ci possono colpire per la loro bizzarria, o che ci sembrano ripugnanti.
Prendiamo i grandi capolavori dell’antica Grecia. Fanno parte del nostro patrimonio culturale, ma è poco probabile che un occidentale sia in grado oggi di immedesimarsi nel contesto in cui sono nati. Come possiamo, all’alba del XXI secolo, capire gli incantesimi della maga Medea? O trovare un significato soprannaturale nell’abitudine degli antichi di far colare sangue degli animali sacrificati agli dei? O, ancora, l’uso di oggetti per lanciare maledizioni o per evocare dall’oltretomba fantasmi da mobilitare contro i propri nemici. Eppure sono state proprio queste superstizioni, insieme con il famoso spirito democratico e con i canoni classici della bellezza, a nutrire lo spirito dell’antica Grecia. Per gli studiosi, questa è un’osservazione scontata. Ma per un profano, contraddizioni così acute possono essere sconcertanti. Proprio per questo ho deciso, nel mio viaggio in Grecia, di esplorare, nel limite del possibile, tutti gli aspetti e le fasi della cultura greca. Renderò omaggio al Partendone, naturalmente, ma voglio anche esaminare le “bambole vudù” del museo del Ceramico di Atene.
Nell’isola di Eubea, a Nord di Atene, c’è un insolito sito archeologico che dimostra come l’età dell’oro non sia spuntata dal nulla, ma sia stata invece preceduta da un lavorio di secoli, dalla fine dell’Età micenea del bronzo intorno al 1100 a.C., fino all’epoca classica. Su una collinetta di fronte al mare, vicino alla città di Lefkandi, durante i lavori per la costruzione di una casa venne alla luce un sepolcro del X secolo a.C., i resti di una elaborata cremazione e di una sepoltura stranamente simile a quelle riservate agli eroi descritte da Omero nell’Iliade. Le ossa del defunto erano state accuratamente avvolte in una stoffa e collocate in un’urna di bronzo appartenente alla sua famiglia.
Durante gli scavi furono inoltre trovati i resti di un imponente edificio, lungo circa 50 metri, che un tempo aveva coperto la tomba.
I reperti di Lefkandi risalgono al periodo conosciuto come l’Età oscura della Grecia (circa tre secoli e mezzo a partire dal crollo della civiltà micenea). Proprio in quel periodo gli aedi e i cantastorie trasmisero ai posteri i capolavori omerici dell’Iliade e dell’Odissea, in tutta la Grecia si produceva una caratteristica ceramica decorata con motivi geometrici, venivano costruiti importanti edifici (come dimostra il sito di Lefkandi), e a volte si seppellivano i morti alla maniera degli eroi omerici. Come quell’urna di bronzo di Lefkandi, accuratamente conservata (e di due secoli più vecchia delle ossa che conteneva), anche la cultura e le idde passavano di generazione in generazione.
Intorno alla metà dell’VIII secolo a.C. si verificò un’autentica esplosione di attività, in gran parte favorita da una nuova situazione politica e sociale.
Invece di isolarsi in remoti insediamenti rurali o di vivere all’ombra delle grandi corti, le popolazioni cominciarono a riunirsi in centri urbani, ognuno con un proprio sistema di governo e, cosa ancor più importante, una propria identità. Ogni piccola città stato (polis), con il suo territorio, aveva una propria costituzione. La polis più conosciuta è senz’altro Atene, ma in tutto il mondo greco, chiunque doveva lealtà alla sua polis, sia che essa sorgesse su un’isolata montagna, o su un’isola o in una valle. In pace e in guerra, le città-stato erano rivali. Un atleta che si recava a Olimpia per partecipare ai giochi, andava a rappresentare la propria polis. I cittadini partecipavano attivamente alla gestione degli affari politici e proprio questo fu uno degli elementi di forza più importanti dell’Ellade.
Una ripresa degli scambi commerciali nell’area mediterranea offrì nuove opportunità ali uomini comuni, dotati di capacità imprenditoriali, e agli aristocratici, contribuendo alla formazione di una nuova classe media. Dalla madrepatria, gli emigranti partivano in cerca di nuove terre o di materie prime, dando vita a colonie greche all’estero.
Samo è un’isola montuosa e coperta da boschi. Nell’entroterra, non lontano dalla strada costiera, c’è “il Paradiso”, come lo chiamano qui, un’area bellissima e misteriosa, ammantata di foreste. Il canto stridulo e ossessivo delle cicale si diffonde nell’aria come una continua scossa elettrica. Ho l’impressione di addentrarmi in un’area ad alta tensione. Quest’isola, così lontana nell’Egeo orientale (la costa turca dista solo un’ora o due di viaggio), è la testimonianza che il miracolo greco non fu solo una caratteristica del periodo classico e non fu limitato ad Atene.
L’epoca pre-classica meglio nota come Età arcaica, va dalla fine dell’Età oscura, intorno al 750 a.C., al 500 a.C. circa. E’ un periodo che molti trovano altrettanto ricco e significativo della più famosa Età classica. Alla fine dell’Età arcaica Samo era al culmine della sua ricchezza e della capacità innovativa, grazie a una potente marina e alla guida del suo abile tiranno Policrate.
“Mi sono diffuso più a lungo a parlare dei Sami perché presso di loro sono state realizzate le tre opere più importanti che ci siano fra i Greci tutti”, dice Erodono nelle Storie, scritte poco dopo la metà del V secolo a.C. Una di queste opere, una galleria per trasportare acqua, lunga mille metri e scavata in una montagna, è uno dei più notevoli capolavori dell’antica ingegneria. La galleria corre dentro la pietra umida su due livelli e oggi è illuminata dalla luce elettrica per permettere ai turisti di visitarla. Costruita sotto la direzione di Eupalino di Megera, è il tipo d’opera che si potrebbe associare alla sofisticata tecnica degli antichi Romani, non certo dei Greci dell’epoca pre-classica.
In realtà, se sono qui a Samo, non è per vedere un capolavoro di ingegneria, bensì una statua. Eccomi qui, nel museo archeologico dell’isola; rimango a bocca aperta davanti al padre di tutti i kouroi: un gigante di quasi cinque metri scolpito in un marmo con venature nerastre. (“Non perderti assolutamente le sue natiche” mi ha raccomandato con aria sognante un’archeologa). Nel tempo, sono venute alla luce centinaia di statue di kouros e di korai in pietra (kouros e kore sono i termini greci antichi, maschile e femminile, per indicare una persona giovane). Molto più di rado, in bronzo. Queste statue sono diventate il simbolo dell’Età arcaica.
Con la loro postura rigida e il loro portamento ricordano l’iconografia egizia. Ma ciò che le distingue è un’armoniosa bellezza e un sorriso insondabile, un po’ come quello della Gioconda. Sono fresche, vivaci, ottimiste, un distillato di giovinezza, o forse la rappresentazione dei tempi, così pieni di energia, per i quali furono create.
“Tradiscono un’influenza egiziana”, ci istruisce Martin Kreeb, un esperto dell’Istituto archeologico tedesco di Atene. “L’epoca precedente non conosceva la scultura monumentale ma solo i piccoli bronzi. Il kouros compare all’improvviso, già completamente formato”. L’ignoto scultore di Samo si è sentito libero di osare, e ha prodotto un colosso. Una simile libertà di sperimentazione è caratteristica di quel tempo, come se il nuovo clima politico, e una nuova libertà di espressione individuale, avessero contagiato anche l’arte e la letteratura. E’ proprio in questo periodo infatti che i poeti escono allo scoperto, ognuno con una propria voce.
A differenza di Omero (il grande divo dell’Età oscura di cui non sappiamo nulla), i poeti dell’epoca arcaica danno voce alle loro passioni, agli amori e all’odio con versi che esprimono intense emozioni personali. Saffo, poetessa dell’isola di Lesbo dell’inizio del VI secolo a.C., così descrive la lacerante gelosia che prova nel vedere la donna che ama parlare con un uomo: A me pare uguale agli dei chi siede a te davanti e vicino, il dolce suono ascolta mentre tu parli e ridi amorosamente. Subito a me il cuore si agita nel petto solo che appena ti veda.
Nell’VIII secolo a.C. appaiono per la prima volta delle ceramiche firmate dall’artista che le ha dipinte. Noi tendiamo a considerare i vasi dell’antica Grecia come dei “classici”, ma in realtà gli esemplari più belli appartengono all’Età arcaica. Furono i vasai di Corinto i primi a creare la ceramica a figure nere, con le eleganti sagome dei personaggi dipinti in nero, appunto, sul colore naturale dell’argilla. Verso il 530 a.C., però, ad Atene viene inventata una nuova tecnica, a opera del pittore di Andocide (così chiamato perché sembra sia stato l’artista prediletto del vasaio Andocide). Rovesciando lo schema cromatico, adesso era lo sfondo a essere dipinto di un nero brillante, mentre le figure, su cui si concentrava l’attenzione dell’artista, conservano il rosso dell’argilla.
Il nuovo stile consentiva di disegnare dettagli più realistici, e si diffuse rapidamente. Il primo artista a compiere studi anatomici fu il pittore Eufronio, tra il 510 e il 500 a.C. “Eufonio e il suo cenacolo di “avanguardisti” mostrano un chiaro interesse per la muscolatura”, spiega Gloria Ferrari Pinney, storica dell’arte classica all’Università di Harvard. “Anche per altri aspetti, come la sperimentazione della prospettiva o la rappresentazione della gestualità, si ha la sensazione che questi artisti delle figure rosse si muovono verso il realismo”.
L’Età arcaica ebbe fine all’inizio del V secolo a.C., quando una minaccia proveniente dall’esterno costrinse molte città-stato a guardare al di là dei limiti del proprio minuscolo territorio in nome dell’interesse collettivo. Sulla sponda opposta dell’Egeo, la Persia, uno degli imperi più potenti del mondo, continuava lentamente a espandersi verso Ovest. Nel 499 a.C. le colonie grece della costa ionica (ora parte della Turchia occidentale) si ribellarono. La Persia represse rapidamente la sommossa riportando le colonie sotto il proprio dominio, e le città greche di Atene ed Eretria, che avevano sostenuto i ribelli, divennero bersaglio dell’ira di Dario, l’ambizioso re persiano.
I Persiani invasero la Grecia in due ondate successive: nel 490 a.C. guidati da Dario, e dieci anni più tardi, al seguito del figlio di Dario (e suo successore), Serse. Molte polis capitolarono rapidamente di fronte alla potenza persiana, ma altre si federarono per resistere, e affrontarono battaglie che sono diventate simboli di eroismo e di tenace difesa della libertà. Maratona, le Termopili, Salamina: i luoghi di queste battaglie sono ricordati ancora oggi. Dalla piana paludosa di Maratona, nell’Attica orientale, un messaggero, così racconta la leggenda, corse a perdifiato sino ad Atene per portare la notizia della sconfitta del nemico, e una volta arrivato, esausto, spirò. Alle Termopili, un passo strategico fra le colline rocciose e il mare, gli Spartani si batterono fino all’ultimo uomo, fedeli al loro codice d’onore, per dare tempo agli alleati di organizzarsi. Come scrive Erodono, “combatteremo con le spade, con le mani e con i denti”. In un sobborgo del moderno porto del Pireo, guardo giù verso lo Stretto di Salamina, dove grandi petroliere arrancano verso il mare aperto. Da queste stesse alture, nel 480 a.C., Serse assistette incredulo all’affondamento della sua flotta da parte di quella greca. L’incredibile vittoria sulla Persia fu un punto di svolta nella coscienza nazionale. I Greci cominciarono a pensare di poter essere ben più che comuni mortali, di poter essere, appunto, dei Greci. Se erano riusciti a sconfiggere una nazione tanto più ricca e potente, tutto diventava possibile.
Sarebbe, come se oggi una coalizione di staterelli caraibici le suonasse agli Stati Uniti di America. Ora, con una nuova fiducia, potevano essere sviluppati appieno quei fondamenti intellettuali posti nell’Età arcaica. Filosofia, arte, teatro, politica: tutto si trasformò in questa entusiasmante nuova era.
Una sera, osservo l’antica Acropoli illuminata dai riflettori che si staglia contro l’immagine della moderna Atene sotto il cielo notturno..
L’Acropoli fu il risultato di un ambizioso piano di ricostruzione, dopo che Atene era stata saccheggiata e incendiata dagli invasori persiani. Con la sua rivale Sparta. Atene era diventata una delle città-stato dominanti sul continente durante l’ultima fase dell’Età arcaica, e giocò un ruolo fondamentale nella guerra contro la Persia. Due anni dopo la battaglia di Salamina, nel 478 a.C., per difendersi da future aggressioni dei Persiani nacque un’alleanza di Stati greci. Nella sua qualità di leader della Lega delio-attica (così chiamata èerchè aveva il suo quartier generale nella sacra isola di Delo), Atene acquistò un peso sempre maggiore nella vita della Grecia.
Il suo prestigio e la sua ricchezza arrivarono al punto che Atene riuscì a realizzare il sogno di diventare la più splendida città dell’Ellade.
La letteratura classica ci permette di farci un’idea dell’antica e operosa città: “Me ne venivo dall’Accademia dritto al Liceo, lungo la strada esterna che passa sotto alle mura”, dice Socrate in uno dei dialoghi di Platone.
“Giunto all’altezza della postierla ove c’è la fontana di Panopo”.
L’Acropoli è la parte meglio conservata della città antica. Su questa cittadella naturale vi sono quattro importanti edifici classici, ma naturalmente è il Partendone ad attirare l’attenzione. Era un tempio dedicato ad Atena Parthenos, cioè Atena vergine, ma anche la sede della tesoreria della Lega delio-attica. Una robusta cancellata di ferro proteggeva dal pubblico la parte interna, dove era conservato il tesoro.
Il tempio greco è una delle creazioni che hanno maggiormente influenzato l’architettura nel mondo, ed è una forma usata ancora oggi, soprattutto per gli edifici pubblici. I modelli di argilla che sono arrivati fino a noi dall’VIII secolo a.C. mostrano che, in origine, i templi assomigliavano piuttosto a case, con il tetto spiovente molto ripido, e che le colonne erano riservate solo all’ingresso o al retro. Poi, col tempo, si svilupparono due grandi stili o “ordini” architettonici; quello dorico, più antico, con colonne massicce e disadorne, e quello ionico, più “femminile” per così dire, le cui colonne slanciate erano alleggerite dalle volute finemente decorative dei capitelli.
Il Partenone è considerato il tempio dorico per eccellenza, messo insieme da un team di autentici fuoriclasse, ognuno nel suo campo,.
L’idea fu di Pericle, il più brillante statista ateniese, la supervisione di Fidia, uno dei più grandi scultori mai vissuti, il progetto di Ictino e Callicrate, famosi architetti. Il Partenone aveva anche un altro vantaggio rispetto ad altri templi. Era fatto di marmo. Lo stesso Ictino aveva già costruito un tempio dedicato afd Apollo Epikourios a Basse, in Arcadia, nei lontani monti del Peloponneso. A suo modo anche quest’opera fu un piccolo gioiello di innovazione, ma fu costruita con il locale calcare grigio e oggi è in pessimo stato di conservazione. Anche il grande tempio di Zeus a Olimpia, con i suoi frontoni scolpiti che non hanno nulla da invidiare al Partenone, è costruito di pietra calcarea conchiglifera. L’edificio è rimasto in piedi, ma con il tempo la pietra si è annerita. Nell’antichità fu molto probabilmente rivestito di stucco per farlo sembrare di marmo bianco.
Spesso i templi esibivano un gran numero di sculture, sia statue singole, collocate nei frontoni, sia rilievi scolpiti su fregi di pietra tutt’intorno all’edificio. La scultura classica rappresentò gli esseri umani con una nuova maturità. Come nell’Età arcaica, la giovinezza è idealizzata e idolatrata.
I kouros si sono ormai trasformati, assumendo forme più naturalistiche.
“Di tutte le cose meravigliose, nulla è più meraviglioso dell’uomo”, dice il coro nell’Antigone, una tragedia di Sofocle rappresentata per la prima volta ad Atene forse nel 442 a.C.. L’arte classica interpreta questa affermazione ritraendo come esseri umani idealizzati sia uomini che divinità. Ciò innalza l’uomo al medesimo rango degli dei dell’Olimpo.
Sui volti delle statue dall’espressione imperscrutabile si legge una sovrana indifferenza per le meschine cure della vita terrena. Per secoli, i visitatori dei musei e gli storici hanno celebrato questo superiore distacco olimpico e la purezza delle forme di questa scultura. In particolare, ha suscitato sempre grande ammirazione quello sguardo un po’ distante dei soggetti tagliati nella pietra, che esprime il senso sublime di estraneità. In alcuni casi, questi elementi così ammirati appartengono alla mano dell’artista. In altri, tuttavia, si tratta solo di un’illusione creata dal tempo.
“La gente dimentica che molto spesso le sculture greche erano dipinte”, dice Chris Faraone, classicista dell’Università di Chicago. “Gli occhi erano colorati, la pelle e i vestiti dipinti con colori primari a tinte vivaci, poi fissati con una cera traslucida che copriva la scultura. Probabilmente l’effetto era molto simile a quello della Madonna di plastica a colori sgargianti sulla credenza di mia nonna”. I secoli e l’esposizione agli agenti atmosferici hanno cambiato queste statue.
Il marmo caldo e dorato del Partenone un tempo splendeva di vividi colori mediterranei, in sintonia con la città energica e rumorosa che lo ospitava.
In tutta Atene, pochi luoghi erano più chiassosi e animati dell’antica ecclesia ateniese, l’assemblea che discuteva e votava democraticamente sulle decisioni di governo. E’ un luogo di grande suggestione, situato su una piattaforma scavata nel fianco di una collina che guarda verso l’Acropoli. Qui, di fronte a circa 6000 cittadini abituati a parlar chiaro e che di solito votavano per alzata di mano, i politici discutevano e peroravano le proprie cause.
Forme di governo democratico erano diffuse in numerose città-stato, ma fu Atene a dar vita alla forma più alta della democrazia.
Dalla fine del VIII secolo a.C., i registratori avevano cominciato a modificare le leggi, liberando via via i lavoratori dallo stato di servitù e dal peso dei loro debiti nei confronti dei ricchi aristocratici.
“Io ho tolto le pietre dell’ipoteca che erano conficcate nel seno della terra”, scrisse Solone, il grande artefice della riforma sociale ad Atene all’inizio del VI secolo a.C. “Ed essa, che prima era caduta in schiavitù, adesso è libera”. Nel V secolo a.C. ogni cittadino che partecipava all’assemblea aveva piena libertà di espressione e diritto di voto. Con due eccezioni, però. Soltanto i cittadini maschi liberi potevano partecipare all’assemblea.
Il che escludeva quindi le donne e gli schiavi, che forse costituivano un terzo della popolazione.
“Gli uomini tendevano a sposarsi intorno ai trent’anni, ma per una ragazza ateniese era normale sposarsi a quattordici”, mi spiega Sarah B. Pomeroy, insegnante di Lettere classiche all’Hunter College di New York.
La sposa di un uomo, in genere, era “ancora abbastanza giovane perché egli potesse educarla”. Le donne delle classi inferiori erano impiegate nella lavorazione della lana, nella cura dei malati, nella preparazione del pane o nei servizi di lavanderia. Quelle di rango sociale più elevato (la classe media) si limitavano a occuparsi delle loro dimore. In un trattato di economia domestica intitolato Economico, scritto nel 362 a.C., lo storico Senofonte riporta un dialogo fra Socrate, il grande filosofo, e un certo Iscomaco: “Mi piacerebbe molto che tu mi dicessi, Iscomaco, se tu stesso hai addestrato tua moglie a diventare il tipo di donna che dovrebbe essere, o se invece essa già conosceva i suoi doveri quando tu l’hai presa in moglie da suo padre e da sua madre”
“Cosa avrebbe mai potuto sapere quando la presi in moglie, o Socrate? Non aveva ancora compiuto quindici anni quando arrivò in casa mia, e, sino ad allora, la sua vita l’aveva passata accuratamente sorvegliata, si che potesse vedere, udire e parlare il meno possibile”.
Ancor meno invidiabile era la sorte degli schiavi. Tra quelli addetti ai lavori domestici, alcuni erano trattati quasi come membri della famiglia, ma gli schiavi occupati nell’industria vivevano in condizioni durissime. Nelle miniere d’argento del Laurio, da cui si estraeva il metallo per la zecca ateniese, lavoravano strisciando sul ventre in cunicoli stretti e soffocanti. Impiegati in ogni sorta di mestieri (contadini, domestici, insegnanti, intrattenitori), gli schiavi erano in genere prigionieri di guerra o di scorrerie, o venivano acquistati sul pubblico mercato. La schiavitù non era sempre una condanna a vita. Né era raro che uno schiavo comprasse la sua libertà dal padrone o che essa gli venisse semplicemente concessa..
Nonostante i suoi limiti, la democrazia ateniese generò la società più liberale mai esistita fino ad allora. Ricca, potente e spavalda, con una popolazione stimata di 150 mila persone, Atene attrasse filosofi, studiosi e poeti da tutta la Grecia. Anche oggi, dopo quasi 25 secoli, si può dire che poche civiltà siano state così creative ed effervescenti come la civiltà ateniese nella sua età dell’oro.. All’orgoglio ateniese diede voce lo statista Pericle, in occasione dei funerali pubblici dei cittadini caduti durante la guerra contro Sparta, che finì poi con la sconfitta di Atene.
“Il nostro sistema politico non si propone di imitare le leggi di altri popoli”, cos’ Tucidide, lo storico di quella guerra, riporta le parole di Pericle.
“Noi non imitiamo nessuno, piuttosto siamo noi a costruire un modello per gli altri. Si chiama democrazia, poiché nell’amministrare si qualifica non rispetto a pochi, ma alla maggioranza. Le leggi regolano le controversie private in modo tale che tutti abbiano uguale trattamento”. E Pericle riassume. “In sintesi, affermo che la nostra città, nel suo insieme, costituisce un ammaestramento per l’intera Grecia”.
Ma non tutti erano d’accordo. La vita a Sparta, la polis che controllava il Peloponneso, si fondava su premesse molto diverse. Con un territorio più vasto di ogni altra città-stato della Grecia, Sparta aveva sottomesso la Messenia, un’estesa area nella parte occidentale del Peloponneso, riducendone la popolazione in schiavitù. I Messeni erano cittadini di seconda categoria, chiamati Iloti (servi). Verso la metà del VII secolo a.C. i Messeni (che erano molto più numerosi degli Spartani) si ribellarono, ma solo per essere ricondotti sotto controllo. Gli Spartani ripensarono il loro sistema politico per evitare nel futuro simili minacce e il risultato fu un regime totalitario e militarista con un solo obiettivo: creare i guerrieri migliori di tutta la Grecia.
A Ovest delle rovine di Sparta sorge il Taigeto, un’impressionante catena montuosa spezzata da una gola, che ci ricorda come i rigori della vita spartana cominciassero fin dalla nascita. Ci arrivo un pomeriggio in una luce che brilla tra le foglie e i fiori ma che, quando entra nella gola, viene inghiottita dalle ombre cupe della parete rocciosa. E’ qui che i neonati spartani maschi, giudicati troppo deboli o imperfetti per essere utili alla città, venivano esposti per farli morire. I bambini a cui era stato concesso di vivere venivano separati dai loro genitori a sette anni, per essere allevati nelle caserme militari. Nel vicino santuario di Artemide Ortia, i giovani spartani venivano sottoposti a prove di resistenza al dolore, che comprendevano anche punizioni corporali con la frusta.
Le donne di Sparta godevano di maggiore libertà delle donne di altre città. Erano le sole, in tutta le Grecia, a partecipare ai giochi atletici nude, come gli uomini. Ma il valore di una donna si giudicava in base al valore dei suoi figli. La notte delle nozze, alla sposa spartana venivano tagliati i capelli, e la si vestiva in abiti maschili, in modo da farla apparire il più possibile simile a un ragazzo. Dopo che il matrimonio era stato consumato, il marito tornava in caserma. Per gli uomini spartani (e forse anche per le donne) l’omosessualità era la norma, come lo era in generale in tutta la Grecia nei circoli aristocratici, e in particolare in quelli militari. (Il battaglione sacro, l’elite militare di Tebe in Beozia, a Nord Ovest di Atene, secondo solo ai combattenti di Sparta, era formato da coppie omosessuali; si pensava infatti che un uomo avrebbe combatuto con più accanimento per difendere la vita dell’amante che la propria). Conservatori e isolazionisti, gli Spartani guardavano Atene, cosmopolita e permissiva, con sospetto e disprezzo.
Nelle roccaforti del Peloponneso, tra le montagne, le tradizioni erano dure a morire: era in Arcadia, una regione del Peloponneso, che si praticava il culto licantropo di Zeus Liceo.
Ma anche nella sofisticata Atene i vecchi costumi resistevano a lungo.
Nella stessa città in cui Socrate perfezionava la sua ricerca filosofica sulle basi razionali delll’etica, dell’amicizia, dell’amore e della giustizia, erano diffusissimi le magie e gli incantesimi. “E allora ecco i sacerdoti questuanti e gli indovini”, scrisse Platone nella Repubblica, “che vanno alla porta dei ricchi e li persuadono che, se qualcuno vuole recar danno a un nemico, essi, gli indovini, possono farlo con poca spesa, lanciando incantesimi e formule magiche”: Formule magiche incise su oggetti di piombo sono state scoperte spesso negli scavi un po’ in tutta la Grecia, ma mai così frequentemente come ad Atene.
Al cimitero del ceramico incontro David Jordan, esperto di folclore antico e di magia alla Scuola canadese di archeologia di Atene. Nel piccolo museo, ci fermiamo davanti a una teca di vetro. Osservo con attenzione una bambolina di piombo distesa in una bara in miniatura, anch’essa di piombo.
Le braccia della figurina sono dietro la schiena, come fossero legate, e una gamba porta inciso il nome di un uomo. Quest’uomo doveva comparire in un pubblico processo con altre otto persone, i cui nomi sono scritti anch’essi sul coperchio della bara. La bambolina è stata collocata in una tomba per attirare forse l’attenzione di Ade, il signore dell’Aldilà. Altri luoghi scelti per le maledizioni erano l’interno dei pozzi e dei santuari, o teatri all’aperto: incantesimi e fatture d’amore, maledizioni commissionate da vasai, osti e negozianti, da lanciare contro i concorrenti. “La maggior parte delle maledizioni che abbiamo trovato sono rivolte contro gli avversari in qualche causa legale”, spiega Jordan. Allora come oggi, i principi democratici che incoraggiavano l’espressione individuale sembrano aver prodotto anche un’eccessiva litigiosità John Gager, studioso di magia antica, osserva che “con la possibile eccezione dell’America moderna, nessuna società è stata più tristemente famosa dell’Atene classica per la propensione alle contese giudiziarie”. Ecco una tipica maledizione giudiziaria: “Qui incido Selinunzio e la lingua di Selinunzio, che gli si torca al punto di non poterla più usare”.
Ad Atene molte feste offrivano altri esempi eclatanti di tradizioni che sembrano in aperto contrasto con la sua fama di città illuminata.
Nel passato rurale, le feste agricole avevano scandito la vita dei contadini, creando gradite occasioni di banchetti e celebrazioni, ma anche la possibilità di compiere riti di ringraziamento agli dei che propiziavano i raccolti. Con la progressiva urbanizzazione, anche queste feste entravano a far parte della vita cittadina, diventando più elaborate.
Sotto la supervisione dello Stato, esse divennero occasioni per fare pubblica professione di orgoglio civico, pur conservando elementi dei vecchi riti.
Nelle Tesmoforie, feste della fertilità che duravano tre giorni, le austere matrone ateniesi tiravano su capanne di frasche sotto le quali digiunavano per una giornata, sedute sulla nuda terra. Il terzo giorno, tiravano fuori i resti putrefatti di maialini che, mesi prima, erano stati sacrificati alla dea Demetra e gettati nei pozzi. Le carcasse degli animali venivano deposte solennemente sugli altari assieme a offerte di grano.
Gli illuminati Ateniesi non solo conservano le vecchie tradizioni; anche la loro disponibilità ad accettare il nuovo era abbastanza limitata.
Pochi eventi lo dimostrano in modo altrettanto drammatico quanto il destino del filosofo Socrate, finito nelle grinfie della giustizia. Nato nel 469 a.C. in una famiglia della classe media, Socrate aveva dimostrato il suo patriottismo impugnando le armi per la sua città in diverse importanti battaglie. Già nell’Età arcaica, filosofi come Talete di Mileto ed Eraclito avevano cercato una prima spiegazione analitica dei misteri come la natura dell’universo, l’origine della vita o l’essenza dell’anima, che sino a quel momento erano stati affrontati solo con l’ausilio del mito. Inizialmente Socrate seguì questa tradizione di ricerca filosofico-scientifica, ma poi si dedicò alle questioni etiche. Socrate non ha lasciato alcuna testimonianza scritta delle sue idee, cosa che invece ha fatto il suo giovane discepolo Platone. I dialoghi di Platone sono ricostruzioni delle domande, piene di garbata ironia, che Socrate poneva ad amici e conoscenti, e del contraddittorio che ne seguiva su argomenti che andavano dalla natura dell’amicizia all’organizzazione ideale di uno stato giusto.
“Udendo Pericle e altri valenti oratori, io credevo che parlassero bene”, dice un personaggio nel Simposio di Platone. “Ma non ricevevo nessuna impressione del genere e l’anima non mi tumultuava, ne soffriva di sentirsi in uno stato di schiavitù, ma più volte questo Marsia mi ha messo in una condizione tale da credere che la vita non fosse più degna per me di essere vissuta nello stato in cui mi trovo ora”.
Una reputazione di integrità personale e intellettuale, il suo senso dell’umorismo e la novità degli interrogativi che egli poneva, fecero si che attorno a Socrate si radunasse un seguito di giovani di buona famiglia interessati agli affari pubblici, alcuni dei quali erano stati ostili alla democrazia ateniese. Ma la decisione di portare Socrate in giudizio nel 399 a.C., con la vaga accusa di corrompere la gioventù e di adorare nuovi dei, con ogni probabilità era del tutto infondata. Più realisticamente, come disse lo stesso Socrate al processo, in quella decisione pesavano, piuttosto il ruolo che egli incarnava, l’”assillo di Atene”, come lui stesso si definiva, e le provocazioni intellettuali che rivolgeva al prossimo affinché riflettesse sulle convinzioni più radicate, imparando a distinguere la verità dalle semplici opinioni. Dichiarato colpevole dalla giuria, che chiese la pena capitale, Socrate fu invitato a suggerire una pena alternativa. Dato che per tutta la vita aveva predicato la virtù e la conoscenza, insegnando a lasciare in secondo piano l’interesse personale, Socrate propose che gli fosse accordata la stessa ricompensa dei vincitori delle Olimpiadi: essere mantenuto a vita a spese dello Stato. La battuta non piacque ai giudici che fecero eseguire la sentenza. La fine di Socrate influenzò profondamente Platone e gli altri suoi discepoli. In qualche modo essa segnò anche la fine dell’età dell’oro. Certo, anche in seguito vi furono grandi filosofi, poeti, artisti, oratori e storici, ma quell’eccitante atmosfera di scoperta e di sperimentazione, quella fiducia in se stessi, erano tramontate.
La sconfitta dei Persiani nel 480 A.C. era stata possibile grazie a uno sforzo comune di tutti i Greci, ma non aveva prodotto una Grecia unita. Le vecchie rivalità resistevano. Il tesoro e le autorità dell Lega delio-attica, nata per il bene comune delle città che ne facevano parte, vennero sempre più utilizzati da Atene in funzione delle sue ambizioni imperialistiche. L’ostilità con Sparta sfociò in guerra appena 50 anni dopo la battaglia di Salamina. Combattuta dal 431 fino al 404 a.C., la guerra del Peloponneso prosciugò le risorse, l’energia, il morale e il potenziale umano di entrambi gli Stati. Una misteriosa epidemia (identificata dagli storici moderni con ipotesi che vanno dalla peste bubbonica al virus Ebola) scoppiò ad Atene nel 430, devastando la città e uccidendo Pericle. Sparta ricevette aiuti finanziari dalla Persia, e Atene vide distrutta la sua potente flotta in una serie di battaglie disastrose. Nell’aprile del 404 a.C., Atene si arrese a Sparta.
A differenza di Roma, la Grecia classica non lasciò l’eredità concreta di un dominio imperiale.
La sua fu un’eredità più sottile, ma indeludibile.
A mio giudizio, meglio che in ogni altra cosa, essa è riassunta in quell’inquietante contributo all’umanesimo che è la tragedia greca. Messi in scena in origine alle feste ateniesi in onore di Dioniso, il dio del vino e dell’esuberanza della natura, questi testi teatrali affrontavano gli eterni misteri della condizione umana. Il destino dell’uomo è già segnato? Quali codici devono prevalere: le leggi civili dello Stato o quelle naturali degli dei? E chi ha titolo per interpretare questa legge naturale? Qual è la natura della giustizia? E’ vendetta o valutazione delle prove e deliberazione razionale? Quali oscure propensioni abitano in noi?
Questi sono i quesiti posti dal linguaggio poetico e dalla forza drammatica di autori tragici come Eschilo, Sofocle ed Euripide. “Lontano, nell’aria del cielo, i figli del cielo vivono”, canto il coro nelle Baccanti di Euripide. “Ma essi osservano la vita degli uomini. E ciò che passa per saggezza non lo è; stolti sono coloro che aspirano a superare i limiti dell’uomo”. Le tragedie, presentate in serie di tre, erano sempre seguite da un dramma satiresco di intonazione comica e licenziosa. La rappresentazione di ogni serie prendeva un giorno intero. Il sacro e il profano: entrambi erano considerati degna offerta al dio Dioniso. Questa ricerca pubblica, corale, questo interrogarsi sui limiti della condizione umana unendo il sacro al profano, mi sembra l’essenza del miracolo greco. Senza l’età della Grecia classica, la storia politica, morale e culturale del mondo occidentale sarebbe incomparabilmente più povera.
Per parafrasare le famose parole di Winston Churchill, mai la storia do così tanti esseri umani è stata tanto debitrice a così poche persone.

Richard Gere ha detto...

ANTICA GRECIA PARTE III: ALESSANDRO IL CONQUISTATORE

Ai piedi del monte Parnaso, a Nord Ovest di Atene, l’arida pianura della Beozia si offre ai raggi del sole d’estate. Sul ciglio della strada, l’ombra dei rami degli alberi accarezza una statua gigantesca, un leone accovacciato di marmo alto otto metri e mezzo. A parte questa scultura, nulla fa pensare che qui combattuta una battaglia all’ultimo sangue.
Il paesaggio non ha niente di particolare ne ci sono altre tracce di opere realizzate dagli uomini. Eppure, in un caldo agosto del 338 a.C., proprio qui, nei pressi dell’antica città di Cheronea, una coalizione di forze ateniesi, tebane e di altre città greche, subì una sconfitta decisiva a opera di Filippo II re di Macedonia, l’accidentata regione che segnava il limite settentrionale del mondo di lingua greca. Fedeli al loro codice d’onore, i guerrieri della leggendaria Falange Sacra (il reparto scelto dell’esercito di Tebe) si batterono fino alla morte, e furono sepolti in una tomba comune a cui quel leone monumentale fa da sentinella.
Durante quella campagna, al comando dell’elite dell’esercito macedone, la cavalleria degli Uteri, c’era Alessandro, il giovane e precoce figlio di Filippo, allora appena diciottenne. Fu lui che, approfittando di un momento di sbandamento delle linee nemiche, lanciò l’attacco decisivo contro la Falange Sacra. Il suo fu un esordio brillante sul campo di battaglia. Ma ben pochi avrebbero potuto immaginare che in soli 14 anni Alessandro avrebbe conquistato tutto il mondo conosciuto, fino ai suoi confini orientali, cambiando il corso della storia.
Esistono molte biografie di Alessandro III di Macedonia, il giovane re che verrà chiamato Alessandro Magno (o “il Grande”), arrivate fino a noi dai tempi antichi e, per la maggior parte scritte secoli dopo la sua morte. Da esse sono stati tratti gli aneddoti più conosciuti che fanno parte dell’immagine popolare del personaggio. Alessandro che doma il cavallo Bucefalo, fedele compagno della sua vita di guerriero. O la storia del nodo di Gordio: secondo la leggenda, chi fosse stato capace di sciogliere una fune, stretta in un intricatissimo nodo, sarebbe diventato signore dell’Asia intera. Alessandro tagliò il nodo con un semplice colpo di spada. E, in guerra, i suoi numerosi gesti di generosità, ma anche di ferocia. Già nel corso della sua breve vita Alessandro divenne una leggenda. Oggi 2300 anni dopo la sua morte, può sembrare più una figura mitologica che un uomo in carne d’ossa. Nel bene e nel male, Alessandro, è uno di quei pochi uomini che hanno calpestato la scena della vita lasciando nel mondo un segno indelebile del suo passaggio.
Le conquiste di Alessandro inaugurarono quel periodo che si è soliti chiamare l’Età ellenistica, e va convenzionalmente dall’anno della sua morte, nel 323 a.C., al 31 a.C. In quel periodo, la cultura greca si diffuse nell’Africa del Nord e nell’Asia sudoccidentale, esercitando la sua influenza anche in Paesi come Egitto, Libia, Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e altri.
La fusione tre la culture greca, quella persiana e altre ancora, interessò ogni aspetto della vita: la lingua, i sistemi di governo, l’arte, la letteratura, la religione. Ben poche cose furono risparmiate da questo processo di trasformazione. Si può tranquillamente affermare che in quest’epoca furono compiuti grandi passi verso la nascita di una cultura internazionale.
Un tempo andava di moda tra gli studiosi attribuire ad Alessandro il merito di aver perseguito consapevolmente il progetto di questa era multiculturale. Ma è poco probabile, che sia andata davvero così. Il suo genio militare è universalmente riconosciuto ma altri aspetti della sua figura sono ancora oggetto di dibattito. Ogni studioso ha il suo punto di vista su Alessandro. Una biografia del ’49, pubblicata in Germania, lo dipingeva come l’eroico distruttore del vecchio ordine e il creatore di un nuovo mondo. Per William Tarn, invece, studioso britannico non accademico che scriveva prima della II Guerra mondiale nella quiete e negli agi della sua tenuta in Scozia. Alessandro era un simpaticone, allegro e intraprendente, simile per molti versi a un borghese britannico e benestante.
“E’ interessante la curiosità che suscita tra gli studiosi la figura di Alessandro Magno. Non è così per altri condottieri e conquistatori, come per esempio Giulio Cesare” commenta Frank Holt dell’Unoversità di Houston. “E’ come se avessimo un terribile bisogno di trovare in lui qualche tratto di nobiltà”.
Come un grande divo che sa amministrare sapientemente la propria immagine, Alessandro si fece ritrarre solo da tre artisti della sua epoca: lo scultore Lisippo, il pittore Apelle e Pirgotele, un intagliatore di pietre preziose. Copie delle sculture di Lisippo giunte sino a noi, insieme con altri ritratti e descrizioni letterarie, offrono un’immagine abbastanza coerente di Alessandro. Come Napoleone, era piuttosto basso (probabilmente non più alto di un metro e mezzo) e tarchiato. Aveva però un aspetto gradevole, una lunga chioma riccioluta e una pelle chiara; “il bianco della pelle diventava rosso, sul petto e sul volto”, come racconta Plutarco in una biografia di Alessandro scritta nel II secolo d.C. Teneva sempre la testa lievemente inclinata verso sinistra, e i suoi occhi avevano uno sguardo dolce, indizi che hanno portato alcuni medici moderni a supporre che soffrissse di una strana malattia degli occhi, la sindrome di Brown. Se la diagnosi è giusta, si spiega anche la particolare inclinazione del capo: in quella posizione riusciva a vedere meglio.
Pare che non riuscisse a farsi crescere una barba decente, e così lanciò la moda della rasatura completa su tutto il viso. Eppure, questo suo aspetto da bravo ragazzo nascondeva un carattere tenace e competitivo che emerse già nell’infanzia. Ogni volta che Filippo conquistava una nuova città, Alessandro si lamentava con i suoi compagni di giochi: “Mio padre si prenderà tutto e non mi lascerà la possibilità di compiere con voi qualche grossa, luminosa impresa”.
Alessandro è conosciuto come “il Grande”. Ma fu suo padre Filippo, uno dei generali più brillanti della sua epoca, a consolidare il regno di Macedonia, accrescendone la ricchezza e la potenza con una politica di conquiste, scambi commerciali e lungimiranti alleanze, spesso rafforzate da matrimoni politici (almeno sette). La famiglia di Filippo aveva governato la Macedonia per più di tre secoli; l’organizzazione politica della sua monarchia assoluta era più simile ai regimi degli Stati tribali della Grecia settentrionale che alle città-stato del Sud. Nel VI secolo a.C. una monarchia vecchio stampo come quella, basata sulla caccia, il gusto del combattimento e le grandi sbronze, veniva già considerata anacronistica. “Agli occhi degli altri Greci, i Macedoni erano barbari, mezzi selvaggi”, spiega lo storico Peter Green dell’Università dello Iowa.
Dal padre, Alessandro aveva ereditato il genio tattico-militare. Ma dal punto di vista emotivo era più simile alla madre Olimpia, una principessa dell’Epiro, regione della Grecia nordoccidentale. Olimpia era una donna dotata di grande forza di volontà, orgogliosa e spietata. Basti ricordare che subito dopo la morte di Filippo fece arrostire viva l’ultima moglie del re, ben più giovane di lei. Profondamente religiosa, era devota al dio Dioniso, che onorava insieme con altre baccanti dedicandosi a sfrenati riti orgiastici.
Anzi, durante queste festicciole manipolava serpenti vivi, cosa che faceva innervosire anche Filippo. Da Olimpia, Alessandro ereditò anche la tendenza alla superstizione e la convinzione, mai abbandonata, di essere discendente di Achille, il leggendario eroe dell’Iliade di Omero.
Nella Grecia settentrionale, a meno di un’ora di auto dall’odierna Salonicco, si trovano le rovine di Pella, l’antica capitale di Filippo e della sua corte. Il paesaggio circostante è montuoso e selvaggio. Qui intorno al 20 luglio del 356 a.C., nacque Alessandro, e qui trascorse tutta la sua breve vita, tranne gli ultimi 11 anni. Benché fosse figlio di un re, la sua fu un’educazione spartana. Alessandro commentava la linea educativa di uno dei suoi primi precettori dicendo che per colazione gli riservava una lunga marcia notturna, e, per cena, una colazione un po’ più leggera. Con l’esempio di Filippo e dei suoi compagni sempre presente, Alessandro crebbe tra cacciatori, soldati di mestiere e abili cavalieri, tutti grandi bevitori. I valori che apprese nella sua giovinezza erano gli stessi celebrati nella sua amata Iliade: la gloria in battaglia era il più alto onore a cui un uomo potesse aspirare.
Nonostante qualche attrito fra i due, Filippo non dubitò mai che il figlio dovesse succedergli sul trono e lo istruì a questo scopo. Nel 343 a.C. assunse come precettore di Alessandro un ex discepolo di Platone chiamato Aristotele. “Aristotele era il figlio di un medico che aveva servito a corte durante il regno del padre di Filippo”, spiega Ernst Badian, professore emerito all’Università di Harvard. “Filippo lo conosceva di persona e sapeva che Aristotele avrebbe saputo stare al suo posto”.
L’obiettivo finale di Filippo era attaccare la Persia, il nemico storico della Grecia, sull’altra sponda del Mar Egeo. Ma nel 336, all’età di 46 anni, Filippo fu assassinato da una guardia del corpo, forse un suo ex amante (come molti Greci di ceto elevato, Filippo era bisessuale). Alessandro, allora ventenne, si installò subito saldamente sul trono del padre.
Due anni più tardi, alla testa di un esercito di 6000 cavalieri e 43 mila fanti, Alessandro attraversò l’Ellesponto (lo Stretto dei Dardanelli) avanzando verso l’Asia Minore. Era il primo passo di una grandiosa campagna tesa a portare a compimento il progetto di Filippo: strappare le città greche alla Persia, il cui impero si estendeva dalla moderna Turchia al Pakistan. Ufficialmente Alessandro dichiarava di voler lanciare un’offensiva panellenica per vendicare l’invasione persiana della Grecia ai tempi di Serse, 150 anni prima. In realtà, le truppe greche non macedoni che parteciparono alla spedizione furono ben poche.
Superato l’Ellesponto, Alessandro si diresse subito verso Troia, un luogo che aveva ossessionato la sua fantasia fin dall’infanzia. Riteneva che “l’Iliade fosse un viatico di virtù bellica”, scrive Plutarco, “la teneva con se nell’edizione di Aristotele che chiamano della cassetta e sempre la poneva con il pugnale sotto il cuscino”. Ai piedi delle mura di Troia in rovina, Alessandro ed Efestione (il suo amico più caro) resero omaggio alle presunte tombe di Achille e Patroclo, di cui si consideravano in qualche modo i successori. E a Nord Est di Troia, intorno al fiume Granico (oggi Kocabas), Alessandro entrò per la prima volta in contatto col nemico persiano nel maggio del 334 a.C.
Visto il luogo in estate e il letto del fiume è completamente asciutto.
La pianura del Granico si estendeva su entrambi i lati del fiume. L’esercito persiano, forte di 15 mila cavalieri e 16 mila fanti (per un terzo mercenari greci), si era disposto su una catena di alture per sfruttare il vantaggio della posizione elevata. I Macedoni erano sulla riva opposta del Granico.
Ignorando i consigli di Parmenione, generale di Filippo, che suggeriva di rinviare l’attacco, Alessandro attraversò con impeto il fiume lanciandosi su per il ripido pendio alla sommità del quale lo attendevano i Persiani.
In un furioso combattimento Alessandro e i suoi uomini riuscirono a spezzare le linee nemiche e circondarono i mercenari greci del re persiano.
Questa prima battaglia mise già in evidenza molte caratteristiche tattiche delle successive vittorie di Alessandro. Il giovane re poteva contare sull’eredità del padre che, oltre alla cavalleria degli Eteri, aveva perfezionato la falange macedone, un reparto di fanteria mobile armato con picche di legno lunghe cinque metri. Proprio queste picche, fino a tre metri più lunghe delle lance tradizionali, avevano protetto i soldati di Alessandro durante l’assalto in salita verso le linee persiane.
Ma Alessandro era soprattutto un genio tattico e possedeva il naturale carisma del comandante. Se ordinava un attacco frontale sapeva che i suoi uomini l’avrebbero seguito senza esitare. “Sappiamo che la chiave del comando, anche nelle situazioni più difficili, sta nella consapevolezza che tutti, ufficiali e truppa, hanno seguito lo stesso addestramento.
I soldati sono certi che l’ufficiale non chiederà loro nulla che non sappia fare o che non abbia fatto egli stesso”, mi spiega l’ammiraglio Ray Smith a proposito dei Navy Seals, il corpo scelto della Marina Usa.
Alessandro rispettava questo codice d’onore. Il suo ego e il suo orgoglio gli imponevano di primeggiare in ogni circostanza. Al Granico guidò egli stesso la carica della cavalleria, ben visibile con il suo elmo di piume bianche.
Era sempre vicino ai suoi uomini e questo legame tra il comandante e i suoi soldati era un elemento essenziale del codice guerresco macedone.
La battaglia del Granico fu per i Persiani un campanello d’allarme.
Mentre le loro forze si ritiravano verso l’interno, Alessandro percorse trionfalmente la costa dell’Asia Minore liberando le città greche dai loro signori persiani. Efeso, Magnesia, Pirene, adesso erano tutte libere, ma a condizione che obbedissero ad Alessandro.
Poi Alessandro deviò all’interno, verso Gordio, quindi tagliò a Sud, verso la sponda orientale del Mediterraneo, inseguendo la sua preda, il re di Persia Dario III. I due eserciti si incontrarono finalmente davanti a Isso, presso l’attuale confine tra Siria e Turchia. I Macedoni (circa 50 mila) erano provati da una marcia di due giorni e inferiori ai Persiani (70 mila).
Ma Alessandro incitò ugualmente i suoi alla battaglia e si lanciò alla carica contro le linee persiane. Nella polvere e nel fragore dello scontro, Alessandro vide Dario sul suo carro e puntò dritto verso di lui, seguito dalla cavalleria.
Dario fuggì, e per i Persiani la battaglia era perduta.
Dario riuscì a mettersi in salvo, ma la battaglia di Isso (autunno del 333 a.C.) chiarì una volta per tutte che per la potente Persia Alessandro era un’autentica minaccia. A soli 23 anni, Alessandro si era battuto a tu per tu con il grande Dario, e l’aveva sbaragliato. Per di più, fuggendo, Dario aveva abbandonato al nemico le sue salmerie e la famiglia, catturata nell’accampamento persiano. I Macedoni esultarono per la straordinaria abbondanza del bottino, ma su ordine di Alessandro non torsero un capello alla moglie e alle figlie del re persiano.
Da Isso, Alessandro si diresse verso la costa del Mediterraneo.
Al suo passaggio, tutte le città alleate della Persia aprivano le porte e gli si arrendevano una dopo l’altra. Tranne Tiro, una città che sorgeva su un’isola a un chilometro dalla costa, che oppose la prima resistenza significativa. Proprio alla sua posizione strategica Tiro doveva una leggendaria potenza navale. Una speciale unità del genio al seguito di Alessandro cominciò subito a costruire una strada sopraelevata per collegare la terraferma all’isola. I Macedoni impiegarono sette mesi per conquistare la città e, quando ci riuscirono, infierirono sugli abitanti con una furia inaudita. Settemila persone furono massacrate sul posto, 2000 giovani vennero crocefissi, e 30 mila vennero venduti come schiavi. “Tutte le campagne di Alessandro si svolsero all’insegna della ferocia”, disse Ernst Badian, “In tutta la storia antica non si trova nulla di simile, eccezion fatta per le guerre di Cesare in Gallia”.
Alessandro proseguì verso Sud, sempre neutralizzando gli alleati dei Persiani, fino ad arrivare in Egitto. Qui trovò un’accoglienza trionfale.
L’Egitto era stato una grande potenza, ma negli ultimi due secoli, a fasi alterne, era stato un insofferente vassallo della Persia. A Menfi, capitale dell’Egitto, Alessandro venne addirittura riconosciuto faraone, cioè legittimo sovrano di quell’antica, grande e ricca civiltà. Non solo: nella tradizione egizia il faraone era figlio di Amon-Ra, il dio supremo.
Lontano dai pochi resti di Menfi, nel desolato deserto occidentale, c’è una lussureggiante oasi chiamata Siwa. Una sera, al tramonto, in questa remota isola nel deserto attraverso un villaggio di case costruite con mattoni di fango e mi avvio su per una collinetta, fino a un antico edificio, semplice e severo. Ai tempi di Alessandro, questo era il tempio di Zeus Amon, una divinità ibrida, greca e egizia insieme, sede di uno degli oracoli più importanti del mondo greco.
All’inizio del 331 a.C. il faraone Alessandro giunse qui in pellegrinaggio attraversando più di 500 chilometri di deserto. Per una volta, questa escursione non aveva scopi militari. Sensibile come sempre ai presagi e alle superstizioni, Alessandro era venuto a consultare l’oracolo su una questione personale di grande importanza. “Egli stesso riconduceva la sua nascita ad Ammone”, scrisse Arriano. “Con questo spirito egli si recava ad Ammone per conoscere più esattamente ciò che lo riguardava o almeno per poter dire di averlo appreso”. E in effetti, a 25 anni, Alessandro era già venerato come un dio da una delle civiltà più antiche della terra.
In Egitto, Alessandro lasciò traccia del suo passaggio e della sua lungimiranza, un’eredità che sarebbe durata nel tempo: Alessandria, una delle città più grandi dei suoi tempi. Ancora oggi Alessandria è un fiorente porto cosmopolita, con i vecchi caffè, i parchi e le passeggiate che circondano le poche rovine greche e romane rimaste. Le sue strade, i suoi quartieri etnici sono affollati di egiziani, turchi, levantini, nubiani, greci e altri europei. Tutto questo fermento ebbe origine quando, 2330 anni fa, nella primavera del 331 a.C., Alessandro diede un’altra prova del suo istinto, intuendo nella conformazione della costa e nel porto naturale di quel luogo la possibilità di dar vita a una grande città. La concepì a forma di clamide, un mantello militare dell’epoca, e “ne disegnò egli stesso la pianta”, come scrisse Arriano. “Dispose il piano per la città, dove in essa era da costruire la piazza, quanti dovevano essere i templi e di quali dei e in che punto doveva essere eretto tutt’intorno il muro”.
Dopo la battaglia di Isso, Dario aveva mandato ad Alessandro due lettere, offrendo, in cambio della pace, concessioni territoriali e una figlia in sposa, ma entrambe le missive vennero sdegnosamente rifiutate. Dario capì che non c’era via d’uscita e si rassegnò a preparare una guerra senza quartiere. Rafforzò il suo esercito, dotandolo di ogni equipaggiamento, attingendo alle risorse umane quasi illimitate del suo immenso impero.
Gli eserciti si affrontarono il 1° ottobre del 331 a.C. a Gaugamela, a nord dell’attuale Baghdad. Ancora una volta fu Dario a scegliere il campo di battaglia, schierando le sue truppe su una vasta pianura, ideale per la sua cavalleria e i suoi carri di guerra con le ruote armate di micidiali lame.
Dall’alto, Alessandro aveva potuto osservare l’immenso esercito persiano, così più numeroso del suo: Battriani, Dahae, Arcosiani, Parti, Medi, Indiani, Babilonesi, Mardi. La cavalleria persiana, probabilmente forte di 34 mila uomini, sovrastava la sua in un rapporto di cinque a uno. Impressionato, questa volta Alessandro represse l’impulso ad attaccare immediatamente.
Prima condusse un esame dettagliato del terreno, poi convocò i suoi ufficiali ai quali tenne un discorso di incoraggiamento. Quindi diede ordine ai suoi uomini di mangiare e riposarsi. E se ne andò a dormire.
“Si dice che passò il resto della notte in un sonno profondo, contro il suo solito, tanto che i generali sopraggiunti al mattino se ne stupirono”, scrive Plutarco raccontando la mattina prima della battaglia più importante della vita di Alessandro. Mentre Alessandro dormiva, Dario e i suoi soldati avevano mantenuto le loro posizioni nella pianura, passando la notte in piedi in nervosa attesa, chiusi nelle loro splendenti armature. I Macedoni si disposero di fronte a Dario, che occupava il centro esatto della formazione del proprio esercito, circondato dalle guardie del corpo. Al segnale, i Macedoni cominciarono ad avanzare in perfetto ordine, con Alessandro sulla destra.
Ma invece di procedere dritti, cambiarono direzione e Alessandro si trovò così al vertice di un cuneo che puntava verso Dario. Sapendo di poter contare su forze inferiori, Alessandro aveva deciso di attirare i Persiani sui lati del suo schieramento per poi attaccare il centro delle linee persiane che si sarebbe trovato sguarnito. Lo stratagemma funzionò. La sua cavalleria macedone, impegnata su entrambi i fianchi da forze persiane dieci volte superiori, riuscì disperatamente a tenere le posizioni, mentre Alessandro attendeva il momento in cui le linee nemiche si sarebbero fatalmente indebolite.
Il momento arrivò e Alessandro si lanciò in avanti alla testa della cavalleria degli Eteri, travolse i Persiani isolando Dario dal suo comandante in seconda.
Come a Isso, Dario fuggì e Alessandro vinse la battaglia.
Dopo Gaugamela, Alessandro marciò su Babilonia e poi su Susa, ricevendo lungo il percorso un rinforzo di 15 mila soldati greci. Nel gennaio del 330 a.C. aveva raggiunto Persepoli, la capitale ufficiale della Persia. Alessandro abbandonò la città ai suoi soldati che in un’esplosione di selvaggia violenza saccheggiarono le opere d’arte e trucidarono i maschi adulti. Poi Alessandro incendiò i palazzi. “Si dice che Alessandro incendiò Persepoli per errore, in preda ai fumi dell’alcol dopo un’orgia. Ma è falso”, mi dice la mia guida. “Gli archeologi hanno scoperto che l’incendio non fu casuale, ma partì dal quartiere noto come il palazzo di Serse”. Si trattò forse di un gesto simbolico a beneficio delle truppe greche, una vendetta contro gli attacchi della Persia alla loro patria nel V secolo.
Alessandro aveva nelle sue mani la città più sacra della Persia e il suo tesoro stimato in 100 mila talenti d’oro (oggi sarebbero miliardi di dollari). Era il signore dell’Asia. Ma rimaneva un problema: Dario era ancora libero. Si diceva che si fosse rifugiato a Ecbatana, a Sud Ovest dell’attuale Teheran, ma quando Alessandro vi arrivò, di Dario non c’era traccia. Proseguì allora la marcia a tappe forzate sotto un sole rovente, sottoponendo il suo esercito a un tale sforzo che uomini e cavalli cadevano lungo la strada. Poi arrivò un’altra notizia: Dario era stato catturato da Besso, re della Battirana e pretendente al trono di Persia.
Alessandro si lanciò all’inseguimento, raggiungendo finalmente il convoglio delle salmerie persiane abbandonate. Cominciò allora la frenetica ricerca di Dario. Uno degli uomini di Alessandro notò un carro fuori dal convoglio, trainato da due buoi feriti. Guardò dentro, e vi trovò Dario in catene e ferito a morte: al suo fianco c’era solo un fedele cane.
Il soldato greco gli offrì un po’ d’acqua; Dario bevve, e poco dopo morì.
Scrive Plutarco: “Quando sopraggiunse Alessandro fu visibilmente colpito dal fatto, e sciolto il proprio mantello lo gettò sul corpo di Dario per coprirlo”. Alessandro era un aristocratico e, a suo modo, aveva rispetto per gli altri re. Probabilmente avrebbe desiderato mostrare la sua magnaminità nei confronti di Dario, come aveva già fatto con le sue donne.
Il corpo di Dario venne invito a Persepoli per la sepoltura, mentre Alessandro conduceva il suo esercito nella vicina città di Ecatompilo per concedergli un po’ di riposo.
Fra i suoi uomini, ormai sfiniti, si sparse la voce che si stava per tornare a casa. Allarmato, Alessandro riunì i suoi generali e, secondo Curzio Rufo, storico romano del I secolo d.C., “con le lacrime agli occhi lamentò che lo si stava fermando nel pieno di una brillante carriera”. Più tardi, Alessandro scelse dei nobili tra i prigionieri persiani per farli diventare amministratori dei territori conquistati. I suoi macedoni avevano rivelato i propri limiti, e il re preparava una nuova leva di seguaci per le prossime fasi di quella campagna che sembrava non dover mai avere fine.
Alessandro rivolse la sua attenzione verso altre zone dell’Asia. Per prima cosa si occupò del ribelle Besso, che dalla collinosa e accidentata Battirana si era ritirato nella vicina Sogdiana. L’inseguimento di Besso durò un anno, e portò Alessandro agli estremi confini settentrionali dell’impero persiano, in terre selvagge, sconosciute e piene di insidie.
Attraverso i passi innevati dello Hindu Kush, poi a nord, oltre il fiume Osso, e nelle pianure roventi della Sogdiana, i suoi uomini, sempre più infelici, furono decimati dal gelo, dal mal di montagna e dal caldo. Gli sconfinati territori che Alessandro aveva conquistato fino a quel momento erano noti ai Greci attraverso le notizie dei mercanti, diplomatici e soldati, ma la conoscenza della geografia e dei popoli delle terre che si stendevano di fronte a lui era confusa e approssimativa.
Nell’estate del 329 a.C., furono gli stessi alleati di Besso, in preda al panico, , ad arrestarlo e consegnarlo ad Alessandro. Il re ordinò che fosse spogliato nudo e legato a un palo ai lati della strada, esposto al ludibrio del suo esercito. Poi Besso venne ucciso e il suo corpo fatto a pezzi: la morte che meritava un traditore persiano. Alessandro volle così dimostrare ai suoi nuovi sudditi persiani di aver degnamente vendicato Dario. Il che, tuttavia, implicava un’ulteriore conclusione: egli era il legittimo sovrano dell’Asia.
La campagna di Alessandro nell’Asia centrale non finì con la morte di Besso. Un nuovo e più temibile nemico apparve inaspettatamente: Spitamene, un nobile battiriano che si era unito a bande di cavalieri nomadi del nord e con essi tormentava gli uomini di Alessandro con rapidi attacchi di sorpresa, per poi ritirarsi nella steppa. Queste incursioni coglievano l’esercito in un momento delicato. Fiaccati dalla marcia che li aveva portati in quel nuovo territorio, i veterani macedoni dell’esercito di Filippo, e i volontari della Tessaglia, chiesero ad Alessandro di essere rimandati a casa. Per non rimanerre pericolosamente a corto di uomini, Alessandro non ebbe altra scelta se non quella di reclutare soldati fra i Battirani che aveva appena sottomesso.
“Alessandro mantenne gli effettivi del suo esercito reclutando i suoi nemici”, dice Nicholas Hammond dell’Università di Cambridge”: Il fatto che ci sia riuscito la dice lunga sulle doti di leaedship”. Nonostante le diverse nazionalità, infatti, le sue truppe gli rimasero fedeli.
L’arrivo di Alessandro nei paesi della frontiera stttentrionale fu accompagnato da una serie di episodi, sintomi di un sinistro cambiamento del suo carattere. La mutata composizione dell’esercito creava tensioni fra le nuove reclute e la vecchia guardia. Alessandro, poi, adottò un modo di vestire e abitudini sempre più simili a quelle dei Persiani, il che non piacque ai Macedoni. Questi malumori furono interpretati da Alessandro, sempre più in preda alla paranoia, come una prova di un tradimento punibile con la morte. Molti dei vecchi compagni caddero vittime di questi sospetti: il vecchio Parmenione, fedele generale di Filippo, e suo figlio Cleito che al Granico aveva salvato la vita di Alessandro. E Callistene, nipote di Aristotele. Tutti condannati a morte o assassinati. In Ircania, sul Mar Caspio, ad Alessndro venne regalato uno schiavo eunuco di nome Bagoas che egli prese come amante. I Macedoni consideravano normali i rapporti bisessuali, ma l’eccessiva effeminatezza del bell’eunuco forse li offese.
Ancora più offensiva era, per i Macedoni, l’insistenza di Alessandro sulla pratica della prostituzione. In una forma di adorazione che i Greci riservavano agli dei, e che i Persiani invece tributavano al loro re: il fedele si prostrava davanti ad Alessandro e baciava l’orlo della sua veste. Alessandro aveva bisogno della lealtà dei Persiani (tra loro reclutava i soldati per le sue future conquiste) e quindi gli sembrava conveniente tener in considerazione le loro usanze. Ma in queste pratiche così stravaganti, Alessandro coltivava anche la sua convinzione di appartenere a una stirpe divina.
“In suo onore venivano bruciati mirra e altri tipi di incenso: tutti coloro che venivano ammessi alla sua presenza rimanevano immobili e silenziosi, presi com’erano dalla paura”, racconta Efippo, uno scrittore contemporaneo di Alessandro. “Egli era intollerante e violento, e si riteneva, in effetti, che fosse melanconico”. Inoltre, bevevo smodatamente.
All’inizio del 372 a.C., Spitamene fu rovesciato e assassinato dai suoi stessi alleati, e la sua testa venne inviata ad Alessandro, come offerta di pace.
In primavera, mentre ancora combatteva qualche sparodica ribellione, Alessandro si impadronì di una roccaforte di Sodgiani, ne catturò il capo e ne prese in moglie la figlia Rossana. Si racconta che Alessandro rimase folgorato dalla bellezza della fanciulla che all’epoca doveva avere sui 12 anni, ma naturalmente il matrimonio fu anche una mossa politica tesa a trasformare un pericoloso nemico in un alleato. Poco tempo dopo, Alessandro concluse la sua campagna in Asia centrale, durata due anni, lasciando dietro di se una serie di presidi militari tenuti da guarnigioni miste, formate cioè da soldati di lingua greca e da “barbari”.
A Londra, nel British Museum, esamino attentamente una strana immagine su una moneta piccola e consumata: rappresenta un omino su un cavallo che si impenna, con la lancia puntata contro un elefante che si allontana. La moneta fu coniata per commemorare una delle vittorie più brillanti e più difficili di Alessandro, nella regione a lui nota come India (ai giorni nostri il Pakistan nordorientale). Secondo le conoscenze del tempo era una regione vicinissima all’oceano, che si credeva circondasse tutta la Terra, e si trovava dunque ai confini del mondo.
Nella primavera del 327 a.C. Alessandro ricondusse le sue truppe sullo Hindu Kush. Nel giugno dell’anno seguente era sulle rive del fiume Idaspe (oggi Jhelum) e si preparava ad affrontare uno degli avversari più formidabili e straordinari che avesse mai incontrato: Poro, un gigante alto circa due metri che regnava su di un vasto territorio del Punjab e che aveva schierato sull’altra sponda del fiume un esercito di 50 mila uomini, con fanteria, cavalleria, e i suoi temibili elefanti da guerra che terrorizzavano i cavalli dei Macedoni. Dalla sua posizione ben difesa Porro attendeva Alessandro a piè fermo, “montando un elefante che torreggiava su tutti gli altri animali”, scrive Curzio Rufo. “La sua armatura, con intarsi d’oro e d’argento, dava ancora più rilievo al suo fisico straordinario”.
Alessandro, per creare più confusione possibile, fece marciare i suoi uomini avanti e indietro lungo la riva del fiume, sotto gli occhi attenti del nemico, come se si stesse preparando all’azione. Qua e là venivano accesi fuochi da campo. Agli Indiani sembrava sempre che i Macedoni fossero sul punto di lanciarsi in un’azione decisiva. Alla fine, stanco dei ripetuti falsi allarmi, Poro ritirò molte sentinelle notturne, e Alessandro fu lesto a cogliere l’occasione.
I suoi esploratori avevano trovato un guado ideale 27 chilometri più a monte, dove un’isoletta boscosa nascondeva il fiume, Alessandro in persona, dopo avere diviso le sue forze in tre gruppi, col favore delle tenebre e protetto da un violento temporale, guidò le sue truppe oltre il fiume, e all’alba apparve di fronte a Poro. Subito si lanciò alla carica con una parte della cavalleria.
Aveva nascosto gli altri reparti contando sul fatto che Poro avrebbe deciso di impegnare le sue forze, credendo di avere a portata di mano una facile vittoria.
E così fu. Poro cadde nella trappola e il resto della cavalleria di Alessandro entrò in battaglia. Tra il fango, la pioggia e i barriti degli elefanti, i Macedoni circondarono Poro che, ferito tentò di fuggire sul suo elefante da guerra, ma venne in breve tempo catturato. Quando Poro venne portato davanti ad Alessandro, gli fu chiesto come desiderasse essere trattato. Egli rispose. “Come un re”. Erano parole che Alessandro poteva ben comprendere, Poro venne rimesso sul trono, a condizione che rimasse fedele ad Alessandro. Per quanto fosse impaziente di spingersi fino ai confini del mondo, Alessandro si fermò per costruire una città, Bucefala, in memoria del suo amato cavallo, morto poco dopo la battaglia, per le ferite o forse solo per la vecchiaia.
Bucefalo aveva accompagnato Alessandro fin dalla sua giovinezza.
Era la stagione dei monsoni. Gli uomini di Alessandro erano depressi dalla pioggia che non finiva mai. Alla fine, sulle sponde del fiume Ifasi (oggi Beas), molto più a Oriente, le truppe si ribellarono, ponendo termine al sogno di conquistare il mondo. “In buona sostanza, Alessandro venne tradito dall’ignoranza della geografia”, spiega Peter Green. “Aveva detto ai suoi: “forza ragazzi, si tratta solo di superare quella collina”. Ed ecco che di fronte a loro si aprì la sterminata pianura del Gange”. I geografi avevano sbagliato.
Nessun confine del mondo era in vista. Esausti, feriti, ancora ossessionati dal ricordo degli elefanti che barrivano in mezzo al fango e dei fiumi di sangue dell’Idaspe, una battaglia peggiore di un incubo, per la prima e ultima volta gli uomini di Alessandro si rifiutarono di seguirlo. Adirato, Alessandro si ricordò dell’Iliade e, come Achille, si ritirò sdegnato nella sua tenda. Vi rimase tre giorni, poi, quando vide che gli uomini non accennavano a cambiare idea, uscì per consultare gli oracoli, i quali, con grande tempismo, gli consigliarono di tornare indietro.
Alessandro si poteva piegare solo agli dei, non certo agli uomini.
Durante il viaggio di ritorno in Persia, Alessandro scatenò tutta la sua crudeltà. Stabilì presidi di guarnigioni greche lungo la strada, eliminando ogni resistenza con una violenza che si può chiamare solo genocidio. Era come se, avendo capito che il mondo era troppo grande per essere conquistato, volesse in qualche modo vendicarsi distruggendo tutto ciò che incontrava. Come afferma Badian, “in fondo in India, Alessandro non costruì nulla di duraturo.
Quando morì, la maggior parte di ciò che aveva conquistato era già perduto”.
In un punto a Nord dell’odierna Karachi, Alessandro divise le sue truppe. Una parte, al comando del suo amico d’infanzia Nearco, salpò dall’Oceano Indiano per attraversare il Golfo Persico. Alessandro guidò il resto dell’esercito attraverso il deserto di Gedrosia, che si trova tra il Pakistan e l’Iran. A corto di cibo, di foraggio per gli animali e con pochissima acqua, gli uomini caddero come mosche. La ritirata fu l’impresa più dispendiosa mai intrapresa da Alessandro. Nel deserto entrarono 85 mila soldati. Ne uscirono 25 mila.
Fu durante questo viaggio che Alessandro compì un’azione che gli storici considerano uno dei suoi gesti più nobli. Una squadra di esploratori aveva trovato un minuscolo rigagnolo di acqua salmastra, e ne aveva portata un po’ al re, in un elmo. Alessandro “la prese e ringraziò, ma, la rovesciò sotto gli occhi di tutti”, scrive Arriano.
Se i suoi uomini non potevano bere, neanche lui lo avrebbe fatto.
Una sera d’agosto arrivo ad Ahwaz, una città nel deserto iraniano, vicino al confine con l’Iraq. Alle sei della sera la temperatura raggiunge i 51 °C. Un centinaio di chilometri più a Nord giacciono le rovine di Susa, la capitale invernale dell’impero persiano. Adesso è un luogo desolato, una distesa di terra bruna con qualche ciuffo d’erba e qualche cespuglio che spunta tra le fondamenta del palazzo di mattoni di fango, poche lastre di pietra e i resti sparsi qua e là di colonne scanalate.
Alessandro arrivò a Susa dopo la disastrosa marcia nel deserto, nel marzo del 324 a.C. Poco tempo dopo accolse i 30 mila giovani nobili persiani che, secondo le sue istruzioni, avevano imparato il greco ed erano stati addestrati alla guerra secondo lo stile dei Macedoni.
Essi erano il serbatoio di ricambio dei Macedoni che lo avevano assistito fino a quel momento. Li chiamò i “successori”. In quella stessa stagione Alessandro unì in matrimonio, in un’unica cerimonia nuziale, più di 80 alti ufficiali macedoni (e se stesso) con altrettante nobildonne persiane. Egli prese due mogli, una delle quali era una figlia di Dario.
Ormai la Persia era la sua base operativa. E nonostante la battuta d’arresto al fiume Ifasi, cominciava gia a fare progetti per la conquista dell’Arabia, forse di Cartagine, dell’Italia.
Nell’autunno di quell’anno, a Ecbatana, Efestione, il suo amico più caro sin dall’infanzia, morì per una misteriosa malattia. Stordito da tanto dolore, Alessandro pianse l’amico nel modo più violento: fece crocefiggere lo sfortunato medico di Efestione. Ma anche lui non era in buona salute: soffriva per una ferita al petto avuta in India (una delle molte), ed era preda di sbalzi d’umore e di improvvise foliie omicide tipiche di un alcolizzato. All’inizio del 323 a.C., partì per Babilonia, per preparare la spedizione in Arabia. Il 29 maggio, durante il pranzo, fu colpito da un forte dolore all’addome e si ritirò nei suoi quartieri.
Per due settimane fu in preda alla febbre, e anche se riuscì a compiere qualche sacrificio agli dei e a occuparsi di quando in quando delle sue incombenze, non lasciò mai il letto. I soldati, spaventati dalle voci che lo davano gia per morto, insistevano per vederlo.
“I più, per il dolore e per il rimpianto del re, si fecero largo a forza per vedere Alessandro. Dicono che egli, mentre l’esercito gli passava accanto, era gia senza voce, ma salutò ciascuno facendo a fatica un cenno del capo e muovendo gli occhi”, racconta Arriano. Alessandro morì il 10 giugno del 323 a.C. Oggi la scienza attiribuisce la sua morte a diverse cause: il bere, la malattia, un’ulcera perforante. Si è sostenuto recentemente che forse fu stroncato da una rara specie di febbre tifoidea chiamata paralisi ascendente. Si spiegherebbe così l’osservazione delle fonti antiche, secondo cui il suo corpo iniziò a decomporsi solo dopo qualche giorno dopo la morte. A chi gli era vicino, Alessandro sembrò morto prima di spirare davvero. Stava per compiere 33 anni.
Secoli dopo, l’imperatore romano Augusto notò che “Alessandro non si era curato tanto di mettere ordine nell’impero che aveva conquistato, quanto di conquistarlo”. Eppure, il panorama culturale dell’Oriente era cambiato grazie a lui, e la sua morte segnò l’inizio di una nuova era.
L’Età ellenistica, che vide la cultura e la lingua greche diffondersi per tutto l’Oriente, durò dall’anno della sua morte fino al 31 a.C., anno in cui l’Egitto dei Tolomei capitolò di fronte a Roma. Prima di tornare dal fiume Ifasi, si dice che Alessandro avesse costruito un monumento straordinario per celebrare le sue conquiste, del quale tuttavia non è mai stata trovata traccia. Era composto da 12 altari dedicati a una variegata compagnia di dei, greci e orientali, e da un obelisco di rame che recava la semplice scritta: “Alessandro si è fermato qui”.

Richard Gere ha detto...

NON SI ARRIVA PIU’ ALLA FINE DEL MESE

Tempi duri, tempi di vacche magre, anzi, magrissime! Non passa giorno che andando a far spesa, ci si trovi a combattere con il continuo, inesorabile, aumento dei prezzi che, qualora attacchi i beni voluttuari, pazienza, ce ne potremmo fare una ragione rinunciandovi. Quando però, i prezzi in ascesa riguardano beni di prima necessità come, ad esempio, il pane quotidiano, o la pasta, allora è proprio il caso di prendere, come si dice, “il toro per le corna”.
E questo per non finire travolti da continui, e troppo spesso, aumenti ingiustificati.
Il prezzo del pane è di ben quindici volte superiore a quello del grano che attualmente viene pagato agli agricoltori su valori simili a quelli di quindici anni fa dopo essere costantemente diminuiti.
E’ quanto afferma la Coldiretti che considera ingiustificati i rincari fino al 20 % per pasta e pane, sulla base dell’andamento di mercato dei cereali. Per ogni euro speso in pasta fresca non più di 5 centesimi servono per pagare il grano prodotto dagli agricoltori a conferma di come sia strumentale imputare ai prodotti agricoli la responsabilità di aumenti così rilevanti al consumo.
Vale la pena ricordare, precisa la Coldiretti, che con un chilo di grano dal prezzo di circa 21 centesimi al chilo si riesce a produrre con la trasformazione in farina e con l’aggiunta d’acqua, un chilo di pane che viene venduto ai cittadini, a valori variabili da 2,5 Euro al chilo per il pane comune a 5 Euro e oltre per i pani più elaborati, con prezzi ancora molto più alti per i dolci.
Se poi consideriamo che, da una breve indagine, alcuni panettieri di Alessandria non tengono neppure il pane “semplice”, va da sé che il rincaro di massa deciso a tavolino dai panificatori suona come una beffa.
Ma i rincari annunciati non trovano giustificazione neanche in una presunta mancanza di cereali Made in Italy in quanto secondo l’ultima rilevazione Ismea la produzione di frumento duro nel 2007 in Italia, riferisce la Coldiretti, è aumentata rispetto allo scorso anno dello 0,9 % per 4,13 milioni di tonnellate, mentre per il grano tenero l’aumento è dello 0,6 % per una produzione di 3,23 milioni di tonnellate. Il rischio è che gli allarmi servano, sostiene la Coldiretti, a coprire la volontà di aumentare le importazioni dall’estero di prodotti da spacciare come Made in Italy a fini speculativi in assenza di una adeguata informazione di etichetta.
Per questo la Coldiretti chiede l’immediata applicazione della legge 204/2004 sostenuta dalla raccolta di 1,5 milioni di firme di cittadini per indicare in etichetta la provenienza dei prodotti agricoli impiegati negli alimenti e consentire scelte di acquisto consapevoli anche a vantaggio della rintracciabilità delle produzioni dopo i recenti allarmi sanitari.
Le stime preliminari sull’inflazione di settembre fornite dall’Istat, registrano un aumento generalizzato dei prezzi nel settore alimentare. Il fatto clamoroso è che se ne sia accorta persino l’Istat, denunciano Adoc, Adusbef, Codacons e Ferconsumatori, i quali sostengono che, per la prima volta, anche l’Istat conferma gli allarmi lanciati dalle organizzazioni dei consumatori.
In particolare, pane e cereali hanno registrato a settembre un aumento tendenziale del 4,5 %, mentre per il pane, l’incremento è stato del 7,3 % e per la pasta del 4,5 %. Per quanto riguarda le carni, il pollame ha segnato un 6,7 % tendenziale a settembre, mentre il latte ha registrato un più 3,4 %.
E’ noto, sottolineano le associazioni dei consumatori, che l’Istat tende piuttosto a sottostimare le variazioni al rialzo dei prezzi e il fatto che questa volta l’Istat concordi sostanzialmente con le stime delle associazioni lanciato nelle settimane scorse vuol dire che l’allarme è tutt’altro che infondato.
Le quattro associazioni concludono il comunicato sollecitando il Governo a decretare al più presto l’emergenza prezzi intervenendo con ogni strumento a sua disposizione per salvare migliaia di famiglie dalla bancarotta.

Richard Gere ha detto...

L’ITALIA DEGLI AUMENTI

LE NUOVE CARTE: L’IDENTITA’ ELETTRONICA? “PIU’ CARA DEL 300 %”
Una crisi d’identità quella della carta magnetica che, nei progetti, conterrà tutti i nostri dati personali: “E’ carissima”. Questo è l’allarme lanciato dai consumatori. Se prima bastavano 5,42 euro, più i soldi per la fototessera per ottenere la vecchia carta d’identità, ora ce ne vogliono più di 20. “L’aumento è del 300 %”, denuncia Vincenzo Convito, presidente di Aduc. Ma la crisi è dovuta anche ai tempi: dal primo gennaio 2006 le anagrafi avrebbero dovuto essere in grado di consegnare i nuovi documenti elettronici (potenzialmente disponibili per 30 milioni di cittadini), in realtà al momento ne sono in circolazione solo alcune centinaia di migliaia. E ora è arrivato il decreto del governo (dell’8 novembre) che detta le regole di sicurezza della carta e ne conferma il prezzo già fissato: costerà 20 euro più 5,42 euro per diritti di segreteria. Qualcuno la carta elettronica intelligente ce l’ha: sono i cittadini che vivono nei comuni che hanno fatto da apripista nella sperimentazione. Altri avrebbero dovuto averla, ma nei loro comuni le anagrafi non erano ancora pronte. A Milano, come in altre città, bisogna prenotarla.
Otto centimetri di lunghezza in cui entrano i dati personali, il codice fiscale, residenza, cittadinanza, la data del rilascio e la data di scadenza, la firma del titolare, la fotografia ed eventuale validità ai fini dell’espatrio. Secondo il Ministero, funzionerà anche come una carta di servizi, grazie alla quale, in futuro, potremo pagare multe o ticket sanitari, oppure votare. Ma quanto tempo è valida? A differenza della vecchia, che aveva 5 anni di validità, la nuova dura più a lungo: 10 anni. Tre codici segreti garantiscono, inoltre, la tutela di tutti i dati personali inseriti.

BIGLIETTI FERROVIARI: ALTRI RINCARI SUI TRENI DA GENNAIO IL 5 % IN PIU’
Una nuova ondata di rincari peserà su chi deve viaggiare in treno. Da gennaio, infatti, i biglietti subiranno un ulteriore aumento del 5 %, dopo quello del 10 attuato nell’inizio di quest’anno. A darne la conferma è stato lo stesso amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti. In un anno, il costo del trasporto ferroviario lieviterà del 15 %.
Immediata la reazione delle associazione dei consumatori, che lamentano aumenti persino maggiori “con punte anche superiori al 20 %”. E annunciano che ricorreranno al Tar. Per Adusbef e Codacons si tratterà, infatti, di 50-60 euro annui di rincari, che si aggiungono a un’altra raffica di incrementi ferroviari scattati negli ultimi dodici mesi, tra cui le tariffe dei pendolari e la soppressione di alcuni treni.

IN SALITA DEL 150 %: REVISIONI DELLE AUTO A 65 EURO
Lo chiamano adeguamento, in realtà è un altro salasso per gli automobilisti. Il pagamento della revisione delle auto passa da 25,82 euro a 45. Ma se questi si aggiungono l’Iva al 20 %, 9 euro di diritti ministeriali e 1,7 euro per il versamento postale, si arriva a 64,70: oltre il 150 % in più. Il sottosegretario ai Trasporti Annunziata, che ha spinto per il provvedimento entrato in vigore il 20 ottobre, lo ha definito “un atto di coraggio”.
La misura, secondo il governo, dovrebbe consentire all’Italia di adeguare i costi alla media europea. Ma in Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Svizzera le spese sono notevolmente inferiori: in Inghilterra, si pagano 61,82 euro, ma a parità di potere d’acquisto corrispondono a 35-40 per noi. Inoltre il servizio garantito negli altri Paesi è totalmente diverso, a cominciare dai controlli sui Centri che effettuano le revisioni: in Germania, per esempio, chi sbaglia chiude; in Italia, invece, non solo le Province sono meno rigide, ma i Centri di revisione (attualmente 5623) continuano ad aumentare in misura esponenziale. Proprio i tedeschi, poi, permettono di portare le vetture a un livello di “euro accettabilità” semplicemente applicando catalizzatori e filtri antiparticolato: con meno di 50 euro, si può evitare la rottamazione.

Richard Gere ha detto...

RI-PARTIRE

Le analisi su un Paese sfiduciato e quasi stremato per l’interminabile viaggio nella transizione, sono tante e ormai debordanti, così come è la triste realtà che ciò avviene senza una guida morale e una politica autorevole.
Da anni ci si spreca nella ricerca, di soluzioni a volte nelle riforme istituzionali, a volte nelle riforme economiche e sociali, con fiumi di parole, ma i passi avanti sono risibili e il sistema Italia continua a perdere tempo prezioso.
Siamo entrati in una fase storica caratterizzata da cambiamenti radicali nell’economia e nella geopolitica che richiedono, in particolare ai Paesi storicamente sviluppati, profondi cambiamenti della loro struttura economica e sociale. In quasi dieci anni, quelli utili per adeguarci, abbiamo avuto nella nostra classe dirigente, medici pietosi che per insipienza culturale e grette convenienze elettorali, non hanno saputo o voluto parlare al Paese con responsabilità, dire la verità sul futuro, proporre una nuova visione dello sviluppo.
Questo ha prodotto l’illusione che si trattasse ancora di crisi congiunturale, una delle tante alle quali eravamo abituati da sempre. Mentre invece eravamo entrati in una fase di cambiamenti pari a quelli dell’avvento dell’industrializzazione, cambiamenti che avrebbero nuovamente modificato la fisionomia e la geografia dello sviluppo.
La mancanza di lungimiranza, di una grande operazione verità e di chiarezza culturale ha accentuato atteggiamenti difensivi comprensibili, ma dannosi per il bene comune e le scelte, orientate dalle lobby forti e protette, hanno contenuto l’aggiustamento e accentuato la frattura sociale e generazionale della società. Hanno impedito la necessaria riorganizzazione della destinazione strategica delle risorse.
Nasce da questo ritardo lo stato di impasse nel quale ancora oggi ci troviamo e che genera giorno dopo giorno frantumazione, confusione e frustrazione in ampi settori della società. Una situazione in cui l’agenda dei temi viene dettata da fattori esterni e contingenti e quasi mai dalle “scelte” della classe politica incalzata ormai da pressioni sempre meno gestibili.
Il sistema produttivo che in un primo momento si era smarrito ascoltando le sciocche sirene del pericolo giallo, ha capito che non serviva piangere e invocare il protezionismo, la svalutazione tecnica della liretta che non c’era più e doveva competere e vincere sui mercati come sempre ha saputo fare. Dopo una pesante ristrutturazione è ripartito, da solo, senza il sistema Italia alle spalle anzi portandosi dietro il peso della zavorra di una fiscalità pesante e antiquata nella sua struttura, di una pubblica amministrazione, pesante, ridondante e barocca, di un sistema bancario che ha tardato anch’esso a ristrutturarsi entrando nella competizione in modo adeguato. Ma quanto può reggere questo sforzo se il sistema Paese non supporta il sistema produttivo liberandolo dai tanti vincoli e mettendolo in condizioni di parità competitive almeno con i paesi dell’Unione?
La cosiddetta crisi della politica, fenomeni alla Grillo, la freddezza e il disinteresse crescente verso la classe politica non sono antipolitica ma figli di questa storia di divaricazione con le forze reali del Paese. Questo è lo spazio da recuperare con obiettivi precisi e scelte coraggiose su alcuni temi si fondo quali su un piano di progressiva riduzione del peso fiscale su impresa e lavoro che ci allinei al resto dei paesi europei, una riorganizzazione delle protezioni sociali meno diseguali e più universali per poter liberare il mercato del lavoro dalle troppe rigidità legate al posto di lavoro anziché al diritto al lavoro e un rigoroso piano per la legalità e la sicurezza con sullo sfondo uno Stato più leggero e meno oneroso.
Ora e da qui è tempo di ri-partire perché ormai è tardi, troppo tardi per stare ancora fermi. La vicenda del Partito Democratico che anima la vita politica di queste settimane potrebbe rappresentare una opportunità se riuscisse a caratterizzarsi su questi temi producendo un salto in avanti deciso del profilo liberal democratico della politica italiana. Ne guadagnerebbe anche la qualità del confronto tra gli schieramenti che sarebbero chiamati a misurarsi su temi veri del futuro del Paese, sulle nuove ideologie del nostro tempo, piuttosto che sulle reminescenze della paleontologia delle ideologie di inizio secolo novecento parlando di cose che non esistono più. Forse anche la società ritroverebbe il gusto di partecipare, di mobilitarsi, di dividersi per problemi che sente reali, scottanti, importanti.

Richard Gere ha detto...

SPETTACOLI IN CITTADELLA

La Cittadella di Alessandria al centro dell’attenzione. Il nostro gioiello più prezioso diventa sempre più parte integrante della città, passando da fortezza a sito culturale: a questo scopo l’A.T.A., su incarico del Comune, ha confezionato una stagione estiva fatta di 6 grandi appuntamenti, tutti all’interno dell’ex area militare, che potrà essere goduta in tutta la sua bellezza, esterna ed interna, visto che fino a fine agosto ospita la Biennale di Videofotografia.
Ma parliamo di questo golosissimo programma (24 giugno – 27 luglio), confezionato dallo staff del Teatro guidato dalla presidente Elvira Mancuso, che ha detto: “Per noi è stato un onore individuare grandi produzioni, capaci di inserirsi nel magico scenario di una città diversa che conosce l’importanza di avere finalmente recuperato un bene tanto grande. Uno spettacolo nello spettacolo”.
Si inaugura martedì 24 giugno con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, con la superstar e 15 musicisti, tutti grandi solisti del proprio strumento, che ha girato il mondo toccando i 4 continenti..
Il secondo appuntamento è per lunedì 30 giugno con la compagnia Diavolo Dance Theater, che porta in scena “Dreamcatcher”, viaggio immaginario attraverso la fede basato su una leggenda degli indiani d’America.
Terza data giovedì 10 luglio, quando Alessandro Preziosi sarà il protagonista di Amleto, affiancato da interpreti di prima grandezza quali Franco Branciaroli (Claudio), Carla Cassola (Gertrude) e Silvio Orlando (Polonio).
Due giorni dopo sabato 12 luglio, l’appuntamento è gratuito con la Banda dell’Esercito, imponente complesso musicale che ha suonato in quasi tutte le città italiane, nelle piazze principali, nelle sale e nei teatri.
Si torna al teatro mercoledì 23 luglio, quando la Compagnia della Rancia metterà in scena High School Musical, tratto dal “Disney Channel Original Movie” con 22 interpreti giovanissimi, alcuni nella loro prima esperienza teatrale, che ballano e cantano dal vivo in italiano.
Gran chiusura domenica 27 luglio con il concerto del Maestro Giovanni Allievi, genio vivente della musica, accompagnata dall’orchestra sinfonica” I virtuosi italiani”. L’ incontro tra il compositore e l’orchestra sinfonica rappresenta il segno di una volontà di rinnovamento del repertorio della musica colta, mantenendone immutati i valori di qualità, di ricerca della perfezione e del bello.
Chiudiamo col sindaco Piercarlo Fabbio, che alla presentazione ha definito questo evento “La città deve portarci dentro la Cittadella perché se non leghiamo queste due realtà rimaniamo fermi nel tempo”. E allora muoviamoci, e buon divertimento.
Inzio spettacoli ore 21.30. Biglietti: paltea euro 20,00, tribuna euro 15,00.
Prevendita tutti i giorni dalla 18.00 alle 22.00 presso il Teatro Comunale di Alessandria e il Teatro Sociale di Valenza. Nelle sere di spettacolo (eccetto il 12 luglio) una navetta gratuita collegherà Valenza con la Cittadella. Per l’utilizzo gli spettatori devono rivolgersi alle biglietterie dei Teatri fino ad una settimana prima delle date previste.
.Info: Teatro Comunale di Alessandria, Viale della Repubblica; Teatro Sociale di Valenza, Corso Garibaldi 58 Valenza (AL); A.T.A. Srl tel. 0131/234266.

Richard Gere ha detto...

RI-PARTIRE

Le analisi su un Paese sfiduciato e quasi stremato per l’interminabile viaggio nella transizione, sono tante e ormai debordanti, così come è la triste realtà che ciò avviene senza una guida morale e una politica autorevole.
Da anni ci si spreca nella ricerca, di soluzioni a volte nelle riforme istituzionali, a volte nelle riforme economiche e sociali, con fiumi di parole, ma i passi avanti sono risibili e il sistema Italia continua a perdere tempo prezioso.
Siamo entrati in una fase storica caratterizzata da cambiamenti radicali nell’economia e nella geopolitica che richiedono, in particolare ai Paesi storicamente sviluppati, profondi cambiamenti della loro struttura economica e sociale. In quasi dieci anni, quelli utili per adeguarci, abbiamo avuto nella nostra classe dirigente, medici pietosi che per insipienza culturale e grette convenienze elettorali, non hanno saputo o voluto parlare al Paese con responsabilità, dire la verità sul futuro, proporre una nuova visione dello sviluppo.
Questo ha prodotto l’illusione che si trattasse ancora di crisi congiunturale, una delle tante alle quali eravamo abituati da sempre. Mentre invece eravamo entrati in una fase di cambiamenti pari a quelli dell’avvento dell’industrializzazione, cambiamenti che avrebbero nuovamente modificato la fisionomia e la geografia dello sviluppo.
La mancanza di lungimiranza, di una grande operazione verità e di chiarezza culturale ha accentuato atteggiamenti difensivi comprensibili, ma dannosi per il bene comune e le scelte, orientate dalle lobby forti e protette, hanno contenuto l’aggiustamento e accentuato la frattura sociale e generazionale della società. Hanno impedito la necessaria riorganizzazione della destinazione strategica delle risorse.
Nasce da questo ritardo lo stato di impasse nel quale ancora oggi ci troviamo e che genera giorno dopo giorno frantumazione, confusione e frustrazione in ampi settori della società. Una situazione in cui l’agenda dei temi viene dettata da fattori esterni e contingenti e quasi mai dalle “scelte” della classe politica incalzata ormai da pressioni sempre meno gestibili.
Il sistema produttivo che in un primo momento si era smarrito ascoltando le sciocche sirene del pericolo giallo, ha capito che non serviva piangere e invocare il protezionismo, la svalutazione tecnica della liretta che non c’era più e doveva competere e vincere sui mercati come sempre ha saputo fare. Dopo una pesante ristrutturazione è ripartito, da solo, senza il sistema Italia alle spalle anzi portandosi dietro il peso della zavorra di una fiscalità pesante e antiquata nella sua struttura, di una pubblica amministrazione, pesante, ridondante e barocca, di un sistema bancario che ha tardato anch’esso a ristrutturarsi entrando nella competizione in modo adeguato. Ma quanto può reggere questo sforzo se il sistema Paese non supporta il sistema produttivo liberandolo dai tanti vincoli e mettendolo in condizioni di parità competitive almeno con i paesi dell’Unione?
La cosiddetta crisi della politica, fenomeni alla Grillo, la freddezza e il disinteresse crescente verso la classe politica non sono antipolitica ma figli di questa storia di divaricazione con le forze reali del Paese. Questo è lo spazio da recuperare con obiettivi precisi e scelte coraggiose su alcuni temi si fondo quali su un piano di progressiva riduzione del peso fiscale su impresa e lavoro che ci allinei al resto dei paesi europei, una riorganizzazione delle protezioni sociali meno diseguali e più universali per poter liberare il mercato del lavoro dalle troppe rigidità legate al posto di lavoro anziché al diritto al lavoro e un rigoroso piano per la legalità e la sicurezza con sullo sfondo uno Stato più leggero e meno oneroso.
Ora e da qui è tempo di ri-partire perché ormai è tardi, troppo tardi per stare ancora fermi. La vicenda del Partito Democratico che anima la vita politica di queste settimane potrebbe rappresentare una opportunità se riuscisse a caratterizzarsi su questi temi producendo un salto in avanti deciso del profilo liberal democratico della politica italiana. Ne guadagnerebbe anche la qualità del confronto tra gli schieramenti che sarebbero chiamati a misurarsi su temi veri del futuro del Paese, sulle nuove ideologie del nostro tempo, piuttosto che sulle reminescenze della paleontologia delle ideologie di inizio secolo novecento parlando di cose che non esistono più. Forse anche la società ritroverebbe il gusto di partecipare, di mobilitarsi, di dividersi per problemi che sente reali, scottanti, importanti.

Richard Gere ha detto...

SPETTACOLI IN CITTADELLA

La Cittadella di Alessandria al centro dell’attenzione. Il nostro gioiello più prezioso diventa sempre più parte integrante della città, passando da fortezza a sito culturale: a questo scopo l’A.T.A., su incarico del Comune, ha confezionato una stagione estiva fatta di 6 grandi appuntamenti, tutti all’interno dell’ex area militare, che potrà essere goduta in tutta la sua bellezza, esterna ed interna, visto che fino a fine agosto ospita la Biennale di Videofotografia.
Ma parliamo di questo golosissimo programma (24 giugno – 27 luglio), confezionato dallo staff del Teatro guidato dalla presidente Elvira Mancuso, che ha detto: “Per noi è stato un onore individuare grandi produzioni, capaci di inserirsi nel magico scenario di una città diversa che conosce l’importanza di avere finalmente recuperato un bene tanto grande. Uno spettacolo nello spettacolo”.
Si inaugura martedì 24 giugno con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, con la superstar e 15 musicisti, tutti grandi solisti del proprio strumento, che ha girato il mondo toccando i 4 continenti..
Il secondo appuntamento è per lunedì 30 giugno con la compagnia Diavolo Dance Theater, che porta in scena “Dreamcatcher”, viaggio immaginario attraverso la fede basato su una leggenda degli indiani d’America.
Terza data giovedì 10 luglio, quando Alessandro Preziosi sarà il protagonista di Amleto, affiancato da interpreti di prima grandezza quali Franco Branciaroli (Claudio), Carla Cassola (Gertrude) e Silvio Orlando (Polonio).
Due giorni dopo sabato 12 luglio, l’appuntamento è gratuito con la Banda dell’Esercito, imponente complesso musicale che ha suonato in quasi tutte le città italiane, nelle piazze principali, nelle sale e nei teatri.
Si torna al teatro mercoledì 23 luglio, quando la Compagnia della Rancia metterà in scena High School Musical, tratto dal “Disney Channel Original Movie” con 22 interpreti giovanissimi, alcuni nella loro prima esperienza teatrale, che ballano e cantano dal vivo in italiano.
Gran chiusura domenica 27 luglio con il concerto del Maestro Giovanni Allievi, genio vivente della musica, accompagnata dall’orchestra sinfonica” I virtuosi italiani”. L’ incontro tra il compositore e l’orchestra sinfonica rappresenta il segno di una volontà di rinnovamento del repertorio della musica colta, mantenendone immutati i valori di qualità, di ricerca della perfezione e del bello.
Chiudiamo col sindaco Piercarlo Fabbio, che alla presentazione ha definito questo evento “La città deve portarci dentro la Cittadella perché se non leghiamo queste due realtà rimaniamo fermi nel tempo”. E allora muoviamoci, e buon divertimento.
Inzio spettacoli ore 21.30. Biglietti: paltea euro 20,00, tribuna euro 15,00.
Prevendita tutti i giorni dalla 18.00 alle 22.00 presso il Teatro Comunale di Alessandria e il Teatro Sociale di Valenza. Nelle sere di spettacolo (eccetto il 12 luglio) una navetta gratuita collegherà Valenza con la Cittadella. Per l’utilizzo gli spettatori devono rivolgersi alle biglietterie dei Teatri fino ad una settimana prima delle date previste.
.Info: Teatro Comunale di Alessandria, Viale della Repubblica; Teatro Sociale di Valenza, Corso Garibaldi 58 Valenza (AL); A.T.A. Srl tel. 0131/234266.SPETTACOLI IN CITTADELLA

La Cittadella di Alessandria al centro dell’attenzione. Il nostro gioiello più prezioso diventa sempre più parte integrante della città, passando da fortezza a sito culturale: a questo scopo l’A.T.A., su incarico del Comune, ha confezionato una stagione estiva fatta di 6 grandi appuntamenti, tutti all’interno dell’ex area militare, che potrà essere goduta in tutta la sua bellezza, esterna ed interna, visto che fino a fine agosto ospita la Biennale di Videofotografia.
Ma parliamo di questo golosissimo programma (24 giugno – 27 luglio), confezionato dallo staff del Teatro guidato dalla presidente Elvira Mancuso, che ha detto: “Per noi è stato un onore individuare grandi produzioni, capaci di inserirsi nel magico scenario di una città diversa che conosce l’importanza di avere finalmente recuperato un bene tanto grande. Uno spettacolo nello spettacolo”.
Si inaugura martedì 24 giugno con Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana, con la superstar e 15 musicisti, tutti grandi solisti del proprio strumento, che ha girato il mondo toccando i 4 continenti..
Il secondo appuntamento è per lunedì 30 giugno con la compagnia Diavolo Dance Theater, che porta in scena “Dreamcatcher”, viaggio immaginario attraverso la fede basato su una leggenda degli indiani d’America.
Terza data giovedì 10 luglio, quando Alessandro Preziosi sarà il protagonista di Amleto, affiancato da interpreti di prima grandezza quali Franco Branciaroli (Claudio), Carla Cassola (Gertrude) e Silvio Orlando (Polonio).
Due giorni dopo sabato 12 luglio, l’appuntamento è gratuito con la Banda dell’Esercito, imponente complesso musicale che ha suonato in quasi tutte le città italiane, nelle piazze principali, nelle sale e nei teatri.
Si torna al teatro mercoledì 23 luglio, quando la Compagnia della Rancia metterà in scena High School Musical, tratto dal “Disney Channel Original Movie” con 22 interpreti giovanissimi, alcuni nella loro prima esperienza teatrale, che ballano e cantano dal vivo in italiano.
Gran chiusura domenica 27 luglio con il concerto del Maestro Giovanni Allievi, genio vivente della musica, accompagnata dall’orchestra sinfonica” I virtuosi italiani”. L’ incontro tra il compositore e l’orchestra sinfonica rappresenta il segno di una volontà di rinnovamento del repertorio della musica colta, mantenendone immutati i valori di qualità, di ricerca della perfezione e del bello.
Chiudiamo col sindaco Piercarlo Fabbio, che alla presentazione ha definito questo evento “La città deve portarci dentro la Cittadella perché se non leghiamo queste due realtà rimaniamo fermi nel tempo”. E allora muoviamoci, e buon divertimento.
Inzio spettacoli ore 21.30. Biglietti: paltea euro 20,00, tribuna euro 15,00.
Prevendita tutti i giorni dalla 18.00 alle 22.00 presso il Teatro Comunale di Alessandria e il Teatro Sociale di Valenza. Nelle sere di spettacolo (eccetto il 12 luglio) una navetta gratuita collegherà Valenza con la Cittadella. Per l’utilizzo gli spettatori devono rivolgersi alle biglietterie dei Teatri fino ad una settimana prima delle date previste.
.Info: Teatro Comunale di Alessandria, Viale della Repubblica; Teatro Sociale di Valenza, Corso Garibaldi 58 Valenza (AL); A.T.A. Srl tel. 0131/234266.

Richard Gere ha detto...

QUESTIONARIO SULLA GRANDE STORIA DEL MILAN


1) Quale fu il primo nome dato al Milan?

A) Mediolanum
B) Milan Football Club
C) Milan Cricket & Football Club


2) In quale stadio il Milan giocò le sue prime partite?

A) Stadio Trotter
B) Stadio Acquabella
C) Stadio San Siro


3) In quale stagione il Milan vinse il suo primo scudetto?

A) 1900/01
B) 1901/02
C) 1905/06


4) Dopo il terzo scudetto, per quanti anni il Milan rimase senza vincere nulla?

A) 10 anni
B) 40 anni
C) 44 anni


5) Quando è datata la prima vittoria milanista in un derby?

A) 1910
B) 1930
C) 1938
D) 1909







6) Da che squadra era stato prelevato Gianni Rivera, che divenne poi una bandiera del Milan?

A) Pro Vercelli
B) Alessandria
C) Biellese


7) Chi segnò l’ultimo gol nel mitico 5-0 della semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid nel 1988/89?

A) Gullit
B) Donadoni
C) Van Basten


8) Quante presenze ha collezionato Franco Baresi in rossonero?

A) 500
B) 532
C) 601


9) Chi fu il primo presidente dei rossoneri?

A) Kilpin
B) Edwards
C) Pirelli


10) Qual è la data di fondazione del Milan?

A) 16 dicembre 1899
B) 16 novembre 1899
C) 16 gennaio 1900


11) Quale fu la prima partita disputata dal Milan?

A) Milan-Juventus
B) Milan-Mediolanum
C) Milan-Genoa
D) Torinese-Milan







12) Oltre alla camicetta, ai pantaloni e ai calzettoni, quale era l’altro capo di abbigliamento della divisa ufficiale del primo Milan?

A) Un cappello bianco
B) Una fascia per capelli
C) Un cappello a righe


13) Chi fu il primo portiere a difendere la porta del Milan in campionato?

A) Hood
B) Buffon
C) Kilpin


14) Quale era il soprannome del terzino sinistro Renzo De Vecchi?

A) Figlio di Dio
B) Mezzo sinistro
C) Mancino di fuoco


15) Quante reti segnò il belga Van Hege nelle sue sette stagioni giocate in rossonero?

A) 18
B) 100
C) 78
D) 98


16) In che data venne inaugurato lo stadio di San Siro?

A) 19 settembre 1921
B) 19 settembre 1926
C) 19 settembre 1935


17) Da che anno i milanisti assunsero il soprannome di “diavoli rossoneri”?

A) 1899
B) 1950
C) 1938


18) Chi fu il primo presidente del Milan dopo la sospensione delle attività sportive a causa della guerra mondiale?

A) Busini
B) Trabattoni
C) Pirelli


19) Quale era il soprannome dell’attaccante Ettore Puricelli?

A) Rombo di tuono
B) Testina d’oro
C) Cobra


20) Come era soprannominato Nordahl, forte straniero del Milan degli anni Cinquanta?


A) Il Torello
B) Il Gigante
C) Il Pompierone


21) Nordahl come segnò il suo primo gol in rossonero?

A) In rovesciata
B) Di testa
C) Su rigore


22) Come veniva chiamato il trio svedese che fece grande il Milan negli anni Cinquanta?

A) Gre-No-Li
B) Li-Gre-No
C) Bu-Li-No


23) Quale è stata la prima coppa internazionale vinta dal Milan?

A) Coppa del Re
B) Coppa Latina
C) Coppa delle Fiere
D) Coppa Federale


24) Contro quale squadra è stata vinta la 1° Coppa Latina?

A) Atletico Bilbao
B) Glasgow Rangers
C) Real Madrid
D) Lilla







25) Di che nazionalità era l’attaccante Schiaffino?

A) Argentino
B) Brasiliano
C) Uruguaiano


26) In che modo abbastanza particolare il Milan ha festeggiato il quinto scudetto?

A) Con una festa in Piazza Duomo
B) Con un’amichevole contro la Honved
C) Con un’amichevole contro la Juventus


27) Come veniva soprannominato il tecnico Giuseppe Viani?

A) Lo Sceriffo
B) Il Paron
C) Il Barone


28) Quanti scudetti vinse Lorenzo Buffon con la maglia rossonera del Milan?

A) Nessuno
B) 5
C) 4


29) Quanti gol segnò in rossonero l’attaccante Josè Altafini?

A) 50
B) 100
C) 120
D) 161


30) Quante Coppe dei Campioni ha vinto Gianni Rivera con il Milan?


A) Nessuna
B) 1
C) 2


31) Il tecnico Nereo Rocco ha allenato il Milan in tre distinte parentesi. Quali?


A) 1961/63; 1967/74; 1976/78
B) 1959/63; 1969/75; 1976/80
C) 1961/65; 1967/78; 1979/80


32) In che anno Silvio Berlusconi rilevò il Milan?

A) 1980
B) 1986
C) 1990


33) In che anno Ruud Gullit passò al Milan?

A) 1990/91
B) 1987/88
C) 1986/87


34) Quante volte l’attaccante olandese Marco Van Basten ha vinto il Pallone d’Oro?

A) Nessuna
B) 1
C) 3


35) Quanti scudetti vinse Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan?

A) Nessuno
B) 1
C) 3


36) Con che risultato finì la finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua del 1988/89?


A) 1-0 per il Milan
B) 4-0 per il Milan
C) 1-0 per lo Steaua


37) Il Milan contro chi giocò la finale della Coppa Intercontinentale nel 1989?


A) Atletico Medellin
B) Boca Junior
C) Estudiantes
D) Olimpia Assuncion






38) Di che nazionalità è Dejan Savicevic , fantasista del Milan degli anni ’90?

A) Montenegrina
B) Rumena
C) Croata


39) Qual è la partita n° 1000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Venezia
B) Fiorentina-Milan
C) Milan-Juventus


40) Qual è la partita n° 2000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Inter
B) Roma-Milan
C) Milan-Lazio
D) Milan-Palermo


41) Qual’ è il giocatore del Milan che vanta il maggior numero di presenze con la maglia rossonera?

A) Paolo Maldini
B) Cesare Maldini
C) Gianni Rivera
D) Nils Liedholm


42) Quali tra questi giocatori del Milan non è nato ad Alessandria?

A) Romeo Benetti
B) Gianni Rivera
C) Salvatore Daino
D) Riccardo Sogliano


43) Quanti trofei internazionali ha vinto il Milan ?

A) 19
B) 18
C) 21
D) 10

44) Quanti trofei nazionali ha vinto il Milan?

A) 28
B) 18
C) 30
D) 10

45) Qual è la squadra con piu’ trofei internazionali vinti nel mondo?

A) Milan
B) Boca Junior
C) Juventus
D) Real Madrid





















QUESTIONARIO SULLA GRANDE STORIA DEL MILAN


1) Quale fu il primo nome dato al Milan?

A) Mediolanum
B) Milan Football Club
C) Milan Cricket & Football Club


2) In quale stadio il Milan giocò le sue prime partite?

A) Stadio Trotter
B) Stadio Acquabella
C) Stadio San Siro


3) In quale stagione il Milan vinse il suo primo scudetto?

A) 1900/01
B) 1901/02
C) 1905/06


4) Dopo il terzo scudetto, per quanti anni il Milan rimase senza vincere nulla?

A) 10 anni
B) 40 anni
C) 44 anni


5) Quando è datata la prima vittoria milanista in un derby?

A) 1910
B) 1930
C) 1938
D) 1909







6) Da che squadra era stato prelevato Gianni Rivera, che divenne poi una bandiera del Milan?

A) Pro Vercelli
B) Alessandria
C) Biellese


7) Chi segnò l’ultimo gol nel mitico 5-0 della semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid nel 1988/89?

A) Gullit
B) Donadoni
C) Van Basten


8) Quante presenze ha collezionato Franco Baresi in rossonero?

A) 500
B) 532
C) 601


9) Chi fu il primo presidente dei rossoneri?

A) Kilpin
B) Edwards
C) Pirelli


10) Qual è la data di fondazione del Milan?

A) 16 dicembre 1899
B) 16 novembre 1899
C) 16 gennaio 1900


11) Quale fu la prima partita disputata dal Milan?

A) Milan-Juventus
B) Milan-Mediolanum
C) Milan-Genoa
D) Torinese-Milan







12) Oltre alla camicetta, ai pantaloni e ai calzettoni, quale era l’altro capo di abbigliamento della divisa ufficiale del primo Milan?

A) Un cappello bianco
B) Una fascia per capelli
C) Un cappello a righe


13) Chi fu il primo portiere a difendere la porta del Milan in campionato?

A) Hood
B) Buffon
C) Kilpin


14) Quale era il soprannome del terzino sinistro Renzo De Vecchi?

A) Figlio di Dio
B) Mezzo sinistro
C) Mancino di fuoco


15) Quante reti segnò il belga Van Hege nelle sue sette stagioni giocate in rossonero?

A) 18
B) 100
C) 78
D) 98


16) In che data venne inaugurato lo stadio di San Siro?

A) 19 settembre 1921
B) 19 settembre 1926
C) 19 settembre 1935


17) Da che anno i milanisti assunsero il soprannome di “diavoli rossoneri”?

A) 1899
B) 1950
C) 1938


18) Chi fu il primo presidente del Milan dopo la sospensione delle attività sportive a causa della guerra mondiale?

A) Busini
B) Trabattoni
C) Pirelli


19) Quale era il soprannome dell’attaccante Ettore Puricelli?

A) Rombo di tuono
B) Testina d’oro
C) Cobra


20) Come era soprannominato Nordahl, forte straniero del Milan degli anni Cinquanta?


A) Il Torello
B) Il Gigante
C) Il Pompierone


21) Nordahl come segnò il suo primo gol in rossonero?

A) In rovesciata
B) Di testa
C) Su rigore


22) Come veniva chiamato il trio svedese che fece grande il Milan negli anni Cinquanta?

A) Gre-No-Li
B) Li-Gre-No
C) Bu-Li-No


23) Quale è stata la prima coppa internazionale vinta dal Milan?

A) Coppa del Re
B) Coppa Latina
C) Coppa delle Fiere
D) Coppa Federale


24) Contro quale squadra è stata vinta la 1° Coppa Latina?

A) Atletico Bilbao
B) Glasgow Rangers
C) Real Madrid
D) Lilla







25) Di che nazionalità era l’attaccante Schiaffino?

A) Argentino
B) Brasiliano
C) Uruguaiano


26) In che modo abbastanza particolare il Milan ha festeggiato il quinto scudetto?

A) Con una festa in Piazza Duomo
B) Con un’amichevole contro la Honved
C) Con un’amichevole contro la Juventus


27) Come veniva soprannominato il tecnico Giuseppe Viani?

A) Lo Sceriffo
B) Il Paron
C) Il Barone


28) Quanti scudetti vinse Lorenzo Buffon con la maglia rossonera del Milan?

A) Nessuno
B) 5
C) 4


29) Quanti gol segnò in rossonero l’attaccante Josè Altafini?

A) 50
B) 100
C) 120
D) 161


30) Quante Coppe dei Campioni ha vinto Gianni Rivera con il Milan?


A) Nessuna
B) 1
C) 2


31) Il tecnico Nereo Rocco ha allenato il Milan in tre distinte parentesi. Quali?


A) 1961/63; 1967/74; 1976/78
B) 1959/63; 1969/75; 1976/80
C) 1961/65; 1967/78; 1979/80


32) In che anno Silvio Berlusconi rilevò il Milan?

A) 1980
B) 1986
C) 1990


33) In che anno Ruud Gullit passò al Milan?

A) 1990/91
B) 1987/88
C) 1986/87


34) Quante volte l’attaccante olandese Marco Van Basten ha vinto il Pallone d’Oro?

A) Nessuna
B) 1
C) 3


35) Quanti scudetti vinse Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan?

A) Nessuno
B) 1
C) 3


36) Con che risultato finì la finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua del 1988/89?


A) 1-0 per il Milan
B) 4-0 per il Milan
C) 1-0 per lo Steaua


37) Il Milan contro chi giocò la finale della Coppa Intercontinentale nel 1989?


A) Atletico Medellin
B) Boca Junior
C) Estudiantes
D) Olimpia Assuncion






38) Di che nazionalità è Dejan Savicevic , fantasista del Milan degli anni ’90?

A) Montenegrina
B) Rumena
C) Croata


39) Qual è la partita n° 1000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Venezia
B) Fiorentina-Milan
C) Milan-Juventus


40) Qual è la partita n° 2000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Inter
B) Roma-Milan
C) Milan-Lazio
D) Milan-Palermo


41) Qual’ è il giocatore del Milan che vanta il maggior numero di presenze con la maglia rossonera?

A) Paolo Maldini
B) Cesare Maldini
C) Gianni Rivera
D) Nils Liedholm


42) Quali tra questi giocatori del Milan non è nato ad Alessandria?

A) Romeo Benetti
B) Gianni Rivera
C) Salvatore Daino
D) Riccardo Sogliano


43) Quanti trofei internazionali ha vinto il Milan ?

A) 19
B) 18
C) 21
D) 10

44) Quanti trofei nazionali ha vinto il Milan?

A) 28
B) 18
C) 30
D) 10

45) Qual è la squadra con piu’ trofei internazionali vinti nel mondo?

A) Milan
B) Boca Junior
C) Juventus
D) Real Madrid



















QUESTIONARIO SULLA GRANDE STORIA DEL MILAN


1) Quale fu il primo nome dato al Milan?

A) Mediolanum
B) Milan Football Club
C) Milan Cricket & Football Club


2) In quale stadio il Milan giocò le sue prime partite?

A) Stadio Trotter
B) Stadio Acquabella
C) Stadio San Siro


3) In quale stagione il Milan vinse il suo primo scudetto?

A) 1900/01
B) 1901/02
C) 1905/06


4) Dopo il terzo scudetto, per quanti anni il Milan rimase senza vincere nulla?

A) 10 anni
B) 40 anni
C) 44 anni


5) Quando è datata la prima vittoria milanista in un derby?

A) 1910
B) 1930
C) 1938
D) 1909







6) Da che squadra era stato prelevato Gianni Rivera, che divenne poi una bandiera del Milan?

A) Pro Vercelli
B) Alessandria
C) Biellese


7) Chi segnò l’ultimo gol nel mitico 5-0 della semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid nel 1988/89?

A) Gullit
B) Donadoni
C) Van Basten


8) Quante presenze ha collezionato Franco Baresi in rossonero?

A) 500
B) 532
C) 601


9) Chi fu il primo presidente dei rossoneri?

A) Kilpin
B) Edwards
C) Pirelli


10) Qual è la data di fondazione del Milan?

A) 16 dicembre 1899
B) 16 novembre 1899
C) 16 gennaio 1900


11) Quale fu la prima partita disputata dal Milan?

A) Milan-Juventus
B) Milan-Mediolanum
C) Milan-Genoa
D) Torinese-Milan







12) Oltre alla camicetta, ai pantaloni e ai calzettoni, quale era l’altro capo di abbigliamento della divisa ufficiale del primo Milan?

A) Un cappello bianco
B) Una fascia per capelli
C) Un cappello a righe


13) Chi fu il primo portiere a difendere la porta del Milan in campionato?

A) Hood
B) Buffon
C) Kilpin


14) Quale era il soprannome del terzino sinistro Renzo De Vecchi?

A) Figlio di Dio
B) Mezzo sinistro
C) Mancino di fuoco


15) Quante reti segnò il belga Van Hege nelle sue sette stagioni giocate in rossonero?

A) 18
B) 100
C) 78
D) 98


16) In che data venne inaugurato lo stadio di San Siro?

A) 19 settembre 1921
B) 19 settembre 1926
C) 19 settembre 1935


17) Da che anno i milanisti assunsero il soprannome di “diavoli rossoneri”?

A) 1899
B) 1950
C) 1938


18) Chi fu il primo presidente del Milan dopo la sospensione delle attività sportive a causa della guerra mondiale?

A) Busini
B) Trabattoni
C) Pirelli


19) Quale era il soprannome dell’attaccante Ettore Puricelli?

A) Rombo di tuono
B) Testina d’oro
C) Cobra


20) Come era soprannominato Nordahl, forte straniero del Milan degli anni Cinquanta?


A) Il Torello
B) Il Gigante
C) Il Pompierone


21) Nordahl come segnò il suo primo gol in rossonero?

A) In rovesciata
B) Di testa
C) Su rigore


22) Come veniva chiamato il trio svedese che fece grande il Milan negli anni Cinquanta?

A) Gre-No-Li
B) Li-Gre-No
C) Bu-Li-No


23) Quale è stata la prima coppa internazionale vinta dal Milan?

A) Coppa del Re
B) Coppa Latina
C) Coppa delle Fiere
D) Coppa Federale


24) Contro quale squadra è stata vinta la 1° Coppa Latina?

A) Atletico Bilbao
B) Glasgow Rangers
C) Real Madrid
D) Lilla







25) Di che nazionalità era l’attaccante Schiaffino?

A) Argentino
B) Brasiliano
C) Uruguaiano


26) In che modo abbastanza particolare il Milan ha festeggiato il quinto scudetto?

A) Con una festa in Piazza Duomo
B) Con un’amichevole contro la Honved
C) Con un’amichevole contro la Juventus


27) Come veniva soprannominato il tecnico Giuseppe Viani?

A) Lo Sceriffo
B) Il Paron
C) Il Barone


28) Quanti scudetti vinse Lorenzo Buffon con la maglia rossonera del Milan?

A) Nessuno
B) 5
C) 4


29) Quanti gol segnò in rossonero l’attaccante Josè Altafini?

A) 50
B) 100
C) 120
D) 161


30) Quante Coppe dei Campioni ha vinto Gianni Rivera con il Milan?


A) Nessuna
B) 1
C) 2


31) Il tecnico Nereo Rocco ha allenato il Milan in tre distinte parentesi. Quali?


A) 1961/63; 1967/74; 1976/78
B) 1959/63; 1969/75; 1976/80
C) 1961/65; 1967/78; 1979/80


32) In che anno Silvio Berlusconi rilevò il Milan?

A) 1980
B) 1986
C) 1990


33) In che anno Ruud Gullit passò al Milan?

A) 1990/91
B) 1987/88
C) 1986/87


34) Quante volte l’attaccante olandese Marco Van Basten ha vinto il Pallone d’Oro?

A) Nessuna
B) 1
C) 3


35) Quanti scudetti vinse Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan?

A) Nessuno
B) 1
C) 3


36) Con che risultato finì la finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua del 1988/89?


A) 1-0 per il Milan
B) 4-0 per il Milan
C) 1-0 per lo Steaua


37) Il Milan contro chi giocò la finale della Coppa Intercontinentale nel 1989?


A) Atletico Medellin
B) Boca Junior
C) Estudiantes
D) Olimpia Assuncion






38) Di che nazionalità è Dejan Savicevic , fantasista del Milan degli anni ’90?

A) Montenegrina
B) Rumena
C) Croata


39) Qual è la partita n° 1000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Venezia
B) Fiorentina-Milan
C) Milan-Juventus


40) Qual è la partita n° 2000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Inter
B) Roma-Milan
C) Milan-Lazio
D) Milan-Palermo


41) Qual’ è il giocatore del Milan che vanta il maggior numero di presenze con la maglia rossonera?

A) Paolo Maldini
B) Cesare Maldini
C) Gianni Rivera
D) Nils Liedholm


42) Quali tra questi giocatori del Milan non è nato ad Alessandria?

A) Romeo Benetti
B) Gianni Rivera
C) Salvatore Daino
D) Riccardo Sogliano


43) Quanti trofei internazionali ha vinto il Milan ?

A) 19
B) 18
C) 21
D) 10

44) Quanti trofei nazionali ha vinto il Milan?

A) 28
B) 18
C) 30
D) 10

45) Qual è la squadra con piu’ trofei internazionali vinti nel mondo?

A) Milan
B) Boca Junior
C) Juventus
D) Real Madrid















QUESTIONARIO SULLA GRANDE STORIA DEL MILAN


1) Quale fu il primo nome dato al Milan?

A) Mediolanum
B) Milan Football Club
C) Milan Cricket & Football Club


2) In quale stadio il Milan giocò le sue prime partite?

A) Stadio Trotter
B) Stadio Acquabella
C) Stadio San Siro


3) In quale stagione il Milan vinse il suo primo scudetto?

A) 1900/01
B) 1901/02
C) 1905/06


4) Dopo il terzo scudetto, per quanti anni il Milan rimase senza vincere nulla?

A) 10 anni
B) 40 anni
C) 44 anni


5) Quando è datata la prima vittoria milanista in un derby?

A) 1910
B) 1930
C) 1938
D) 1909







6) Da che squadra era stato prelevato Gianni Rivera, che divenne poi una bandiera del Milan?

A) Pro Vercelli
B) Alessandria
C) Biellese


7) Chi segnò l’ultimo gol nel mitico 5-0 della semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid nel 1988/89?

A) Gullit
B) Donadoni
C) Van Basten


8) Quante presenze ha collezionato Franco Baresi in rossonero?

A) 500
B) 532
C) 601


9) Chi fu il primo presidente dei rossoneri?

A) Kilpin
B) Edwards
C) Pirelli


10) Qual è la data di fondazione del Milan?

A) 16 dicembre 1899
B) 16 novembre 1899
C) 16 gennaio 1900


11) Quale fu la prima partita disputata dal Milan?

A) Milan-Juventus
B) Milan-Mediolanum
C) Milan-Genoa
D) Torinese-Milan







12) Oltre alla camicetta, ai pantaloni e ai calzettoni, quale era l’altro capo di abbigliamento della divisa ufficiale del primo Milan?

A) Un cappello bianco
B) Una fascia per capelli
C) Un cappello a righe


13) Chi fu il primo portiere a difendere la porta del Milan in campionato?

A) Hood
B) Buffon
C) Kilpin


14) Quale era il soprannome del terzino sinistro Renzo De Vecchi?

A) Figlio di Dio
B) Mezzo sinistro
C) Mancino di fuoco


15) Quante reti segnò il belga Van Hege nelle sue sette stagioni giocate in rossonero?

A) 18
B) 100
C) 78
D) 98


16) In che data venne inaugurato lo stadio di San Siro?

A) 19 settembre 1921
B) 19 settembre 1926
C) 19 settembre 1935


17) Da che anno i milanisti assunsero il soprannome di “diavoli rossoneri”?

A) 1899
B) 1950
C) 1938


18) Chi fu il primo presidente del Milan dopo la sospensione delle attività sportive a causa della guerra mondiale?

A) Busini
B) Trabattoni
C) Pirelli


19) Quale era il soprannome dell’attaccante Ettore Puricelli?

A) Rombo di tuono
B) Testina d’oro
C) Cobra


20) Come era soprannominato Nordahl, forte straniero del Milan degli anni Cinquanta?


A) Il Torello
B) Il Gigante
C) Il Pompierone


21) Nordahl come segnò il suo primo gol in rossonero?

A) In rovesciata
B) Di testa
C) Su rigore


22) Come veniva chiamato il trio svedese che fece grande il Milan negli anni Cinquanta?

A) Gre-No-Li
B) Li-Gre-No
C) Bu-Li-No


23) Quale è stata la prima coppa internazionale vinta dal Milan?

A) Coppa del Re
B) Coppa Latina
C) Coppa delle Fiere
D) Coppa Federale


24) Contro quale squadra è stata vinta la 1° Coppa Latina?

A) Atletico Bilbao
B) Glasgow Rangers
C) Real Madrid
D) Lilla







25) Di che nazionalità era l’attaccante Schiaffino?

A) Argentino
B) Brasiliano
C) Uruguaiano


26) In che modo abbastanza particolare il Milan ha festeggiato il quinto scudetto?

A) Con una festa in Piazza Duomo
B) Con un’amichevole contro la Honved
C) Con un’amichevole contro la Juventus


27) Come veniva soprannominato il tecnico Giuseppe Viani?

A) Lo Sceriffo
B) Il Paron
C) Il Barone


28) Quanti scudetti vinse Lorenzo Buffon con la maglia rossonera del Milan?

A) Nessuno
B) 5
C) 4


29) Quanti gol segnò in rossonero l’attaccante Josè Altafini?

A) 50
B) 100
C) 120
D) 161


30) Quante Coppe dei Campioni ha vinto Gianni Rivera con il Milan?


A) Nessuna
B) 1
C) 2


31) Il tecnico Nereo Rocco ha allenato il Milan in tre distinte parentesi. Quali?


A) 1961/63; 1967/74; 1976/78
B) 1959/63; 1969/75; 1976/80
C) 1961/65; 1967/78; 1979/80


32) In che anno Silvio Berlusconi rilevò il Milan?

A) 1980
B) 1986
C) 1990


33) In che anno Ruud Gullit passò al Milan?

A) 1990/91
B) 1987/88
C) 1986/87


34) Quante volte l’attaccante olandese Marco Van Basten ha vinto il Pallone d’Oro?

A) Nessuna
B) 1
C) 3


35) Quanti scudetti vinse Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan?

A) Nessuno
B) 1
C) 3


36) Con che risultato finì la finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua del 1988/89?


A) 1-0 per il Milan
B) 4-0 per il Milan
C) 1-0 per lo Steaua


37) Il Milan contro chi giocò la finale della Coppa Intercontinentale nel 1989?


A) Atletico Medellin
B) Boca Junior
C) Estudiantes
D) Olimpia Assuncion






38) Di che nazionalità è Dejan Savicevic , fantasista del Milan degli anni ’90?

A) Montenegrina
B) Rumena
C) Croata


39) Qual è la partita n° 1000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Venezia
B) Fiorentina-Milan
C) Milan-Juventus


40) Qual è la partita n° 2000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Inter
B) Roma-Milan
C) Milan-Lazio
D) Milan-Palermo


41) Qual’ è il giocatore del Milan che vanta il maggior numero di presenze con la maglia rossonera?

A) Paolo Maldini
B) Cesare Maldini
C) Gianni Rivera
D) Nils Liedholm


42) Quali tra questi giocatori del Milan non è nato ad Alessandria?

A) Romeo Benetti
B) Gianni Rivera
C) Salvatore Daino
D) Riccardo Sogliano


43) Quanti trofei internazionali ha vinto il Milan ?

A) 19
B) 18
C) 21
D) 10

44) Quanti trofei nazionali ha vinto il Milan?

A) 28
B) 18
C) 30
D) 10

45) Qual è la squadra con piu’ trofei internazionali vinti nel mondo?

A) Milan
B) Boca Junior
C) Juventus
D) Real Madrid




















QUESTIONARIO SULLA GRANDE STORIA DEL MILAN


1) Quale fu il primo nome dato al Milan?

A) Mediolanum
B) Milan Football Club
C) Milan Cricket & Football Club


2) In quale stadio il Milan giocò le sue prime partite?

A) Stadio Trotter
B) Stadio Acquabella
C) Stadio San Siro


3) In quale stagione il Milan vinse il suo primo scudetto?

A) 1900/01
B) 1901/02
C) 1905/06


4) Dopo il terzo scudetto, per quanti anni il Milan rimase senza vincere nulla?

A) 10 anni
B) 40 anni
C) 44 anni


5) Quando è datata la prima vittoria milanista in un derby?

A) 1910
B) 1930
C) 1938
D) 1909







6) Da che squadra era stato prelevato Gianni Rivera, che divenne poi una bandiera del Milan?

A) Pro Vercelli
B) Alessandria
C) Biellese


7) Chi segnò l’ultimo gol nel mitico 5-0 della semifinale di Coppa Campioni contro il Real Madrid nel 1988/89?

A) Gullit
B) Donadoni
C) Van Basten


8) Quante presenze ha collezionato Franco Baresi in rossonero?

A) 500
B) 532
C) 601


9) Chi fu il primo presidente dei rossoneri?

A) Kilpin
B) Edwards
C) Pirelli


10) Qual è la data di fondazione del Milan?

A) 16 dicembre 1899
B) 16 novembre 1899
C) 16 gennaio 1900


11) Quale fu la prima partita disputata dal Milan?

A) Milan-Juventus
B) Milan-Mediolanum
C) Milan-Genoa
D) Torinese-Milan







12) Oltre alla camicetta, ai pantaloni e ai calzettoni, quale era l’altro capo di abbigliamento della divisa ufficiale del primo Milan?

A) Un cappello bianco
B) Una fascia per capelli
C) Un cappello a righe


13) Chi fu il primo portiere a difendere la porta del Milan in campionato?

A) Hood
B) Buffon
C) Kilpin


14) Quale era il soprannome del terzino sinistro Renzo De Vecchi?

A) Figlio di Dio
B) Mezzo sinistro
C) Mancino di fuoco


15) Quante reti segnò il belga Van Hege nelle sue sette stagioni giocate in rossonero?

A) 18
B) 100
C) 78
D) 98


16) In che data venne inaugurato lo stadio di San Siro?

A) 19 settembre 1921
B) 19 settembre 1926
C) 19 settembre 1935


17) Da che anno i milanisti assunsero il soprannome di “diavoli rossoneri”?

A) 1899
B) 1950
C) 1938


18) Chi fu il primo presidente del Milan dopo la sospensione delle attività sportive a causa della guerra mondiale?

A) Busini
B) Trabattoni
C) Pirelli


19) Quale era il soprannome dell’attaccante Ettore Puricelli?

A) Rombo di tuono
B) Testina d’oro
C) Cobra


20) Come era soprannominato Nordahl, forte straniero del Milan degli anni Cinquanta?


A) Il Torello
B) Il Gigante
C) Il Pompierone


21) Nordahl come segnò il suo primo gol in rossonero?

A) In rovesciata
B) Di testa
C) Su rigore


22) Come veniva chiamato il trio svedese che fece grande il Milan negli anni Cinquanta?

A) Gre-No-Li
B) Li-Gre-No
C) Bu-Li-No


23) Quale è stata la prima coppa internazionale vinta dal Milan?

A) Coppa del Re
B) Coppa Latina
C) Coppa delle Fiere
D) Coppa Federale


24) Contro quale squadra è stata vinta la 1° Coppa Latina?

A) Atletico Bilbao
B) Glasgow Rangers
C) Real Madrid
D) Lilla







25) Di che nazionalità era l’attaccante Schiaffino?

A) Argentino
B) Brasiliano
C) Uruguaiano


26) In che modo abbastanza particolare il Milan ha festeggiato il quinto scudetto?

A) Con una festa in Piazza Duomo
B) Con un’amichevole contro la Honved
C) Con un’amichevole contro la Juventus


27) Come veniva soprannominato il tecnico Giuseppe Viani?

A) Lo Sceriffo
B) Il Paron
C) Il Barone


28) Quanti scudetti vinse Lorenzo Buffon con la maglia rossonera del Milan?

A) Nessuno
B) 5
C) 4


29) Quanti gol segnò in rossonero l’attaccante Josè Altafini?

A) 50
B) 100
C) 120
D) 161


30) Quante Coppe dei Campioni ha vinto Gianni Rivera con il Milan?


A) Nessuna
B) 1
C) 2


31) Il tecnico Nereo Rocco ha allenato il Milan in tre distinte parentesi. Quali?


A) 1961/63; 1967/74; 1976/78
B) 1959/63; 1969/75; 1976/80
C) 1961/65; 1967/78; 1979/80


32) In che anno Silvio Berlusconi rilevò il Milan?

A) 1980
B) 1986
C) 1990


33) In che anno Ruud Gullit passò al Milan?

A) 1990/91
B) 1987/88
C) 1986/87


34) Quante volte l’attaccante olandese Marco Van Basten ha vinto il Pallone d’Oro?

A) Nessuna
B) 1
C) 3


35) Quanti scudetti vinse Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan?

A) Nessuno
B) 1
C) 3


36) Con che risultato finì la finale di Coppa dei Campioni con lo Steaua del 1988/89?


A) 1-0 per il Milan
B) 4-0 per il Milan
C) 1-0 per lo Steaua


37) Il Milan contro chi giocò la finale della Coppa Intercontinentale nel 1989?


A) Atletico Medellin
B) Boca Junior
C) Estudiantes
D) Olimpia Assuncion






38) Di che nazionalità è Dejan Savicevic , fantasista del Milan degli anni ’90?

A) Montenegrina
B) Rumena
C) Croata


39) Qual è la partita n° 1000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Venezia
B) Fiorentina-Milan
C) Milan-Juventus


40) Qual è la partita n° 2000 della storia del Milan in campionato?

A) Milan-Inter
B) Roma-Milan
C) Milan-Lazio
D) Milan-Palermo


41) Qual’ è il giocatore del Milan che vanta il maggior numero di presenze con la maglia rossonera?

A) Paolo Maldini
B) Cesare Maldini
C) Gianni Rivera
D) Nils Liedholm


42) Quali tra questi giocatori del Milan non è nato ad Alessandria?

A) Romeo Benetti
B) Gianni Rivera
C) Salvatore Daino
D) Riccardo Sogliano


43) Quanti trofei internazionali ha vinto il Milan ?

A) 19
B) 18
C) 21
D) 10

44) Quanti trofei nazionali ha vinto il Milan?

A) 28
B) 18
C) 30
D) 10

45) Qual è la squadra con piu’ trofei internazionali vinti nel mondo?

A) Milan
B) Boca Junior
C) Juventus
D) Real Madrid

Richard Gere ha detto...

Vorrei non avere mai capito ma c’è che ormai non ci riesco più, a morire per lei. Da lei e da niente al mondo mi difendo ormai, son tranquillo più che mai, mi sta bene così, dico sempre di si.

E col tempo, con l’età nel vento andranno via, prima i volti uno per uno, le voci, i ricordi e tutto quello che era mio, compreso io, senza darmi un addio. Vorrei non pensare a tutto questo perché, in fondo, la mia donna è stata tanto per me: così la difendo ad occhi chiusi, anche se so che ragioni non ne ho, mi sta bene così, dico sempre di si.

E col tempo, con l’età e nel vento resterò un uomo amato per metà, un ribelle e poeta per metà, solo con lei che non mi da neanche il poco che ha.

Mani che ci tengono vicini, sogni che ci mandano lontani, lascia che la vita ci sorprenda anche se significa dirsi addio. Non c’è mai un’ultima primavera se si può rinascere, che avventura!

E poi quando troverai l’isola che non c’è, mi basta una cartolina: io sto bene, ci porterà fortuna non perderci di vista mai domani. Domani, dietro la curva c’è il mare e le nuove stagioni del cuore.

Domani, ci inventeremo che cosa faremo da grandi domani. Domani manca la luce un istante ma niente finisce domani. Domani, precipitare ti insegna a volare domani.

Vivere per vivere perché il mondo finirà, ma non domani. Anche se va un attimo via la luna ogni addio può essere libertà, la realtà moltiplica luci e ombre ci darà da vivere senza noi.

E si può dividersi e non sparire se è così riabbracciami quando vuoi, e poi non sarà mai tardi per farci vedere insieme sicuri di chi ci ama, domani. E ci porterà fortuna non perderci di vista mai, domani.

Domani, basta trovare il coraggio la parte migliore del viaggio è domani. Domani, grandi partenze e speranze di avere ragione domani. Domani, forse sognare è un difetto ma chi lo conosce il domani. Domani, precipitare ti insegna a volare domani.

Vivere per vivere, perché il mondo finirà ma non domani.

Richard Gere ha detto...

Basta! Parlamento pulito!

Le firme raccolte l’otto settembre giacciono da qualche parte al Senato della Repubblica. La presentazione delle leggi popolari in Parlamento era prevista per febbraio. Poi è caduto il governo. A camere costituite e a nuovo governo insediato farò richiesta per illustrare in Parlamento le proposte a nome di 350.000 cittadini: nessun condannato in Parlamento, un massimo di due legislature, ripristino della preferenza diretta. Non mi illudo sulla risposta dei 70 (SETTANTA) pregiudicati, condannati in primo e secondo grado o in attesa di giudizio. Non nutro neppure alcuna fiducia sulla folla dei plurieletti su cui spicca la coppia di diamante Fassino-Serafini, marito e moglie, undici legislature in due. E, per finire, non mi aspetto che amanti, fratelli, sorelle, figli, impiegati di partito imposti da Topo Gigio, Testa d’Asfalto, Azzurro Caltagirone e Boss(ol)i vogliano ripristinare la preferenza diretta. Se venissero approvate le leggi per un Parlamento Pulito quasi tutti i parlamentari dovrebbero fare le valigie e rifarsi una vita a loro spese e dire addio ai contributi della collettività. Dall’otto settembre qualcosa comunque è successo. I 24 condannati sono diminuiti. Un miglioramento del 29%. Un dato non trascurabile, ma c’è ancora da lavorare. La diminuzione è dovuta solo alla scomparsa di alcuni partiti. Pensate, per esempio, al mancato e importante contributo del partito socialista di De Michelis. Il record rimane del PDL con 11 condannati, un inarrivabile 65%. Quando scompariranno queste caricature dei partiti non ci saranno più condannati. Sono ormai comitati d’affari alla luce del sole con un referente (detto leader) che decidono chi assumere, chi proteggere attraverso l’immunità parlamentare, chi ricompensare, chi comprare. E’ l’evoluzione della politica sottratta alla sovranità popolare e coperta dai media. La politica del mercato del pesce. Superciuk Bondi e Topo Gigio hanno dichiarato in campagna elettorale che non avrebbero candidato pregiudicati. Il primo ha poi aggiunto che non valeva per le condanne politiche. Il secondo ha candidato Enzo Carra condannato in via definitiva a un anno e quattro mesi per false dichiarazioni al pubblico ministero.
Diffondi i condannati



I 18 CONDANNATI DEFINITIVI IN PARLAMENTO (Aggiornato a Maggio 2008)


Berruti Massimo Maria (FI)


Bonsignore Vito (Udc - Parlamento Europeo)


Borghezio Mario (Lega Nord - Parlamento Europeo)


Bossi Umberto (Lega Nord)


Cantoni Giampiero (FI)


Carra Enzo (PD)


Ciarrapico Giuseppe (PDL)


De Angelis Marcello (AN)


Dell’Utri Marcello (FI)


Farina Renato (FI)


La Malfa Giorgio(FI-PRI)


Maroni Roberto (Lega Nord)


Nania Domenico (AN)


Papania Antonio (PD)


Naro Giuseppe (UDC)


Sciascia Salvatore (FI)


Tomassini Antonio (FI)

Richard Gere ha detto...

Prossimi appuntamenti

11 luglio 2008 ore 18,00 Convocazione Direzione Provinciale di Alessandria presso la sede della Segreteria Regionale a Torino corso Re Umberto 32

16 luglio 2008 ore 21,00 Convocazione Comitato Comunale di Alessandria presso la sede della Segreteria Provinciale in via Faà di Bruno 6/8



Sono state istituite le Commissioni di lavoro

Sicurezza
Pari Opportunità
Sanità - Politiche sociali - Immigrazione
Ambiente - Territorio - Sviluppo - Lavoro

Bottoni Dora Accatino Monica Bellingeri Maria Asinaro Tiziana
D'andrea Corrado Bottoni Dora Pivetti Mario Cantelmo Gianpaolo
Merlani Marco Santagostino Felicita Pulvirenti Alfio Merlani Marco
Pezzola Carlo Straneo Silvia Scibetta Leonardo Scarso Luigi
Prigione Pierluigi Sechi Sergio Scibetta Leonardo
Scarso Luigi Silvestri Domenico Scolafurro Stefano
Silvestri Domenico Sechi Sergio
Cultura - Scuola - Giovani - Tempo Libero Silvestri Domenico
Carniglia Anna Maria
Petruzziello Riccardo
Varni Mariella


Sono state indicativamente costituite le commissioni di lavoro, che dovranno eleggere autonomamente un proprio presidente e schedulare le riunioni. La sede di svolgimento delle attività delle commissioni sarà la sede della segreteria provinciale in via Faà di Bruno, dove oltre allo spazio e cancelleria necessari è disponibile un collegamento tramite pc via adsl alla rete Internet.

Le commissioni non sono chiuse definitivamente e chi volesse parteciparvi può farlo dando la propria adesione via 'e-mail all'indirizzo della segreteria provinciale info@udcalessandria.it oppure contattando la sede al numero 0131-536376.

A partire dall'inizio del mese di settembre tutte le commissioni lavoro dovranno essere operative.





Casini: da Stresa al Consiglio Nazionale ribadisce l'alternatività al Bi-partitismo con la Costituente Popolare

".....abbiamo bisogno di energie nuove, di personaggi significativi e dei giovani"


(ANSA) - ROMA, 9 GIU - ''Non possiamo lasciare a Berlusconi l'esclusiva del dialogo con il Pd. Se infatti Berlusconi indica come alleato preferito Veltroni, sarebbe singolare che noi non dialogassimo con lui''. Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, lo afferma conversando con i giornalisti in una pausa dei lavori del Consiglio nazionale del suo partito, riunito a Roma per la prima volta dopo le elezioni politiche.
Casini ribadisce la scelta fatta dall'Udc all'avvio della campagna elettorale: ''Siamo alternativi alla sinistra radicale impregnata di ideologismo e ci collochiamo al centro. Non siamo alternativi ad alcuno, ma diversi ed e' chiaro che per questa traversata ne' lunga ne' breve abbiamo bisogno di energie nuove, di personaggi significativi e dei giovani''.

A chi gli chiede se esistano ancora dei margini per riaprire un dialogo con il centrodestra, Casini ribadisce: ''Abbiamo tutti metabolizzato cio' che e' accaduto nella campagna elettorale e quindi bisogna andare avanti con coerenza e vedremo. Molti amici hanno rapporti positivi con il centrodestra e li coltivano nelle amministrazioni locali, ma non ci sono motivi per una svolta di questo tipo. Saranno i fatti i comportamenti del governo a stabilire se le distanze aumentano o si avvicinano''.

Secondo il leader dell'Udc, ''mai come in questo momento i fatti e non i gossip determinano gli orientamenti politivi''.

Casini ribadisce quindi la necessita' di dar vita a una Costituente popolare che si richiami al popolarismo europeo e al Ppe. ''L'attuale tendenza al bipartitismo - dice - e' tutt'altro che scontata, mentre il Pdl non chiarisce il suo percorso e vediamo molti movimenti anche nel Pd. Intendiamo quindi intercettare le novita' e le insoddisfazioni con la nostra presenza nel Parlamento e nel Paese''









Riunione del 03 giugno 2008 - Comitato Provinciale Alessandria

La riunione che era stata convocata il 03 giugno 2008 per il rinnovo delle cariche direttive dimissionarie e dei membri delle commissioni è stata sospesa su espresso invito della direzione Regionale. Il segretario Provinciale Giovanni Barosini attenendosi scrupolosamente e rigorosamente alle direttive del partito, in attesa delle prossime riunioni nazionali che evidenzieranno gli scenari politici futuri, ha colto l'occasione per salutare i partecipanti e scambiare delle opinioni sulla situazione politica nazionale.

Segreteria Provinciale UDC

Grande successo del sito on-line dell'Udc Alessandria con oltre 1.500 visite dall'inizio dell'anno

La segreteria provinciale ringrazia la partecipazione attiva dei propri iscritti alla consultazione del sito on-line.

Riunione del 26 maggio 2008 - Direzione Comunale Alessandria

Si è riunita presso la sede provinciale dell'UDC di Alessandria la direzione comunale di Alessandria presieduta dal segretario cittadino Bartolomeo Mazzucca e dal Segretario Amministrativo De Faveri Alessandro. Ha partecipato anche il segretario provinciale Barosini Giovanni.

Vi è stata la presenza di quasi la totalità della direzione comunale che attivamente ed entusiasticamente ha partecipato al dibattito.

Nell'assemblea è stato nominato come vice-segretario cittadino Marco Travaino.

Ai presenti inoltre è stata inoltre illustrata l'importanza delle nuove commissioni di studio/lavoro che sono state istituite e alle quali si può dare la propria adesione. Le commissioni avranno valenza territoriale a livello provinciale quindi non solo specificatamente del comune di Alessandria. Ai presenti è piaciuta notevolmente la possibilità di partecipare attivamente alla vita politica del partito attraverso e per mezzo delle commissioni istituite che precisamente sono:

Commissione Sicurezza

Commissione Sanità - Politiche sociali - Immigrazione

Commissione Cultura - Scuola - Tempo Libero - Giovani

Commissione Ambiente - Territorio - Sviluppo - Lavoro

Commissione Pari Opportunità

Nella pagina Bacheca sezioni del sito verranno periodicamente aggiornate le informazioni ed i lavori prodotti



E' stata fissata come prossima riunione della direzione comunale di Alessandria il giorno mercoledì 18 giugno 2008 alle ore 21,00 presso la sede provinciale in via Faà di Bruno 6/8







“BENE LA PARTENZA DEL GOVERNO”



Il Governo è partito con il piede giusto su rifiuti e sicurezza, anche se aver introdotto il reato di immigrazione clandestina rischia di ingolfare le aule giudiziarie e le carceri italiane. Sull'economia, invece, esprimiamo una parziale delusione: bene l'abolizione dell'Ici, ma il Governo deve spiegare dove verranno recuperati ben 5 mila miliardi delle vecchie lire per evitare che i comuni debbano ricorrere a nuove imposte.

Bisogna, da una parte, comprendere fino in fondo come verranno restituiti questi fondi ai Comuni e dall'altra vigilare sulla continuità dell'erogazione dei servizi locali. Non vogliamo che il taglio dell'Ici porti ad un taglio di servizi al cittadino.

Condividiamo appieno la detassazione degli straordinari, anche se ci saremmo aspettati che questo provvedimento si attuasse non solo ai dipendenti privati ma soprattutto alle forze dell'ordine, dalla polizia ai carabinieri, alla guardia di finanza, al corpo forestale e ai vigili del fuoco.



Giovanni Barosini

Capogruppo UDC Alessandria



IL COMITATO PROVINCIALE UDC DI ALESSANDRIA NEL RICORDO DI ALDO MORO DELINEA LE LINEE PROGRAMMATICHE E RINNOVA IL DIRETTIVO



Il comitato provinciale UDC si è riunito lo scorso 13 maggio nella sala riunioni dell’Hotel Buoi Rossi di Alessandria per la prima volta dopo le elezioni politiche del 2008.

L’assemblea è stata presieduta dal segretario Provinciale il dott. Giovanni Barosini dal segretario Regionale avv. Alberto Goffi, dal capogruppo alla Regione l’Ing. Deodato Scandeberech e oltre ai componenti del comitato provinciale, presenti in stragrande maggioranza hanno partecipato anche i segretari cittadini di Alessandria Bartolomeo Mazzucca, Novi Ligure Ezio Cuttica, Casale Alfonso Borello, il consigliere comunale di Tortona Calore ed il Presidente dell’Aspal Paolo Onetti.



All’ordine del giorno vi era l’importante analisi della situazione attuale politica del partito a livello nazionale e a livello locale.

Dalle parole dei rappresentanti regionali, confortate dei risultati ottenuti nelle ultime elezioni politiche a livello locale, è emerso che l’UDC ha saputo resistere e confermare la propria forza nonostante gli attacchi che sono avvenuti a livello mediatico hanno cercato di screditare l’elettorato cattolico perché rappresentante di una “minoranza”. “Se 2.050.309 italiani che hanno votato l’UDC sono da ritenersi insignificanti e privi di una propria identità, allora c’è veramente da preoccuparsi per la difesa della democrazia in Italia” ha sottolineato Goffi. Il risultato elettorale a livello nazionale quindi, ha saputo difendere le posizioni coraggiose del leader nazionale Pierferdinando Casini di non sottostare al volere altrui per cercare di tutelare gli interessi generali. Tale risultato sarà ancora più determinante nelle prossime votazioni a livello locale, dove necessariamente le altre coalizioni dovranno ancora di più tenere in considerazione la forza dell’UDC.

Visto il delicato momento di “epurazione” di figure poco chiare sia a livello politico che personale all’interno del Partito e vista la necessità di ribadire e confermare i valori cattolici e moderati il segretario Regionale ha espressamente richiesto la predisposizione al comitato provinciale di un documento programmatico che individuasse i punti cardine della prossima attività politica.

Il gruppo dei partecipanti, tra cui molte figure femminili, è risultato coeso, determinato ed entusiasta di seguire la linea “pulita” indicata dai propri rappresentanti presenti.

L’assise ha nominato per acclamazione nel corso dell’assemblea il nuovo presidente provinciale onorario, il Prof. Mattia Ferraris già assessore nel Comune di Quargnento, ed il nuovo segretario Amministrativo Provinciale il Dott. De Faveri Alessandro, dottore commercialista e revisore contabile in Alessandria.

Nell’occasione il Comitato Provinciale ha ricordato, con momenti di grande emozione, il sacrificio dell’Onorevole Aldo Moro della DC assassinato dalle Brigate Rosse. L'insegnamento ereditato da un figura politica come quella di Moro, di così eminente rilievo intellettuale e morale merita una riflessione scrupolosa e una sempre fresca e vigile memoria, attenta e rispettosa della vita e delle intuizioni dell'uomo, del professore, dello statista che egli è stato. Proprio per questa si ero reso indispensabile prodigarsi affinché la sua grande figura potesse essere ricordata e magari scoperta dai tanti giovani che non hanno ancora avuto la fortuna e l’opportunità di conoscere questo grande uomo che tanta importanza ha avuto nella storia dell’Italia repubblicana.

Provinciali l'UDC al centro

Per quanto riguarda il dato locale abbiamo avuto un incremento di votazioni del 4-5%. Il tentativo di Veltroni e Berlusconi di spazzarci via è fallito. Ora come prospettiva locale vogliamo essere solidi e stabili, senza sbilanciamenti a destra o a sinistra. L'elettorato UDC deve avere stabilità ed equilibrio". Queste erano state le dichiarazioni di Giovanni Barosini, Segretario Provinciale UDC, all'indomani del risultato elettorale che ha decretato la vittoria del PdL e determinato l'espulsione dal Parlamento della Sinistra radicale.
La rotta tracciata dal Partito di Barosini sembrerebbe non mutare: sempre al centro nè a Destra nè a Sinistra, anche ai ballottaggi per le amministrative. A Roma, addirittura, gli uomini di Centro non possono fare accordi vantaggiosi, pena l'espulsione.
Linea decisa che piace a Barosini - uno dei primi fermi sostenitori della strategia "coraggiosa" di correre da soli - il quale verrà, a breve, ricevuto a Roma da Lorenzo Cesa, Segretario Nazionale dell'UDC, per concordare le linee-guida del Partito e delle sezioni locali alla luce degli scenari che vanno delineandosi.
Linee-guida che,a questo punto, si possono facilmente intuire quali potranno essere.

La voglia di stare da soli senza "matrimoni" né accordi prematrimoniali potrebbe aprire a risvolti inaspettati anche in campo provinciale. Ovvero: presentare per la presidenza della Provincia di Alessandria un candidato scudocrociato.

"Per noi il futuro saranno le elezioni provinciali", aveva continuato Barosini, che probabilmente sta accarezzando l'ipotesi di mettersi in gioco per Palazzo Ghilini. E che la navigata a tutta dritta abbia inizio.

GRAZIE DA PIER FERDINANDO CASINI

Siamo in Parlamento grazie a voi e per voi difenderemo quei valori che non erano e non saranno mai in vendita. Siamo impegnati a contribuire alla realizzazione di quel programma elettorale in cui tutti noi crediamo. Oggi l’Udc è in Parlamento con coraggio, al centro, per testimoniare il valore di essere moderati.

Pier Ferdinando Casini


Tesseramento 2008




Nuovo Tesseramento





Per effettuare il tesseramento 2007/2008 si può utilizzare il modello disponibile e consegnarlo direttamente in Segreteria Provinciale contattando i numeri 0131-536376 o 338-4692651.







Venerdì 28 Marzo 2008



Prime foto della visita elettorale di Rocco Buttiglione, figura storica del centro moderato cattolico italiano. Ad Alessandria ha incontrato i simpatizzanti dell'UDC, i candidati alle prossime elezioni - il segretario provinciale Giovanni Barosini è in lista per il Piemonte 2 - nella sede di via Faà di Bruno.

Subito circondato dai giornalisti ha risposto a domande sull'andamento della campagna elettorale e sul ruolo del partito di Casini - candidato Premier - nel panorama politico attuale fatto di grandi schieramenti che tendono ad accorpare le realtà minori.

Richard Gere ha detto...

Alessandria non appare perchè non ha mai amato apparire. E' una bella e raffinata signora che si svela a poco a poco.
Eppure è una città che possiede un fascino unico.
Una città con un carattere e una personalità molto spiccata, con una sua cultura particolare, piemontese e cosmopolita, da terra di confine, da marea, da faglia, da discrimine, da crocevia fra le varie genti che qui sono arrivate ne corso dei secoli: dalla Gallia, dalle vie del mare mediterraneo, distante in linea d'aria pochi chilometri e dal nord Europa.
Tutto questo ha contribuito a fare dei suoi abitanti persone molto aperte verso gli ospiti, nei confronti di tutte le forme di innovazione in ogni settore e molto diffidenti da quelle che sono le cosiddette "bufale", da qualsiasi parte del mondo provengano.

Richard Gere ha detto...

Il fascino di un pò di grigio nell'atmosfera che si dissolve per far posto al sole, è Alessandria.
La dimostrazione di come un evento climatico e naturale possa influire sul carattere delle persone che lo vivono. L'alessandrino, apparentemente chiuso e un pò diffidente, in realtà appena fa amicizia è subito pronto ad aprirsi al sorriso e al gioco.
Alessandria ha il pollice verde: alberi secolari si incontrano nei meravigliosi giardini pubblici davanti alla Stazione Ferroviaria e lungo tutti gli Spalti cittadini.
Anche uscendo dalla città non si trova quasi periferia, è subito campagna, una campagna verde, gialla e con mille altri colori, varia e mai monotona, procedendo verso nord sulle meravigliose colline di Valle San Bartolomeo e Valmadonna, famosa per la qualità delle acque delle sue Fonti e del pane fresco, verso est e la piana della Fraschetta con i suoi piccoli centri come Litta Parodi, Mandrogne e San Giuliano, verso ovest e i borghi di Casalbagliano, Villa del Foro e Oviglio con i suoi castelli trattorie e ristoranti, e verso Casalcermelli con l'antico borgo di Castellazzo, guardando verso la natura unica dell'alto Monferrato che si profila a sud e preannuncia l'aria del mare.

Richard Gere ha detto...

Si vive bene ad Alessandria. Una città dove si può trovare ancora il gusto dei ritmi lenti della provincia, in cui tutti si conoscono; dove apprezzare le piccole cose è una qualità della vita notevole. Alessandria si svela a poco a poco.
Parecchi sono i Musei: luoghi culturali molto interessanti da scoprire come il Palazzo Monferrato o il Museo Etnografico, caratterizzati da molteplici esposizioni durante l'anno.
L'Antiquarium Forum Fulvi, importante sito archeologico romano, le Sale d'Arte, la Biblioteca e il museo della Pinacoteca, il Museo del Fiume, il Museo di Scienze Naturali e Planetario e il Museo del Cappello sono altri siti per approfondire la cultura dai temi più diversi.
Ma Alessandria è anche città di mostre e di tendenza. Ad esempio la Biennale di Video d'Arte Fotografica contemporanea, che accoglie a centinaia fotoartisti da tutto il mondo.

Richard Gere ha detto...

La cucina alessandrina fonda le sue basi nelle materie prime di alta qualità derivanti dagli orti della piana, dai numerosi allevamenti di ovini e bovini, dalla collina con i vigneti, i funghi e i tartufi, accompagnati dai tajarin.
Inegualiabili sono gli agnolotti piemontesi nella variante alessandrina e cioè di dimensione media con il ripieno ricco ed il sugo di stufato cotto nella Barbera invecchiata.
La tradizione pastorale di questa zona ci tramanda i rabatòn, piccole polpettine preparate con ricotta, erbette di campo, spinaci infarinati facendoli passare nella farina bianca. Palline che si possono servire in brodo o dorate al forno.
Alessandria vanta una buona produzione di prodotti derivanti dalla trasformazione della carne di ottima qualità, come, per esempio,i famosi salamini del Mandrogne, tipici della piana della Fraschetta.
Una chicca che pochi conoscono è che il tartufo bianco cresce anche in Alessandria, in quartieri vicinissimi al centro, sotto ai viali di tigli e nei prati cittadini. Naturalmente, poichè crescono sottoterra, bisogna avere un cane che li "senta".
Tra i secondi troneggiano il bollito misto e la bagna caòda.
Provare per credere in un ristorante, una vineria o in una trattoria, dove giovani osti vi stupiranno anche con idee di cucina innovativa pur partendo dalla tradizione.

Richard Gere ha detto...

Lo spirito di contrada è sempre presente nella vita di Alessandria.
Ai mercati rionali dei vari quartieri è facile incontrare gente, che ha piacere di scambiare qualche parola con voi.
I giovani sono espansivi, vivaci, pieni di voglia di vivere e di divertirsi in uno dei tanti locali per il tempo libero.
Gli anziani recitano un ruolo di primaria importanza nella vita alessandrina.
In Alessandria vivono bene e sono giustamente amati e rispettati. Vi è persino un Consiglio Comunale onorario, composto dai past amministratori pubblici.

Richard Gere ha detto...

Alessandria è stata fondata nel 1168 dopo aver resistito eroicamente all'assedio di Federico Barbarossa. Il suo compleanno è fissato il 3 maggio. Per la sua posizione strategica, situata fra due fiumi e vicina alle Alpi e al mare, intersezione della via Francigena e della via del Sale, è sempre stata una città d'importanza militare e con svariati ordini religiosi qui sorti nel medioevo. Di estremo interesse è la Cittadella di Alessandria, una fortezza a stella, unica in Europa fondata nel 1728 da Vittorio Amedeo II di Savoia.
Inizialmente fungeva da avamposto per la difesa dei confini del Regno e successivamente è stata ancora fino a qualche anno fa, gestita dall'esercito italiano. Ora, finalmente i suoi meravigliosi spazi saranno aperti al pubblico e visitabili.
Nella piana di Marengo, a 3 Km ad est della città nel 1800 si svolse la famosa battaglia fra l'esercito francese, guidato da Napoleone Bonaparte, e quello austriaco. Oggi al Museo di Marengo, sono visibili i cimeli di quella battaglia e frequenti sono le celebrazioni durante il mese di giugno.
L'arco di via Dante, è stato realizzato in ricordo di un soggiorno in città di Vittorio Amedeo III di Savoia e Maria Antonia Fernanda di Spagna.

Richard Gere ha detto...

L'architettura piemontese del'700 ha avuto diverse espressioni in questa città. Basta passeggiare per le vie del centro per farsi invadere dall'aria un pò austera e molto suggestiva che si respirava in quell'epoca.
L'ottocento è periodo che ha visto Alessandria protagonista dell'evoluzione industriale, con la coseguente costruzione dei palazzi residenza dell'alta borghesia.
Alessandria ha vissuto tutti i cambiamenti architettonici con passione continua anche nel'900, con il liberty dei quartieri della Pista Vecchia, di parte degli Orti e del Centro, e in seguito con la realizzazione di progetti innovativi ideati da architetti famosi in Europa: da Benedetto Alfieri a Gardella, a Leon Krier.
Preziosi sono gli esempi di architettura razionalista come il Palazzo delle Poste di Piazza della Libertà, decorato con i mosaici futuristi di Gino Severini.

Richard Gere ha detto...

Entrare in una pasticceria di Alessandria è un'esperienza sensoriale unica. Anzi ancor prima di entrare molto spesso ci si imbatte in un sublime concerto di profumi di cioccolato, panna, pasta frolla. Una volta dentro è gioia per gli occhi: bignè di tutti i tipi e di tutti i colori, chantilly, cannoncini, barchette, spumoni, savoiardi, baci e dolci anche inediti di cui ogni pasticceria custodisce gelosamente il segreto della ricetta. Merita menzione a parte la Polenta di Marengo, una torta creata nel 1933 dal confettiere Dante Chiabrera, fatta di farina di mais e mandorle, ancora una volta dedicata alla forte presenza napoleonica nella storia della città.
Altro dolce degno di nota è la Giacometta, una crema spalmabile a base di nocciole. Imperdibile poi è la classica tartufata e il tradizionale bounet. Ogni pasticceria ha una sua specialità: non perdetene neanche una.
Il Comune di Alessandria ne ha riconosciute alcune conferendo loro una denominazione specifica: la DECO (Deneominazione Comunale di Origine).

Richard Gere ha detto...

Alessandria è un centro commerciale naturale che offre molto di più di un outlet o di un unico centro commerciale.
Innanzitutto perchè è città vera, è umana ed è inserita in un contesto urbano gradevole, con i suoi negozi, le sue boutiques, le sue pasticcerie, dove chi arriva trova la simpatia e la professionalità dei commercianti, che posseggono la naturale vocazione di orientare i clienti verso scelte soddisfacenti.
Inoltre è molto piacevole venire a fare shopping in Alessandria, perchè è facile trovare nei pressi un parcheggio e poi è fantastico fermarsi per una sosta in un bar del centro, per gustare un gelato, sorseggiare un the o bere un aperitivo che da noi è tradizione servire con meravigliosi stuzzichini assortiti: provateli, da soli valgono quasi un pranzo o una cena!

Richard Gere ha detto...

Non ci si annoia mai ad Alessandria, in nessuna stagione. Gli alessandrini sono un miscuglio di razze che si ritrova con orgoglio in una unica che è l'alessandrinità e che significa voglia di fare.
Prendiamo ad esempio il concorso nazionale di chitarra classica "Michele Pittaluga": ha sede permanente in Alessandria e vede presenti i più grandi musicisti del mondo. E' una rassegna mondiale di carattere annuale, che occupa di fatto tutta l'Estate!
L'evento più tradizionale è la Fiera di San Giorgio, che si rinnova annualmente in primavera da più di 400 anni e ultimamente vede esposte le "eccellenze" di tutto il territorio.
La Mdonnina dei Centauri, poi, è un raduno anch'esso di interesse mondiale che vede riuniti tutti gli anni a luglio motociclisti che arrivano da ogni angolo d'Europa, persino dalla Norvegia e dalla Svezia.
Un altro appuntamento caratteristico è la festa di Borgo Rovereto, il quartiere più antico della città. E in Alessandia si produce spettacolo! Il Teatro Regionale Alessandrino è un teatro stabile dove vengono prodotte opere teatrali, piéces, spettacoli ogni giorno e un grande evento ogni due.

Richard Gere ha detto...

DIFFERENZIATA SI MA CON GIUDIZIO (Cambia la differenziata ad Alessandria)

“E’ urgente attivarsi per riportare entro accettabili limiti di spesa la raccolta differenziata in Alessandria se non si vuole portare i libri contabili in tribunale”. Questa, in sostanza, la dichiarazione del presidente dell’Amiu, Valerio Gennaro, nel corso della conferenza stampa in Comune, presente anche il sindaco Piercarlo Fabbio.
Un allarme giustificato a giudicare dalle previsioni di spesa illustrate. Infatti, il diagramma illustrativo del nuovo Piano Industriale sottoposto alla stampa evidenzia, a fronte di un utile di gestione del 2005 pari a 45 mila euro di attivo, si è scesi, già nel 2007, ad un passivo di 974 mila euro. E le previsioni per il 2008, insistendo sul porta a porta così come è strutturato attualmente, porterebbe, sempre secondo le previsioni dell’Azienda, ad una ulteriore crescita del passivo di 2.266 mila euro. Il progetto illustrato, invece, porrebbe un immediato stop alla spesa in corso riportando il passivo 2008, entro limiti meno onerosi, previsti in 900 mila euro.
Insomma, secondo il giudizio espresso dal Presidente dell’Amiu, ma anche dal Sindaco Piercarlo Fabbio, il porta a porta è bello ma così com’è stato concepito non ce lo possiamo proprio permettere.
E così, si sta mettendo mano ad un Piano Industriale quadriennale che prevede modifiche riguardanti il centro storico, ma soprattutto la periferia e i sobborghi,
Per il centro storico, quindi è previsto il mantenimento dell’attuale porta a porta con le seguenti modifiche:
1. Costruzione, nei prossimi quattro anni, di 10 isole ecologiche a scomparsa, accessibili unicamente a chi ne ha l’autorizzazione.
2. I rifiuti organici saranno ritirati tre volte la settimana, l’indistinto due volte. Per le utenze commerciali si procederà alla raccolta del cartone tre volte la settimana.
3. Svuotamento del vetro, dalle ore 6 alle 12 mentre, per quanto riguarda l’area pedonale, carta e cartone saranno raccolti dalle 6 alle 9.
Qualche perplessità ha però suscitato la dichiarazione secondo cui, i contenitori di carta e cartone dovranno essere esposti, svuotati e subito ritirati. Il che farebbe supporre che gli interessati dovrebbero essere presenti, per attivare questa incombenza, fin dalle 6 del mattino e mai dopo le 9. Nei quartieri periferici e nei sobborghi invece, i contenitori saranno posizionati all’esterno delle aree private, mentre, per l’organico, saranno realizzati degli “ecopunti” dedicati ad un ristretto numero di utenze. Il rifiuto organico nei quartieri sarà raccolto tre volte la settimana in estate e due in inverno. Saranno realizzate le isole ecologiche dedicate per raccogliere vetro, plastica, carta e sfalci di potatura e l’accesso sarà consentito soltanto a chi ne avrà preventiva autorizzazione.
Inoltre, saranno attivate nuove iniziative commerciali; raccolta e trasporto rifiuti speciali, svuotamento fosse biologiche, servizi di igiene ambientale. Infine saranno potenziati i servizi di vigilanza per contrastare l’insorgere di discariche abusive, la disattenzione dei proprietari dei cani riguardo le deiezioni abbandonate un po’ dovunque, l’abbandono dei rifiuti nei pressi dei contenitori ed altro ancora.
Tutto quanto programmato e illustrato dal piano investimenti per il periodo 2008-2011 ammonta complessivamente a 19 milioni 129 mila euro, che saranno così suddivisi:
• 12.689.000 euro, pari al 73 per cento, sarà destinato all’innovazione.
• 2.295.000 euro, pari al 19 per cento, riguarderà la sostituzione delle attrezzature.
• 520.000 euro, pari al 5 per cento, sarà destinato alla manutenzione.
• 445.000 euro, pari al 2 per cento, per il potenziamento dei mezzi.
• 180.000 euro, pari all’1 per cento, la quota riservata allo sviluppo del personale e al sistema informativo.
Un piano industriale impegnativo quello varato dall’Amiu, che richiederà spirito di collaborazione da parte dei cittadini per avere successo. E’ comunque previsto un calo nella raccolta della differenziata, per ammissione dello stesso presidente dell’Amiu.

Richard Gere ha detto...

ARTE E CASTELLI





Un diversificato patrimonio storico artistico dai contenuti profondi e radicati nel territorio e nella cultura popolare. Terra di multiformi molteplicità artistiche, storiche, culturali e monumentali. Le innumerevoli testimonianze del passato narrano di un territorio di pasaggio per persone e merci, di incontri e scambi culturali importanti. Un naturale connubio tra paesaggio e cultura, tra storia e espressione artistica. I ritrovamenti archeologici del sito di Guardamonte in Val Curone e di Morano Po, ma anche di Acqui Terme e Villa del Foro, fissano le prime frequentazioni di questo territorio molto prima della comparsa dei Romani.



In seguito i Romani imprimeranno al territorio un volto nuovo, valorizzando la posizione strategica favorevole per le comunicazioni e scambi. Di quell'epoca rimangono, fra l'altro, llo splendido scorcio, messo in luce dagli scavi della città di Libarna, i reperti emersi durante gli scavi di Villa del Foro e Tortona, i resti della Piscina Romana, dell'Acquedotto ed i reperti conservati nel museo Archeologico di Acqui Terme, che attestano già al tempo la fama della cittadina come località termale. Nei secoli a seguire un susseguirsi di incursioni e conquiste lasciarono fortificazioni e baluardi difensivi un pò in ogni borgo: sono 54 i fascinosi manieri che, perfettamente integrati con l'ambiente circostante, si possono scorgere all'orizzonte attraversando l'alessandrino e che, nel tempo sono rimasti lì, fieri custodi di memorie di un tempo lontano al confine tra storia e leggenda, fra mito e realtà. Non solo le orme dei conquistatori si possono scorgere qui ma anche quei segni minori di un passaggio costante e lento di genti, di mercanti e di pellegrini che lungo la Via Fracigena si trovano a toccare questi luoghi.



I pellegrinaggi in modo particolare hanno lasciato segni di importanti tradizioni religiose, echi lontani di una spiritualità qui radicata da secoli, fra cultura popolare ed attestazioni devozionali di alto livello artistico: da Santa Croce di Bosco Marengo, a Trinità da Lungi di Castellazzo Bormida, dall'Abbazia di Rivalta Scrivia al Santuario di Crea o Santa Giustina di Sezzadio, che , oltre che ai fedeli, offrono emozionanti suggestioni anche agli appassionati e cultori di Arte e Storia. La provincia accoglie numerosi tesori d'arte e cultura di indiscussa fama internazionale: il medioevo cortese delle "Stanze di Artù" ad Alessandria cede il campo all'arte razionale dei Vasari, a Bosco Marengo, mentre Casale, antica capitale del Monferrato, propone oltre ai tesori dell'arte ebraica nella splendida Sinagoga, una vasta offerta di proposte culturali di alto livello sino a giungere all'arte moderna e contemporanea rintracciabili in tutto il territorio: basti citare le opere di Giuseppe Pelizza, di Carlo Carrà, di Arturo Marini, di Gino Severini e di Ignazio Gardella. Terra di tradizioni fortemente rurali la provincia di Alessandria ha conservato nei propri musei etnografici un patrimonio unico, che è memoria del lavoro, della fatica e della comunità umana dell'Appennino come della Pianura. La Lachera, la "danza contro
il
tiranno" e il Museo della Maschera a Roccagrimalda rappresentano un felice esempio di come la cultura "bassa" sappia raccontare le nostre radici più profonde.



Ma è attraverso la figura di Napoleone che la provincia entra nella storia, legando il suo nome alla celebre Battaglia di Marengo che mutò inevitabilmente il destino d'Italia e di tutta Europa a livello sia politico sia ideologico, le cui tracce qui si manifestano attraverso monumenti celebrativi, cime Villa Delavo a Spinetta Marengo, o baluardi militari coinvolti nella battaglia, come il suggestivo Forte di Gavi.

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Il Monferrato e la sua storia



Si ringrazia il professor Roberto Maestri, presidente del Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, per il lavoro che svolge e per lo spazio che ha voluto concederci arricchendo il valore di questo strumento.


1 Origine

"Dove si trovava l’antico Monferrato?" è una delle domande più frequenti poste da chi desidera acquisire informazioni sulla storia del Monferrato. È un quesito per cui è difficile trovare una risposta adeguata e convincente; le attuali indicazioni geografiche, dettate prevalentemente da esigenze turistiche, non ci aiutano di certo: alto, basso Monferrato, Monferrato casalese, ecc… servono, in molti casi a generare ulteriore confusione.
Come affermato efficacemente da Aldo Settia "L'organismo politico noto come marchesato di Monferrato, che per 600 anni tenne un posto fra i potentati dell'Italia occidentale, è una realtà in gran parte sfuggente; nell'incessante succedersi degli acquisti e delle perdite, delle infeudazioni e delle subinfeudazioni, manca infatti la possibilità di fissarne con chiarezza i connotati territoriali".
Il primo Monferrato è riconducibile ad un'area che dalla confluenza tra il Po e il Tanaro, presso Valenza, si è lentamente allargata verso occidente risalendo i corsi divergenti dei due fiumi fino a raggiungere, sul finire dell'XI secolo, la regione collinare compresa tra il Po ed il torrente Versa.

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2 Le Capitali

Tra le caratteristiche fondamentali del marchesato di Monferrato vi è l’assenza, almeno in epoca aleramica, del concetto di capitale: siamo infatti in presenza di una vera e propria “corte itinerante” e solo con l’avvento della dinastia paleologa, ovvero con l’arrivo in Monferrato nel 1306 di Teodoro I, Chivasso, pur non assumendo le caratteristiche di una vera capitale, diviene la residenza preferita dai marchesi i quali però soggiornano non frequentemente a Valenza, Moncalvo, Pontestura, Trino e per un breve periodo ad Asti, fino alla perdita di Chivasso nel 1435 a favore dei Savoia. Dal 1474 Casale si può dire che assuma le funzioni di “capitale” dello Stato paleologo; nel 1536, il passaggio del marchesato ai Gonzaga pone il Monferrato in una condizione di “Stato satellite” rispetto agli interessi gonzagheschi che hanno Mantova come loro capitale; tale situazione non muta nemmeno nel 1631 quando alla estinta dinastia dei Gonzaga di Mantova subentra il ramo collaterale dei Gonzaga-Nevers. Il Monferrato, fino al passaggio ai Savoia, nel 1708, resta sotto la sovranità esercitata da Mantova.

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3 Il Territorio

La zona di influenza dei marchesi di Monferrato può essere ricostruita, in modo puramente indicativo, osservando la presente carta geografica:







Lo sviluppo del marchesato avviene attorno alle località di Acqui Terme, Alba, Casale Monferrato, Chivasso e Moncalvo. Nel periodo di sottomissione a Mantova il Monferrato risulta suddiviso in diverse aree geografiche: Casalese, Canavese, Acquese, Albese, queste aree sono denominate, rispettivamente, Monferrato “superiore” ed “inferiore”. Solo dopo l’annessione del Monferrato ai Savoia viene introdotta la definizione di “alto” e “basso” Monferrato, con significato capovolto tenendo conto del punto di vista di chi guarda il territorio da Torino e del fattore altimetrico.

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4 Gli Aleramici

La dinastia degli Aleramici di Monferrato è rappresentata dai seguenti marchesi


Aleramo 933 967
Guglielmo II ? ?
Oddone I ? 991
Guglielmo III 991 1042
Oddone II 1042 1084
Guglielmo IV 1084 1100
Ranieri 1100 1135
Guglielmo V 1135 1190
Corrado 1190 1192
Bonifacio I 1192 1207
Guglielmo VI 1207 1225
Bonifacio II 1225 1253
Guglielmo VII 1253 1292
Giovanni I 1292 1305


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5 I Paleologi

La dinastia dei Paleologi di Monferrato è rappresentata dai seguenti marchesi


Teodoro I 1306 1338
Giovanni II 1338 1372
Secondotto 1372 1378
Giovanni III 1378 1381
Teodoro II 1381 1418
Giangiacomo 1418 1445
Giovanni IV 1445 1464
Guglielmo VIII 1464 1483
Bonifacio III 1483 1494
Guglielmo IX 1494 1518
Bonifacio IV 1518 1530
Giovanni Giorgio 1530 1533


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6 I Gonzaga di Mantova

La dinastia dei Gonzaga duchi di Mantova e di Monferrato, è rappresentata da:


Federico II 1536 1540
Francesco III 1540 1550
Guglielmo 1550 1587
Vincenzo I 1587 1612
Francesco IV 1612 1613
Ferdinando 1613 1626
Vincenzo II 1626 1627






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7 I Gonzaga - Nevers

La dinastia dei Gonzaga - Nevers, duchi di Mantova e di Monferrato è rappresentata da:


Carlo I 1631 1637
Carlo II 1637 1665
Ferdinando Carlo 1665 1708






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8 La Numismatica



L'analisi della produzione monetaria all'interno dello Stato di Monferrato si presenta come un problema molto complesso. Parlare di moneta di Monferrato significa prendere in esame un arco temporale di sette secoli, spaziando dall'età aleramica fino al passaggio del ducato ai Savoia. Il discorso non può essere limitato a semplicemente alle monete prodotte dalle zecche - vere o presunte - che coniarono monete a nome dei Marchesi e dei Duchi di Monferrato. Per una piena comprensione dei fenomeni monetari relativi al territorio occorre considerare elementi più ampi quali la circolazione delle specie monetarie straniere all'interno del Monferrato e le presenze di monete monferrine al di fuori dello Stato di Monferrato, sia come ritrovamenti che come citazioni più o meno episodiche all'interno dei provvedimenti amministrativi che regolamentavano il corso locale della moneta. Tutti elementi, questi, che in situazioni di mancanza di documentazione archivistica permettono delineare un quadro ampio e concreto dei flussi monetari relativi allo Stato di Monferrato.



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Provincia di Alessandria

ALESSANDRIA

Chiesa di Santa Maria di Castello
Già Duomo di Alessandria, questa chiesa è la custode delle testimonianze più antiche sulla fondazione di Alessandria. Su questo territorio sorgeva infatti il castello di Rovereto, accanto al quale la primitiva chiesa di Santa Maria fu costruita intorno al IX secolo. L’edificio originario è ancora riconoscibile in alcuni particolari dell’interno, ma la chiesa fu ristrutturata nel Quattrocento seguendo i canoni tardo-gotici, gli stessi dell’annesso convento e del chiostro, atto ad ospitare pellegrini e viandanti e oggi Ostello della gioventù, nonché sede di Alexala, ente di valorizzazione del territorio e di informazioni turistiche. Dopo la soppressione napoleonica, il convento venne adibito prima a magazzino, poi a ospedale e quindi a carcere e scuola. Tra le opere presenti nella chiesa, il Compianto su Cristo Morto, gruppo in terracotta policroma del XVI secolo, ristrutturato di recente dal maestro di Aramengo Guido Nicola, la Madonna con Bambino ad affresco attribuita a Giorgio Soleri (XVI secolo), e il coro seicentesco in legno.
Chiesa di Santa Maria di Castello
piazza Santa Maria di Castello
tel. 0131223489 (abitazione del parroco)
Visite: dal lunedì al venerdì dalle 17.00 alle 19.30; il sabato dalle 14.00 alle 19.30; la domenica dalle 8.00 alle 12.00

Piazza della Libertà
Nell’antica piazza della città, per secoli vero centro civico e sede dell’antico duomo di San Pietro fatto demolire nel 1803 da Napoleone, oggi sorgono i più importanti palazzi di Alessandria. Sul lato meridionale il Municipio, soprannominato Palazzo Rosso per il colore della facciata, da un disegno del 1772 di Giuseppe Caselli. Sul lato orientale l’imponente Palazzo Ghilini, in stile barocco piemontese, un tempo sfarzosa residenza dei marchesi Ghilini e oggi sede della Prefettura e dell’Amministrazione Provinciale. Parzialmente nascosto, sulla destra di Palazzo Ghilini, sta Palazzo Cuttica di Cassine, oggi sede del conservatorio “Antonio Vivaldi”, edificato alla fine del Seicento come dimora familiare. Gusti rococò e neoclassico si ritrovano negli interni e nel balcone esterno sorretto da cariatidi. Proseguendo lungo via Parma si arriva alla cattedrale di San Pietro (con la seconda torre campanaria più alta d’Italia), di stile neoclassico, eretto nel 1875 da Edoardo Arbiorio Mella. Sul lato nord di piazza della Libertà, il Palazzo delle Poste e dei Telegrafi, edificato in puro stile razionalista nel 1939 da Franco Petrucci, vanta un pregevole mosaico di Gino Severini sulla parte bassa della facciata, che racconta la storia dei servizi postali e telegrafici. Nell’angolo nord-occidentale l’ex Comando del Presidio Militare (in fase di restauro), ove durante il Medioevo sorgeva la sede del governo della città.

Museo del Cappello Borsalino
Il Museo è ospitato all’interno della storica sede della fabbrica di cappelli, fondata nel 1857 da Giuseppe Borsalino, che ha reso Alessandria famosa nel mondo. L’esposizione è collocata nella Sala Campioni, e comprende i campioni di tutti i copricapo realizzati dalla Borsalino dall’anno della fondazione fino a oggi, per un totale di circa 2000 esemplari, esposti negli storici armadi della Borsalino, disegnati da Arnaldo Gardella. Ogni sezione del museo racconta, con percorsi multimediali, il fitto intreccio tra la fabbrica e la città, che prosegue da oltre 150 anni. Il resto della struttura è occupato quasi interamente dall’Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”, che la utilizza come sede principale.
Museo del Cappello Borsalino - via Cavour, 84
tel. 0131326463 (Ufficio Borsalino) e 013140035 (Ufficio Cultura del Comune)
Visite: mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.00 (per gruppi e scuole su prenotazione allo 0131234794)

Palazzo Monferrato
Il suggestivo palazzo, fatto edificare nel 1931 dalla Camera di Commercio di Alessandria, affronta con superbi risultati l’eclettismo architettonico del Novecento, opera dell’ingegnere Giovanni Chevalley. Lo stile si esplicita nella fusione di elementi barocchi a parti di impronta espressionista, con la contrapposizione di soluzioni auliche a semplici scelte funzionali. Dopo la ristrutturazione, il Palazzo ospita mostre, esibizioni ed eventi culturali, tesi a valorizzare il binomio arte-territorio. L’interno si estende per circa 2000 metri quadrati su quattro piani; da citare il salone in marmo, caratterizzato da una grande pittura murale, e la scala d’onore in travertino, che richiama lo stile dei palazzi nobiliari in età barocca.
Palazzo Monferrato - via San Lorenzo, 21 - tel. 848886622
Visite: durante le esposizioni a seconda degli orari stabiliti


A pochi chilometri...
Castellazzo Bormida (11 km) dove, all’ingresso del paese, si è accolti dal Santuario della Creta, meglio conosciuto come Madonnina dei Centauri, protettrice dei motociclisti. Ogni anno, in luglio, il Santuario accoglie migliaia di motociclisti da ogni parte del mondo, che formano un festoso corteo che si muove lungo le strade della provincia.


ACQUI TERME

Antiche terme di Acqui
L’antico nome romano della città, Aquae Stellae, allude all’abbondante presenza di acque termali, le stesse di cui già Plinio il Vecchio scriveva nel I secolo d.C. A quel periodo risalgono le prime strutture, parte delle quali ancora presenti oggi, che alimentavano piscine private, fontane e complessi termali. Dopo la scomparsa di numerose strutture nel corso dei secoli, dagli anni Trenta ad oggi le Terme di Acqui hanno vissuto una costante crescita, sia strutturale sia qualitativa, puntando sulla ricerca scientifica relativa alla fangobalneoterapia, con la costruzione di alcuni reparti di cura e la fondazione del Centro di Studi di Reumatologia e Fangobalneoterapia. Per pernottamenti c’è il sontuoso Grand Hotel Nuove Terme, collegato internamente allo stabilimento termale.
Terme di Acqui - via XX Settembre, 5 - tel. 0144324390 - termediacqui.it
Grand Hotel Nuove Terme**** - piazza Italia, 1 - tel. 014458555 - antichedimore.com

La Bollente
L’acqua sgorga da questa antica sorgente a 75° C. In epoca medievale, la piazza antistante era sempre animata da botteghe e ospizi, che traevano dalla fonte il proprio lavoro. Alla fine del XVI secolo i Gonzaga, privilegiando le fonti al di là del fiume Bormida, ne oscurarono l’importanza addirittura interrando la sorgente. Soltanto nell’Ottocento si decise di valorizzare di nuovo l’area, con la costruzione nel 1879 di un’edicola marmorea in stile contemporaneo. Suggestivo il colpo d’occhio che si ha guardando verso la Porta della Bollente, che collega direttamente con corso Italia, che un tempo era la porta di accesso principale della città.
Curiosità: si dice “sgaientò” il gesto augurale che chiunque arriva ad Acqui, in piazza della Bollente, è invitato a fare: mettere una mano nell’acqua sulfurea - bollente appunto - che sgorga dalla porta.

Palazzo Robellini
L’esterno del palazzo, con l’imponente colonnato, richiama gli anni dell’edificazione, ad opera di Giovanni Antonio Robellini, sul finire del Cinquecento. Gli interni si presentano invece più moderni, grazie alla ristrutturazione del XVIII secolo dei Dagna Sabina, a cui sono attribuiti lo scalone e gli ambienti aulici. Ai piani, Palazzo Robellini ospita attualmente gli uffici comunali dell’assessorato alla cultura e la sala mostre civica. Nelle ampie cantine ha invece sede l’Enoteca Regionale di Acqui Terme, dove sono stati selezionati i migliori vini della zona, proposti all’assaggio e all’acquisto. Sosta imperdibile.
Palazzo Robellini - piazza Levi, 7 - tel. 0144770272
Enoteca Regionale di Acqui Terme - piazza Levi, 7 - tel. 0144770273/4
Visite: martedì, giovedì, venerdì e sabato dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00; la domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00 (chiuso lunedì e mercoledì)

Castello dei Paleologi
Sebbene sia conosciuto come il castello dei marchesi del Monferrato, la prima proprietà risale al 1056. Era il vescovo di Acqui Terme a utilizzare l’edificio come residenza privata. Passato nelle mani della famiglia dei Paleologi, Guglielmo VII ne promosse la ricostruzione nel decennio 1480-1490. Nel corso degli anni il castello subì numerosi rimaneggiamenti, dei Gonzaga prima, degli architetti Scapitta e Ferroggio poi: fu quest’ultimo a edificare nel 1789 le carceri. Dai tempi dei marchesi del Monferrato la funzione del castello rimase solo più militare: ne sono testimonianza i gravi danni alle cortine, inadeguate alle armi da fuoco francesi che la espugnarono nel 1746. Dal 1967 il castello ospita le collezioni del Museo Civico Archeologico, con reperti dal periodo preistorico all’epoca romana; il parco interno è stato ristrutturato e trasformato in una zona di tutela di animali e specie vegetali. Merita una visita per le suggestive scalinate che portano nelle varie sale del castello.
Castello dei Paleologi - via Morelli, 2 - tel. 0144.770272
Visite: dal mercoledì al sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30; domenica dalle 15.30 alle 18.30 (chiuso il lunedì e martedì)


A pochi chilometri...
Merita una visita Cassine (13 km), dove ogni anno ai primi di settembre si tiene la Festa Medievale, una rievocazione storica ambientata nelle vie del paese. La chiesa di San Francesco, a Cassine, rappresenta un perfetto esempio di stile gotico lombardo del XII secolo, con i due campanili (uno del Seicento) e la facciata in cotto decorata con archetti pensili.
Strevi (7 km) è un paese costituto da due nuclei, che gli abitanti chiamano “di sopra” e “di sotto”. La città annovera anche la Valle Bagnario, dove si produce il vino passito di uve moscato detto Strevi.


ALFIANO NATTA

Tenuta Castello di Razzano
Il castello sorge su un antico sito romano, con un impianto originale risalente con molta probabilità alla metà del IX secolo. La preziosa dimora nobiliare risale al 1697, e conobbe momenti di particolare prestigio durante il Settecento grazie alla famiglia Caligaris, che ne conservò la proprietà per oltre 200 anni. Dagli anni Sessanta la proprietà è passata alla famiglia Olearo che ha ridato splendore al castello, utilizzando le antiche cantine per l’esposizione dei vini prodotti in azienda, un museo delle contadinerie e varie sale di degustazione. All’interno del maniero è presente un relais con suites che si affacciano sulla bella corte che ospita un rigoglioso giardino all’italiana.
Tenuta Castello di Razzano - loc. Razzano, 2 - tel. 0141922124 - castellodirazzano.it


ALTAVILLA MONFERRATO

Cappella Votiva “La Rotonda”
La Cappella è inserita nel parco della casa di Mazzetti d’Altavilla, storica distilleria del Monferrato. L’edificio fu costruito dall’abate spoletino Agostino Vitoli, attivo nell’area di Casale Monferrato a partire dal 1785. Edificio a pianta circolare, alta oltre dodici metri, la Cappella è conosciuta come “La Rotonda” per via della sua forma e della parte superiore, costituita da lesene pure in mattoni. L’architettura è di impronta neoclassica, anche se lo stile del Vitoli presenta elementi di discontinuità con la concezione del neoclassicismo illuminista.
Cappella Votiva “La Rotonda” - viale Unità d’Italia, 2 - tel. 0142926147 - mazzetti.it
Visite: su prenotazione


BOSCO MARENGO

Complesso Monumentale di Santa Croce
Fu per volere di papa Pio V, Antonio Ghisleri, originario di Bosco Marengo, che il complesso conventuale domenicano di Santa Croce fu fatto edificare durante gli anni dei suo papato, tra il 1566 e il 1572. La chiesa, splendido esempio di Rinascimento alessandrino di Ignazio Danti, ebbe in origine il compito di custodire le spoglie del pontefice (che rimasero invece a Roma). All’interno, forti testimonianze artistiche si ritrovano nelle opere del Vasari (suoi, tra gli altri, l’originario altare maggiore, il Giudizio Universale e l’Adorazione dei Magi), l’imponente mausoleo di Pio V, in marmo verde e porfido, un crocifisso ligneo del 1570 attribuito al Siciliano. La chiesa, recentemente scelta dal World Political Forum come propria sede, sta subendo in questi anni importanti opere di restauro. Anche il primo chiostro dell’originario convento domenicano è in fase di restauro.
Complesso Monumentale di Santa Croce - piazza Vasari - tel. 0131299410
Visite: su prenotazione


CAMINO MONFERRATO

Castello di Camino
L’edificazione del castello viene fatta risalire attorno all’anno 1000, anno in cui, secondo gli archivi, gli aleramici fecero costruire l’imponente torre di 44 metri. Nel 1323 il maniero passò nelle mani della famiglia Scarampi, banchieri di Asti, e così rimase fino al 1950. Come molti dei castelli del Monferrato, Camino fu teatro di uno scontro epico, al limite della leggenda, raccontato da Matteo Bandello nella sua XIII novella. Per merito delle numerose opere di restauro e di un ottimo stato di conservazione, possono ancora essere ammirate le mura e le torri merlate del nucleo originario. Del Settecento la costruzione delle finestre ad arco sulla sommità della torre, la posa dei balconi in pietra sulla facciata e il rifacimento dello scalone e della sala dal ballo. Recentemente è stato anche restaurato il ponte levatoio. All’interno del castello oggi vengono organizzati eventi, prodotti i vini tipici del Monferrato, e nell’ala sinistra del maniero è stata realizzata un’affascinante foresteria con posti letto. Da visitare anche l’ampio parco che circonda il maniero.
Castello di Camino - via Castello, 30 - tel. 3355383307 (Associazione culturale di promozione sociale “Castello di Camino Monferrato”) - castellodicamino.it
Visite: su prenotazione

Tenuta Monastero di Rocca delle Donne
Il monastero sorge su uno sperone di roccia tufacea, sede di antichi insediamenti fatti risalire ai primi comitati degli Aleramici, intorno alla fine del X secolo. La leggenda vuole però che siano stati addirittura i Cimbri, di stirpe germanica, a rifugiarsi su questa roccia dopo la sconfitta contro il console Mario, chiamando il loro insediamento Rocca delle Donne. Fino al 1492, anno della chiusura, il monastero rivestì grande importanza, anche grazie alla guida di Adalasia, sorella del marchese di Monferrato Guglielmo IV, uno dei più prestigiosi personaggi della feudalità italica. Negli interni del monastero sono da ammirare i pregevoli soffitti a cassettoni, con volte a vela, la Sala Capitolare e quella del camino, che accolgono spesso sfilate di moda e mostre. Dopo essere stato per secoli il rifugio di viandanti e forestieri, il monastero di Rocca delle Donne ospita una struttura Bed&Breakfast, adibita nel caseggiato che chiude il lato orientale del monastero.
Tenuta Monastero di Rocca delle Donne - via Monastero, 10 - fraz. Rocca delle Donne - tel. 0142469326
Visite: su prenotazione


CASALE MONFERRATO

Castello dei Paleologi
La posizione strategica di questa struttura, chiusa tra l’argine del Po da un lato e dal semicerchio fortificato dall’altro, l’imponente pianta esagonale e l’ampio fossato lasciano intuire l’importanza militare e strategica che ebbe nei secoli per la città di Casale. Sul portale campeggia lo stemma in marmo dei Paleologi, signori del Monferrato. Al completamento dei lavori di restauro, a oggi in corso, il Castello ospiterà la biblioteca civica e un centro per le attività culturali della città.
Castello dei Paleologi - piazza Castello - tel. 0142444330 (ufficio comunale)
Il Castello è chiuso per restauro

Duomo
La cattedrale, in stile romanico, è dedicata a Sant’Evasio, patrono della città. Il primo impianto risale al 1108, anno della consacrazione, rimaneggiato successivamente fino a metà Ottocento. La maestosa facciata a capanna, in arenaria e mattoni, è delimitata da due campanili duecenteschi. La parte più imponente è il raro nartece che apre alle cinque strette navate. Di grande interesse la Cappella dedicata a Sant’Evasio, in corrispondenza del transetto, opera di Benedetto Alfieri, che riporta l’effigie del patrono cittadino.
Cattedrale di Sant’Evasio - via Liutprando, 22 - tel. 0142452520 (parrocchia) - 0142451999 (prenotazioni)
Visite: tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.30; visite al tesoro del duomo su prenotazione o il 2° fine settimana di ogni mese dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 17.00 17

Sinagoga
La Sinagoga, costruita a partire dal 1595, è considerata una delle più belle d’Europa. Dietro la facciata austera l’edificio nasconde pareti e soffitti interamente decorati di stucchi dorati, verdi e azzurri. Di grande interesse storico le Tavole della Legge contenute nell’Arca in legno dorato (VIII secolo), a sua volta delimitata da due bassorilievi raffiguranti le città di Gerusalemme e Hebron. Annesso alla Sinagoga, il Museo di Arte e Storia Ebraica custodisce importanti testi religiosi e preziose testimonianze relative alla storia della comunità ebraica di Casale Monferrato.
Sinagoga e Museo di Arte e Storia Ebraica - vicolo Olper, 44 - tel. 014271807
Visite: la domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00; in settimana per gruppi e su prenotazione. Chiuso il sabato e in occasione delle festività ebraiche.

Museo Civico
Risale al XII secolo la sede del Museo Civico, che fa parte dell’ex convento agostiniano di Santa Croce. L’ampio chiostro accoglie alcuni affreschi del pittore Guglielmo Caccia detto Il Moncalvo, originario dell’omonimo paese del Monferrato. Seppure non sia stato esposto tutto il materiale in possesso, le Raccolte Civiche annoverano importanti pezzi della storia dell’arte piemontese e lombarda a partire dal XVI secolo. Immancabile una visita alla Gipsoteca Leonardo Bistolfi, in cui sono attualmente esposte 120 opere dello scultore, nato a Casale nel 1859.
Museo Civico e Gipsoteca Leonardo Bistolfi - via Cavour, 5 - tel. 0142444309 (museo) - tel. 0142444249 (prenotazioni)
Visite: sabato e domenica dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.30 (gli altri giorni su prenotazione)


A pochi chilometri...
Casale è stata capitale del Monferrato, e si estende in una zona caratterizzata dalla dolcezza dei rilievi collinari, dediti alla produzione di vini Barbera e Grignolino. Da Casale, verso Asti e verso Torino, si scorgono numerosi castelli che si ergono con le loro torri al di sopra dei vari paesi. Uno dei primi che si incontra è quello di San Giorgio Monferrato (5 km), che porta il nome di Castel Ricaldone, tra i più antichi del Monferrato (X secolo).

CELLA MONTE

Gli “infernott”
Il paese di Cella Monte sorge su una dorsale tufacea, e il suo nome ricorda le prime stanze scolpite nel tufo scavate a uso abitativo. A questa tradizione risalgono gli “infernott”, piccole cantine scolpite nella roccia, che un tempo erano utilizzate come dispensa per la conservazione dei cibi nei giorni di festa. Decisamente affascinanti per via della loro struttura, spesso anche con il tavolo e le mensole ricavati dal tufo, oggi gli infernott hanno perlopiù lo scopo di conservare i vini. Dove sorgeva l’antico castello di Cella Monte c’è Villa Perona, azienda vitivinicola e agrituristica, sorta nel 1874 e costruita interamente in tufo.
Villa Perona - strada Perona, 1 - tel. 0142488280 - www.villaperona.it


FRASSINELLO MONFERRATO

Castello di Lignano
Il passato del Castello di Lignano è ricco di storia e di suggestioni. Le sue origini, incerte, risalgono all’epoca romana (da cui il nome, Castrum Lignani), quando la struttura comprendeva l’odierno blocco del primo cortile. L’epigrafe presente nel cortile principale, a Lucio Herennio Lhennius, che probabilmente diede il nome al castello, e i continui ritrovamenti di reperti archeologici accreditano le prime tracce intorno al X secolo. Successivamente, nell’XI secolo, il castello fu ampliato con la struttura attuale, e delle quattro torri originarie ne rimane soltanto più una, che ha mantenuto l’originale composizione a mattoni e tufo. All’interno del maniero oggi è attiva un’azienda agricola vitivinicola, che estende le sue vigne sulla collina circostante, per un totale di quindici ettari.
Castello di Lignano - strada Castello di Lignano, 1 - tel. 0142925326 - castellodilignano.com
Visite: su prenotazione


FUBINE

Cascina Meraviglia - Enosis
All’interno della seicentesca Cascina Meraviglia, appartenuta un tempo ai conti Cacherano di Bricherasio, è stata inaugurata nel 2005 Enosis, un avanzato quanto rivoluzionario centro di servizi e ricerca nel campo dell’enologia e della viticoltura, voluto dall’enologo Donato Lanati. Nei 2500 metri quadrati in cui si estende la struttura, sono stati allestiti laboratori, sale di degustazione, cantine e sperimentali e zona universitaria (Enosis è anche sede didattica della Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Torino). All’esterno, una vigna sperimentale di 5 ettari, la metà dei quali destinati alla coltivazione di 37 varietà autoctone italiane e alcune a diffusione internazionale.
Cascina Meraviglia - Enosis - via per Cuccaro, 19 - tel. 0131798311 - enosis.it


GABIANO

Castello di Gabiano
Le documentazioni parlano di un maniero fondato dallo stesso Aleramo all’estremo nord-ovest dell’attuale provincia di Alessandria, già nell’VIII secolo. È tuttavia dal 1164, con l’investitura di Gugliemo II del Monferrato per mano di Federico I, che il castello diventa nodo strategico per il Monferrato. Passato nelle mani dei Montiglio, dei Gonzaga e infine a Ferdinando di Mantova, viene infine ceduto ad Agostino Durazzo nel 1622. Dopo un attento restauro compiuto attorno al 1920, oggi il castello è sede di attività culturali e di un’azienda vitivinicola. Di pregevole importanza storica i torrioni a pianta quadrata e circolare.
Castello di Gabiano - via San Defendente, 2 - tel. 0142945004 - castellodigabiano.com
Visite: su prenotazione


GIAROLE

Castello Sannazzaro
Edificato dalla famiglia Sannazzaro nel XIII secolo su licenza del Barbarossa, il castello ha offerto per secoli un punto difensivo di estrema importanza per il Monferrato. La struttura è a pianta quadrilatera, con due torri anch’esse quadrate che interrompono le lunghe cinta murarie, in modo da permettere la difesa del castello pressoché da ogni punto. La terza torre, la più alta, era preposta invece all’avvistamento (ancora oggi dalla sua cima si possono avvistare i castelli e le torri adiacenti, fino a Casale Monferrato). Nel corso dell’Ottocento il castello ha subito alcuni rimaneggiamenti che hanno conferito tratti neogotici al complesso. Da segnalare, nell’ala Sud, il balcone del salotto dove Napoleone III e Vittorio Emanuele II si affacciarono per salutare la folla in festa alla vigilia della Seconda Guerra d’Indipendenza. Nel salone del pianterreno si possono ammirare due tele di Pier Francesco Guala, molto legato alla famiglia Sannazzaro, datate 1737. Annessa al castello, la chiesa di San Giacomo, edificata nel corso del XIV secolo come cappella gentilizia. Oggi è possibile pernottare all’interno del castello, ancora di proprietà della famiglia, soggiornando in camere arredate con mobili d’epoca.
Castello Sannazzaro - tel. 3472505519 - castellosannazzaro.it


MASIO

Castello di Redabue
Il Castello di Redabue, situato all’interno dei confini del paese di Masio, risale al XIII secolo, epoca di datazione di alcuni archi di tufo alternati a mattoni. La sua posizione strategica, tra la provincia di Alessandria e quella di Asti, a difesa della media valle del Tanaro, si rivelò spesso uno svantaggio a causa delle ripetute devastazioni e saccheggiamenti che dovette subire nel corso degli anni anche a causa degli scontri tra le famiglie dei Paleologi e dei Visconti per il dominio del Monferrato. Oggi sono aperti al pubblico gli spazi dell’antica cantina, alla base del castello, e la chiesta adiacente, disegnata da Filippo Juvarra come prototipo della futura Superga. Di rara suggestività il parco, che si estende per oltre dieci ettari con piante secolari come il lauro, il salice e l’ippocastano. Nelle case di fronte, un tempo adibite all’abitazione del fattore e della servitù, sono stati realizzati alcuni appartamenti, per un totale di circa 20 posti letto, per passare un suggestivo weekend.
Castello di Redabue - strada Redabue, 5 - tel. 3406589310 - redabue.it


NOVI LIGURE

Museo dei Campionissimi
Il Museo, inaugurato nel 2003 e fortemente voluto dalla comunità locale, è dedicato ai due Campioni di ciclismo di origine novese: Costante Girardengo e Fausto Coppi (quest’ultimo nativo di Castellania, paese poco distante). Nei 3000 metri quadrati dell’esposizione viene raccontata la storia della bicicletta, fino alle avventure dei due ciclisti che hanno reso famosa la città. La struttura ospita anche eventi fieristici, tra cui Dolci Terre di Novi, una rassegna enogastronomica annuale dedicata alla promozione dei prodotti tipici locali, e Mastro Artigiano, un’esposizione dell’artigianato d’eccellenza piemontese certificato con un marchio conferito dalla Regione Piemonte.
Museo dei Campionissimi - viale dei Campionissimi - tel. 014372585 (Iat) -
Visite: venerdì dalle 15.00 alle 19.00, sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 19.00 (dal 1° aprile dalle 10.00 alle 20.00); altri giorni visite su prenotazione (solo per gruppi di almeno 10 persone)

Piazza Dellepiane
Questa piazza rappresenta l’antico cuore nobile di Novi Ligure, con i suoi palazzi dipinti che ricordano lo stile genovese (Novi ha fatto parte della Repubblica di Genova dal 1447 al 1815) e la presenza dei più importanti edifici della città. La Chiesa della Collegiata, dedicata a Santa Maria Assunta, fu fondata tra il VI e il VII secolo sopra le fondamenta di un tempio pagano, e successivamente modificata nel XVIII secolo. Di notevole interesse, Palazzo Durazzo e Palazzo Cambiaso Negrotto, entrambi di stile genovese. Sempre in piazza Dellepiane, il Palazzo Negrone-Costa, che presenta una meridiana basata sul calendario della rivoluzione francese. Al centro della piazza si innalza la grossa fontana, detta del Sale, perché donata da Lord Bentick dopo aver salvato il deposito di sale cittadino dall’assalto dei francesi.

Oratorio della Maddalena
L’oratorio, di proprietà della Confraternita dei Disciplinati, è dedicato a Santa Maria Maddalena, come si evince dalla superba statua barocca presente sul portale. L’interno è uno scrigno di opere d’arte, a partire dal Calvario in legno composto di ventuno statue a grandezza naturale disposte sulla parete del bacino absidale, che a colpo d’occhio danno l’impressione di trovarsi di fronte a un monte, quello del Calvario appunto. Di notevole interesse il crocifisso dello scultore del tardo Barocco Anton Maria Maragliano, la serie di rappresentazioni della Crocifissione di Cristo e il gruppo di otto statue in terracotta policroma ispirate alla Deposizione, risalenti ai primi anni del Cinquecento.
Oratorio della Maddalena - via Giuseppe Cesare Abba - tel. 014376600 (priore della Confraternita dei Disciplinati)
Visite: solo su prenotazione

Il Castello
Ormai rimangono solo più i resti dell’originario castello di Novi Ligure, ma sia l’edificio sia il parco che lo circonda meritano una visita. Spicca su tutti la torre a pianta quadrata risalente al 1233, alta 30 metri, mentre all’interno è possibile visitare il lungo tratto di sotterranei, che dal 1820 sono diventati parte dell’acquedotto. Gli alberi del parco risalgono al Settecento, e furono fatti piantare per volere del nobile genovese Gerolamo Durazzo. Nei pressi del castello è ancora possibile scorgere i resti della cinta muraria fatta erigere dalla Repubblica di Genova nel XV secolo.
Castello di Novi Ligure – parco del Castello - tel. 014372585 (Iat)
Visite: nel periodo estivo, durante la rassegna regionale di Castelli Aperti


A pochi chilometri...
Appena lasciata la città di Novi, proseguendo verso Sud, si stagliano le colline di Gavi Ligure, che insieme a quelle novesi rappresentano le terre di produzione del famoso vino bianco, conosciuto come Gavi. La città di Gavi (11 km) merita una visita per l’imponente forte (fine Cinquecento), edificato come nodo cruciale per la via che conduceva al mare, che dallo sperone roccioso su cui fu costruito domina tutta la Valle del Lemme. Altrettanto suggestivo l’itinerario che da Novi conduce alla Val Borbera, con paesaggi mozzafiato.
Seguendo il percorso del fiume Borbera si possono visitare le Strette di Pertuso, un tratto di gole lungo circa 6 chilometri, dove il fiume scorre impetuoso all’ombra degli imponenti muraglioni.
Nel Comune di Borghetto Borbera (17 km) si può ammirare il Castello Torre Ratti, risalente al XII secolo.


OVADA

Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Conosciuta anche col nome di San Domenico, questa chiesa risale alla fine del Quattrocento. Durante il periodo napoleonico subì molti danni, dovuti soprattutto al fatto che i locali furono utilizzati per lungo tempo come caserma prima e magazzino poi. Nel 1986 un grave incendio distrusse completamente il coro e l’organo originali, ma tra le opere rimaste sono da citare l’altare di San Vincenzo Ferreri, situato nella seconda campata destra, in marmo policromo, e l’altare della Beata Vergine del Rosario, datato 1706. Negli oratori sono conservate alcune importanti opere, tra cui alcune casse processionali di Anton Maria Maragliano e dipinti del manierista Luca Cambiaso.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie - piazza San Domenico - tel. 014380206
Visite: tutti i giorni dalle 7.30 alle 11.00 e dalle 15.30 alle 17.00

Parrocchiale Antica di San Sebastiano
L’antica chiesa parrocchiale di Ovada, documentata già nel 1200 e intitolata originariamente a Santa Maria, fu venduta e smembrata nel 1791 (l’originale impianto romanico lo si scorge ancora nella zona dell’abside): il campanile divenne una prigione, mentre la navata centrale e quella sinistra furono trasformate nell’Oratorio di San Sebastiano, di proprietà dell’omonima confraternita. L’intitolazione rimase la stessa negli anni, anche dopo l’estinzione della confraternita, e nel corso dell’Ottocento l’oratorio venne trasformato nella Loggia di San Sebastiano, destinata al mercato coperto. Oggi l’edificio viene usato per mostre d’arte ed eventi.
Parrocchiale Antica di San Sebastiano - via San Sebastiano • tel. 01438361
Visite: aperta solo in occasione di iniziative culturali

Parrocchiale di Nostra Signora Assunta
I due campanili di questa chiesa, costruita a partire dal 1772, svettano al di sopra della città. Dall’interno, a tre navate, si eleva la cupola, divenuta negli anni insieme alla facciata il simbolo del panorama di Ovada. Gli elementi architettonici sono di ispirazione tipicamente ligure, con decorazioni trompe-l’œil. Di interesse artistico l’altare maggiore, realizzato in marmo policromo su disegno dell’Antonelli, e la statua della Vergine Assunta, risalente al Settecento.
Parrocchiale di Nostra Signora Assunta - via S. Teresa, 1 - tel. 0143832140/1/2
Visite: tutti i giorni dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.00

Palazzo Spinola
Il palazzo, a pianta rettangolare, fu fatto edificare nella seconda metà del XVII secolo sulla sinistra della chiesa di Santa Maria delle Grazie, traendo ispirazione dalle ville genovesi del Seicento. Il nome richiama la potente famiglia genovese che intrecciò spesso i suoi affari di finanza e di acquisto di terre nella zona di Ovada. Oggi la proprietà dell’edificio è della comunità dei Padri Scolopi, che officia le celebrazioni nella chiesa di San Domenico. Al piano rialzato sono presenti ampi e sontuosi spazi di rappresentanza, mentre il piano nobile è caratterizzato dai preziosi saloni.
Palazzo Spinola - piazza San Domenico - tel. 014380206


A pochi chilometri...
A causa della sua posizione di frontiera, al confine con la Liguria, l’Ovadese è una terra ricca di castelli e rocche poste a difesa della via che porta al mare. Da menzionare, il castello di Trisobbio (8 km), in cui è possibile soggiornare, visitando anche l’annessa chiesa di San Bernardo (XII secolo).
Il Santuario della Madonna delle Rocche, nel comune di Molare (5 km), si erge da oltre cinque secoli su uno dei ripidi pendii che interrompono la piana di Molare, nell’alta Valle Orba.


OVIGLIO

Castello Reale di Oviglio
Non si può datare con certezza l’edificazione di questo imponente castello, simbolo di Oviglio, ma ancor prima del 1367, anno in cui il paese cadde sotto il controllo dei Galeazzo Visconti, vi era un castrum con una cinta a bastioni. Il castello assunse il nome attuale dopo l’acquisto da parte della regina Cristina di Savoia, e già nel 1908 venne dichiarato monumento nazionale per la sua arte e la sua storia. Oggi ospita un relais di grande stile, con nove suites alle quali si accede passando per le antiche cantine, le sale, il deambulatorio e la biblioteca, abilmente ristrutturati. Si svolgono convention ed è a disposizione anche un servizio ristorante allestito nelle varie sale.
Castello Reale di Oviglio - via XXIV Maggio, 1 - tel. 0131776166 - castellodioviglio.it


ROSIGNANO MONFERRATO

Castello di Uviglie
Adagiato sui colli a est di Rosignano, il castello fu costruito tra il 1239 e il 1271 dalla famiglia dei Paucaparte. Passato ai Conti Pico-Gonzaga nel 1491, il maniero fu da subito improntato sull’attività agricola. Per mano dell’architetto Arborio Mella il castello subì importanti opere di ammodernamento nel corso dell’Ottocento, quando ne presero possesso i Conti Callori di Vignale Monferrato. È il 1879 quando subentra il Conte Cacherano di Bricherasio, socio fondatore della Fiat. Dal 1992 la Tenuta del Castello diventa sede di coltivazione viticola, che prosegue ancora oggi nelle antiche sale. All’interno del maniero è attivo il ristorante Cavalieri del Monferrato, arredato in stile medievale.
Tenuta e Castello di Uviglie - via Castello di Uviglie - fraz. San Martino - tel. 0142488132 - castellodiuviglie.com


SERRALUNGA DI CREA

Sacro Monte di Crea
La tradizione, non suffragata da elementi storici provati, vuole che sia stato Sant’Eusebio, vescovo di Vercelli, a salire la collina di Serralunga verso il 350 d.C., portando con sé la statua lignea della Madonna col Bambino, che viene venerata ancora oggi nella chiesa del Santuario. Le origini del modello del Sacro Monte si perdono negli anni della Controriforma, in cui si diffuse la pratica della realizzazione di percorsi devozionali scanditi da cappelle. La costruzione risale al 1589, per opera del priore Costantino Massino, che scelse la collina dove prima era edificata una chiesa romanica dedicata alla Madonna. Dal Cinquecento il progetto iniziale subì numerose modifiche, e dal 1820, anno dell’ultimo ampliamento, il Sacro Monte di Crea è costituito dalla basilica, di impianto romanico, 23 cappelle maggiori che terminano con quella maestosa detta del Paradiso (posta sulla cima del monte, e dedicata all’incoronazione di Maria) e cinque minori, dette romitori. A fare da cornice, il Parco naturale e area attrezzata del Sacro Monte di Crea, con un’estensione di quasi 50 ettari, istituito dalla Regione Piemonte nel 1980 per tutelare anche i beni ambientali in cui è inserito il complesso del Sacro Monte.
Sacro Monte di Crea - Cascina Valperone, 1 - Ponzano • tel. 0141927120 - parcorea.it
Visite: su prenotazione


SEZZADIO

Chiesa di Santa Giustina
La leggenda indica Sezzadio come la località dove fu abbandonato un bimbo, figlio di nobili sassoni in viaggio verso Roma. Il bambino, di nome Aleramo, fu allevato dai monaci e divenne il primo marchese del Monferrato per volere del re Ottone I. L’impianto originale della chiesa di Santa Giustina risale al 722, anno della prima edificazione per volontà del re longobardo Liutprando. Nel 1030 i monaci benedettini fondarono l’omonima abbazia, mentre nel 1033 la chiesa fu quasi completamente ricostruita e notevolmente ampliata dal marchese di Sezzadio, Oberto. Il prezioso pavimento a mosaico della cripta è un esempio dei restauri compiuti in quel periodo. Nel secoli XII e XIII l’abbazia di Santa Giustina raggiunse il suo massimo splendore, per poi iniziare un lento declino che culminò nel decreto napoleonico che ne consegnò la proprietà ai veterani. In tempi moderni, nel 1956 cominciò l’opera di restauro della chiesa, unica superstite degli antichi edifici appartenenti al monastero. Oggi, mattoni e ciotoli di fiume caratterizzano i fianchi e la facciata dell’edificio. Il portale è rimasto di estrema semplicità architettonica, privo di ornamenti, mentre le tre navate convogliano lo sguardo sull’abside mediana e sugli affreschi del transetto, datati tra la fine del X e l’inizio dell’XI secolo. L’annessa Villa Badia, sorta sulle fondamenta del preesistente convento benedettino, organizza pranzi e cene su prenotazione, per cerimonie o eventi, legati alla tradizione monferrina.
Chiesa di Santa Giustina - Villa Badia - via Badia, 53 - tel. 0131703659 - villabadia.com


TORTONA

Santuario della Madonna della Guardia
Il Santuario, edificato a partire dal 1926, fu fatto costruire per volere di don Luigi Orione (di cui conserva le spoglie) sul sito dove sorgeva l’antica chiesa di San Bernardino. Osservando il panorama della città, la statua dorata della Madonna con bambino posta sul campanile si staglia, coi suoi 12 metri, al di sopra di ogni edificio, ed è diventata negli anni il simbolo di Tortona.
Santuario della Madonna della Guardia
via don Domenico Sparpaglione, angolo corso don Orione - tel. 0131863492
Visite: tutti i giorni dalle 06.30 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 19.00

Duomo
Sebbene la facciata di ispirazione neoclassica, progettata dall’architetto Nicolò Bruno, risalga al 1880, la cattedrale di Santa Maria Assunta ha origini ben più antiche. L’edificazione è compresa tra il 1574 e il 1592, poi restaurata negli anni Trenta. Al suo interno sono conservate le opere di grandi artisti quali il Fiamminghino, il Moncalvo, il Vermiglio, il Luini e Camillo Procaccini. Nel presbiterio è conservata l’urna di San Marziano martire, primo vescovo e patrono della diocesi di Tortona. La cattedrale conserva le spoglie di un’altra figura storica di Tortona, il compositore e monsignore Lorenzo Perosi. Sulla piazza del duomo si affaccia anche il Palazzo Vescovile, costruito nel 1584.
Cattedrale di Santa Maria Assunta - piazza Duomo - tel. 0131861360
Visite: tutti i giorni dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 18.30

Palazzo Guidobono
Il Palazzo venne edificato nel XV secolo e fu utilizzato per anni come dimora signorile.
Parzialmente ricostruito nel 1939, all’interno conserva ancora un soffitto ligneo quattrocentesco con motivi araldici e, nei sotterranei, resti di muratura e un pavimento a mosaico. Attualmente il Palazzo viene utilizzato per mostre temporanee, ed è in fase di completamento il progetto per realizzare qui il Museo Civico Archeologico, con resti provenienti dall’antica Iulia Dertona.
Palazzo Guidobono - via Ammiraglio Mirabello - tel. 0131864297 (Ufficio Eventi e Manifestazioni del Comune)
Visite: durante le mostre aperto nel fine settimana il venerdì dalle 15.00 alle 19.30; sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.30

Santa Maria dei Canali
È la più antica chiesa cittadina, documentata dal 1511. La costruzione ha subito numerosi aggiornamenti nel corso degli anni, durante i quali vennero edificati le cappelle laterali e l’abside rettangolare; lo stile puramente romanico è stato contaminato di elementi gotici, frutto dei rimaneggiamenti. La struttura è rimasta tuttavia quella originaria, con tre navate. Di notevole interesse la tavola della Natività, di scuola leonardesca, proveniente dall’oratorio sconsacrato di S. Maria di Loreto.
Chiesa di Santa Maria dei Canali - via Giulia, angolo via Baluardo - tel. 0131863570
Visite: tutti i giorni dalle 7.30 alle 12.00 e dalle 15.30 alle 19.00


A pochi chilometri...
Rivalta Scrivia (8 km), con l’abbazia cistercense di Santa Maria, edificata nel 1180, di cui è sopravvissuta soltanto, oltre alla chiesa, la sala capitolare.
Di grande impatto il percorso che si snoda da Tortona verso la Val Curone fino alle altezze di Caldirola (40 km): meritano la sosta le tre pievi romaniche di Viguzzolo, Volpedo e Fabbrica Curone (X e XI secolo).


VALENZA

Duomo
Questa chiesa ha origini incerte: dell’antico duomo, di dimensioni inferiori rispetto a quello attuale e in stile romanico, si hanno notizie a partire dalla fine dell’XI secolo. A causa delle deplorevoli condizioni della struttura, nel 1606 il Consiglio generale decise di edificare la nuova cattedrale, affidando il compito a Paolo Falcone, architetto di Lugano.
La nuova facciata è più recente, datata intorno al 1890. All’interno meritano una citazione l’altare maggiore, del 1760, e la Madonna del Rosario, dipinto dal Moncalvo nel 1620. Su richiesta è possibile visitare il Museo dell’Opera del Duomo, in cui si trova un cospicuo patrimonio di tessuti e argenterie.
Chiesa di Santa Maria Maggiore - piazza XXXI Martiri - vicolo Visconti, 19 - tel. 0131941840
Visite: tutti i giorni dalle 6.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.30

Teatro Sociale
Riportato allo splendore che aveva a metà Ottocento, il Teatro Sociale è stato inaugurato nel 2007 dopo lunghi anni di restauri. Il nobile edificio fu voluto dalle famiglie più abbienti di Valenza, e costruito a partire dal 1853 seguendo le forme tardo-neoclassiche. La posizione in pieno centro cittadino era stata pensata per garantirne l’estrema fruibilità per i Valenzani, e così fu: il Teatro Sociale ha rappresentato per diverso tempo il cuore culturale della città. Oggi il cartellone è realizzato insieme con il Teatro Comunale di Alessandria, con una serie di spettacoli che vanno da novembre a fine aprile.
Cinema Teatro Sociale di Valenza - corso Garibaldi, 58 - tel. 0131942276 - teatrodivalenza.it

Palazzo Pellizzari
Sede del Municipio, il palazzo fu eretto nel XVIII secolo dal progetto dell’alessandrino Giuseppe Zani che, affidandosi allo stile neoclassico, consegnò a Simone Cordara Pellizzari quello che ancora oggi è considerato uno dei più bei palazzi della città. Le decorazioni interne sono sontuose e culminano negli affreschi mitologici della sala consiliare, opera di Luigi Vacca. Il piano terreno fu decorato invece dal padre, Angelo Vacca, all’età di 65 anni. Interessante la lapide in bronzo murata, posta in cima allo scalone del piano nobile, che riporta un’epigrafe di Salvatore Quasimodo in memoria del sacrificio dei partigiani di Valenza.
Palazzo Pellizzari - via Pellizzari, 2 - tel. 0131945246 (Urp)
Visite: solo in occasione di manifestazioni come Riso e Rose in Monferrato

Oratorio di San Bartolomeo - Chiesa di Santa Caterina
La Chiesa, ora sconsacrata, fu edificata nel 1584 da un maestro della famiglia Panizzari su commissione delle monache benedettine, ed è il monumento più antico della città. L’edificio fu riconsacrato e ribattezzato come San Bartolomeo nel 1835 dal governo napoleonico. L’apparato decorativo è in stile neogotico, mentre il portale del 1740 è in stile gotico. Nel 2007 San Bartolomeo è stato riaperto al pubblico dopo anni di restauri volti a conservare la complessa struttura architettonica, dalla pianta ottagonale agli affreschi gotici dell’Ottocento. La destinazione d’uso è prevalentemente per concerti di musica da camera o spettacoli di teatro.
Oratorio di San Bartolomeo - piazza Alfieri, angolo via Banda Lenti - tel. 0131945246 (Urp)
Visite: solo in occasione di manifestazioni come Riso e Rose in Monferrato


A pochi chilometri...
Valenza è rinomata in tutto il mondo per la sua produzione orafa, frutto di una sapiente miscela di arte, tecnologia e tradizione artigianale, con circa un migliaio di aziende che lavorano l’oro. Il Castello di Piovera (13 km), già citato nei manoscritti a partire dal X secolo, fu potenziato dai Visconti come roccaforte difensiva e utilizzato successivamente come dimora signorile.


VIGNALE MONFERRATO

Palazzo Callori
L’edificio, interamente costruito con la chiara pietra tufacea del Monferarrato, era l’antica residenza dei signori di Vignale, risalente al XV secolo e ampliato nel corso del XVII secolo. Oggi è sede dell’Enoteca Regionale del Monferrato, a disposizione per produttori e consumatori per conoscere la selezione dei migliori vini della zona. Su richiesta vengono organizzati eventi di formazione didattica sull’enologia, degustazioni e visite guidate per gruppi. Nell’antica cappella barocca di Palazzo Callori è stata allestita la vineria dell’Enoteca, aperta nel periodo primaverile ed estivo.
Palazzo Callori - Enoteca Regionale del Monferrato - piazza del Popolo, 12 - tel. 0142933243 - enotecadelmonferrato.it
Visite: tutti i giorni dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 13.30 alle 16.30; sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00

Provincia di Asti

ASTI

La Cattedrale
Intitolata a Santa Maria Assunta, venne eretta nella prima metà del 300 sulle fondamenta di un edificio preesistente, consacrato nel 1096 da Papa Urbano II. Rappresenta il più significativo esempio di gotico piemontese, soprattutto per quanto riguarda l’esterno (l’interno ha subito modifiche nel corso del Seicento e del Settecento). La facciata presenta tre portali; sul fianco destro si trova un protiro gotico con statue e medaglioni in bassorilievo. Il campanile, di fondazione romanica, fu ricostruito nel 1266. All’interno, olio su tela "La Resurrezione" opera di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (Montabone, 1568 - Moncalvo, 1625). L’opera è attribuita agli anni 1608 – 1614.
Cattedrale - via San Giovanni, 8 - tel. 0141592924
Visite: giorni feriali dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 17.30 (solo al giovedì dalle 15.00 alle 17.00); giorni festivi dalle 9.00 alle 10.00 e dalle 15.00 alle 17.30


Chiesa Collegiata di San Secondo
La Collegiata è intitolata al santo patrono, le cui reliquie sono conservate nella cripta (originaria del IX secolo, ristrutturata nel XV secolo e nuovamente nel XVII secolo). L’edificio venne costruito fra il XIII e il XV secolo. All’interno (prima cappella della navata destra) sono esposti la ricostruzione del Carroccio della Città di Asti e i drappi del Palio; nella navata sinistra, si conserva un polittico di Gandolfino di Roreto.
Chiesa Collegiata di San Secondo - piazza San Secondo - tel. 0141530066
Visite: giorni feriali dalle 8.45 alle 9.45, dalle 10.45 alle 11.45 e dalle 15.30 alle 17.20; giorni festivi: dalle 8.00 alle 9.30 e dalle 15.30 alle 17.20


Chiesa di Santa Maria Nuova
Si segnala il campanile romanico, eretto nell’XI secolo. All’interno della chiesa si trovano opere di Gandolfino da Roreto (sec. XVI).
Chiesa di Santa Maria Nuova - piazza Santa Maria Nuova - tel. 0141530760
Visite: tutti i giorni dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00


Complesso medievale di San Pietro in Consavia - Museo Archeologico e Paleontologico
Il complesso si compone dell’edificio romanico detto "La Rotonda" (XII secolo), con colonne in cotto e arenaria e capitelli in arenaria, e della chiesa di San Pietro in Consavia (tardo gotico piemontese). Il chiostro ospita il Museo Archeologico e il Museo Paleontologico.
Complesso medievale di San Pietro in Consavia - Museo Archeologico e Paleontologico - corso Alfieri, 2 - tel. 0141353072
Visite: dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00


Cripta e Museo Civico di Sant’Anastasio
La cripta del convento di Sant’Anastasio, individuata nel 1907 in occasione della demolizione della soprastante chiesa barocca, risale all’XI secolo, ma presenta colonne e capitelli antecedenti. Evidenti i resti di quattro chiese di diversa epoca insistenti nel sito del monastero benedettino.
Cripta e Museo Civico di Sant’Anastasio - corso Alfieri, 365/a - tel. 0141399460
Visite: dal martedì alla domenica dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 (orario estivo, dal 1° aprile, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00).


Casa natale di Vittorio Alfieri
Edificio medievale, ristrutturato nei secoli XVIII e XIX. Ospita il Centro Nazionale di Studi Alfieriani e il Museo Alfieriano. In restauro; l’apertura è prevista nel corso del 2008.
Casa natale di Vittorio Alfieri - corso Alfieri, 375 - tel. 0141530357 (Atl Asti Turismo).


Altri palazzi ed edifici storici
Palazzo del Comune (sec. XVIII)
Struttura di impianto medievale, ristrutturata nella prima metà del 700 su intervento di Benedetto Alfieri.
piazza San Secondo - tel. 0141399216
Visite: dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alle 18.00

Palazzo Ottolenghi (sec. XVIII)
Realizzato su disegno di Benedetto Alfieri.
corso Alfieri, 350 - tel. 0141353072
Visite: su prenotazione da effettuarsi sul luogo

Palazzo del Seminario (sec. XVIII)
Realizzato su disegno di Benedetto Alfieri
piazzetta del Seminario, 1 - tel. 0141593889
Visite: solo in caso di mostre dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 18.30

Palazzo del Leoni (sec. XIV)
Il Palazzo è attualmente sede di un centro culturale islamico
via Balbo, 4 - tel. 0141210364

Torre Trojana (sec. XIII)
È la più alta torre della città (38 metri), ed è detta anche Torre dell’Orologio.
piazza Medici - tel. 0141399460
Visite: sabato e domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00 (da aprile a settembre); sabato e domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00 durante il mese di ottobre. Negli altri periodi su prenotazione. Ingresso a pagamento.


A pochi chilometri…
Chiesa di Santa Maria di Viatosto
Costruita fra il XIII e il XIV secolo sulla preesistente chiesa di Santa Maria di Rivarotta (1159), in stile romanico - gotico. L’interno si presenta a tre navate, con interessanti capitelli dell’antica chiesa e capitelli con gli stemmi delle famiglie che parteciparono alla costruzione dell’edificio gotico. Si segnalano un crocifisso ligneo del 500 e una cantoria del 1750.
Chiesa di Santa Maria di Viatosto - località Viatosto - tel. 0141419908
Visite: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.30


ALBUGNANO

Canonica di Santa Maria di Vezzolano
Vero e proprio gioiello e unicum per valore storico e architettonico dell’arte romanico - gotica in Piemonte, la Canonica di Santa Maria di Vezzolano si trova nel territorio comunale di Albugnano. La Canonica, anche indicata come Abbazia di Vezzolano, faceva parte di un complesso religioso edificato nel XII secolo. L’atto di fondazione della chiesa è del 27 febbraio 1095. Dopo un periodo di fioritura perdurato per tutto il XIII secolo, il complesso subì un lungo declino (nel 1405 la canonica fu concessa in commenda ad abati residenti lontano da Vezzolano) sino al XIX secolo. Dagli inizi del 900, l’attenzione e l’interesse al monumento hanno fatto sì che fosse oggetto di studi e accurati restauri. La facciata si presenta con tre ordini di colonne e numerose sculture di pregio. Decorazioni scultoree si trovano anche all’interno della chiesa, dove notevole è il tramezzo decorato in altorilievo, divisorio fra l’area destinata al clero e l’area destinata al popolo. Il tramezzo è l’unico esempio di struttura di questo tipo nel romanico piemontese e, date le sue caratteristiche strutturali, non è da escludere una sua destinazione originaria diversa da Vezzolano. Splendido il piccolo chiostro e notevoli gli affreschi, fra i quali il "Contrasto fra tre vivi e tre morti", che secondo la tradizione vuole riprodurre il passaggio dalla "foresta di Vezzolano" di Carlo Magno.
Abbazia di Vezzolano - strada dell’Abbazia - tel. 0119920607 (custode)
Visite: dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.30 (in estate); dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.30 in inverno


ARAMENGO
Già dominio dei Marchesi del Monferrato, Aramengo passò ai Savoia dal XVI secolo. Tra i feudatari del luogo si ricordano i Conti Radicati e, successivamente, i Grisella, i Freilino, i Morelli e i Balbiano di Aramengo. Il paese presenta un’interessante chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Antonio Abate (sec. XVIII), con dipinti attribuibili alla scuola del Moncalvo. Di pregio la chiesa di San Giorgio, in località Masio, di originario impianto romanico e che fu prima chiesa parrocchiale sino alla metà del XVI secolo, quando venne sostituita da una nuova chiesa eretta alla sommità del colle dove un tempo sorgeva il castello. Anche questa venne in seguito abbandonata per la settecentesca chiesa attuale, consacrata nel 1809, edificata in posizione più agevole per i fedeli.Relativamente alle particolarità enogastronomiche, si ricordano soprattutto tartufi, salumi e pregiati vini. Ad Aramengo vive e lavora Guido Nicola, uno dei più importanti restauratori d’arte del mondo.
Relativamente ai monumenti e alla storia di Aramengo: Beppe Moiso, tel. 3333456979


BUTTIGLIERA D’ASTI

Chiesa di San Martino
Il paese, sorto nel XIII secolo come villanova per volontà del Comune di Asti, è noto per possedere il campanile più alto del Monferrato (63 metri), progettato da Mario Ludovico Quarini, in stile barocco, nel 1789. Il monumento più rilevante è la chiesa romanica intitolata a San Martino vescovo di Tours (sec. X), attualmente compreso nell’area cimiteriale. Fra le ipotesi sulle origini della chiesa, la probabile fondazione da parte dei Franchi di epoca carolingia, devoti al vescovo (ed ex soldato) di Tours. La chiesa appartenne con ogni probabilità alla curtis di Mercuriolum, la grande azienda fondiaria, compresa nel villaggio di Mercuriolum, possedimento dei conti di Biandrate e preesistente la fondazione della villanova di Buttigliera. Gli stessi conti donarono la chiesa di San Martino all’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme nel XII secolo. Il villaggio di Mercuriolo fu abbandonato nel corso del 400, mentre sopravvisse la chiesa di San Martino. Nel 1799, alla soppressione dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, la chiesa passò di proprietà al Comune. La struttura conserva l’originaria abside semicircolare e nelle sue pareti esterne si trovano varie incisioni e graffiti (XVI – XIX secolo). All’interno si trova un affresco, restaurato negli anni ’90, databile con ogni probabilità al XIII secolo. In Buttigliera si segnala anche la chiesa barocca di San Michele, costruita nel 1758, su disegno del Vittone.

Chiesa di San Martino - c/o Cimitero di San Martino - via San Martino - tel. 0119921812 (Comune di Buttigliera)
Visite: aperta solo durante manifestazioni locali


CANELLI

Abitato di origine romana, presenta il suo nucleo originario alla sommità della collina, dove sono ancora visibili alcuni tratti delle mura difensive medievali. Dal 1929, il castello di fondazione medievale appartiene alla famiglia Gancia, che negli anni ’30 del secolo scorso provvide a un significativo restauro con l’aggiunta di due corpi laterali alla prima pianta quadrata e con la realizzazione di un giardino all’italiana. Particolarità del luogo, noto in tutto il mondo per la produzione di spumante (l’Asti) e Moscato d’Asti, sono le cosiddette "cattedrali sotterranee", cantine storiche scavate nel tufo che formano un suggestivo intrico di gallerie sotto tutto l’abitato. Nelle cantine, a una temperatura costante fra i 12 e i 14 gradi, si affinano i vini che hanno reso celebre Canelli. La suggestione delle gallerie è data anche dai loro diversi stili architettonici: volte a botte, a voltina, locali a navata unica o a più navate, anche su più livelli.

Da visitare:
Chiesa parrocchiale di San Leonardo (sec. XVII)
All’interno, dipinti di G.Aliberti, coro ligneo del 600.
via del Castello, 4 - tel. 0141823208
Visite: giovedì mattina dalle 8.30 alle 10.30 e domenica dalle 10.00 alle 12.00

Chiesa parrocchiale di San Tommaso (sec. XVIII – XIX)
All’interno, fonte battesimale da ara romana.
via Dante Alighieri, 1 - tel. 0141823408
Visite: su prenotazione

Museo Contratto e Cantine Storiche
via G.B. Giuliani, 56 - tel. 0141823349
Visite: solo su prenotazione

Museo Gancia e Cantine Storiche
corso Libertà, 66 - tel. 0141830212
Visite: solo su prenotazione

Enoteca Regionale di Canelli e dell’Astesana
corso Libertà, 65/a - tel. 0141832182
Aperto: dal mercoledì alla domenica dalle 11.00 alle 13.00 e dalle 18.00 alle 19.30


CASTELL’ALFERO

L’antico "Castrum Alferii" conserva intatta la sua identità di luogo strategico di osservazione e di difesa. Il centro storico, su una collina a destra del torrente Versa, è un luogo unico per panorama e caratteristiche architettoniche: la piazza, che si trova alla sommità del colle e che un tempo era parco del castello, è sintesi visiva delle vicende del luogo. Da una parte il castello dei Conti Amico, edificato nel 700 sui resti dell’antica struttura difensiva medievale, dall’altra la chiesa parrocchiale dei S.S. Pietro e Paolo (sec. XVIII – XIX), in un continuum di particolare suggestione ambientale e urbanistica dominante, dai bastioni imponenti, su un ampio orizzonte di colline. Pregevoli gli affreschi settecenteschi del Castello, oggi sede del Comune. Sempre nel Castello si trova il Museo "L Ciar", la galleria del tempo che raccoglie migliaia di oggetti e attrezzi, esposti in fedeli ricostruzioni di ambienti contadini di inizio 900. Nel territorio comunale si segnala la Fabbrica di botti "Gamba", famiglia di bottai da due secoli.

Da visitare:
Castello dei Conti Amico e Museo della vita passata L Ciar
piazza Castello, 2 - tel. 0141406615 e 3358375675 (Comune di Castell’Alfero)
Visite: solo su prenotazione o in occasione di eventi

Chiesa dei S.S. Pietro e Paolo
piazza Castello, 11 - tel. 0141204100
Visite: solo su prenotazione

Fabbrica Botti Gamba
via Statale, 108/b - tel. 0141405930
Visite: solo su prenotazione


CIOCCARO DI PENANGO

Locanda del Sant’Uffizio
L’odierna Locanda è posta laddove, al tempo, sorgeva l’antico podere del Tribunale dell’Inquisizione, dipendente direttamente da Roma. Qui i Domenicani, difensori delle due regole del Tribunale ecclesiastico, allevavano bachi da seta nei sottotetti e producevano vino destinato alla Messa. Il complesso originario risale alla seconda metà del Seicento, ma fu smembrato da Napoleone prima di tornare di proprietà dei legittimi proprietari, per poi essere abbandonato. Dagli anni Ottanta il monastero è diventato la Locanda del Sant’Uffizio, uno dei relais più suggestivi del Piemonte.
Locanda del Sant’Uffizio - strada del Sant’Uffizio, 1 - tel. 0141916292 - thi.it


CISTERNA D’ASTI

Museo di Arti e Mestieri di un tempo
Il castello di Cisterna d’Asti, sede del "Museo di Arti e Mestieri di un tempo", appartenne ai Vescovi di Asti (1041, Diploma dell’Imperatore Enrico II) che lo affidarono alla famiglia Gorzano, per poi passare ai De Mercato. Attraverso alterne vicende storiche (da ricordare, per comprendere la possenza della fortificazione, che nel 500 l’abitato era circondato da imponenti terrapieni, ospitava 300 soldati di guarnigione ed era difeso da più di venti pezzi di artiglieria), il castello fu ceduto nel 1784 dal Vescovo di Asti a Vittorio Amedeo III. Alle fine dell’Ottocento il castello fu donato al Comune di Cisterna. Della fortificazione originaria, restaurata a partire dal Settecento, restano le mura della base, la torre a pianta quadrata, i bastioni, un loggiato a sei arcate e volte con stucchi di soggetti mitologici. Oggi il "Museo di Arti e Mestieri di un tempo" raccoglie più di 3000 oggetti, in ambientazioni a tema. Gli ambienti di lavoro del torronaio, dell’oste, del fabbro, del tabaccaio, del tipografo, per citare soltanto alcuni dei mestieri ricostruiti con utensili e arnesi d’epoca, accolgono il visitatore in un avvincente percorso allestito nel castello e che comprende i luoghi interni della fortificazione di forte suggestione storica.
Museo di Arti e Mestieri di un tempo - piazza Maggiore Hope, 1 - tel. 0141979021 - museoartiemestieri.it
Visite: dal martedì alla domenica dalle 15.00 alle 19.00


COCCONATO

Casa Brina
Il paese sorge su una delle più alte colline del Monferrato astigiano (500 metri sul livello del mare) e la sua storia è caratterizzata da numerose vicende belliche, legate alla posizione strategica del sito. Proprio a causa di tali vicende, del medievale Castello di Cocconato oggi resta soltanto la torre cilindrica a due piani, con merlatura guelfa. A Cocconato grazie alla famiglia Bava si sono svolti, in questi ultimi 20 anni, gli studi internazionali sul vino da Messa, realizzati presso Casa Brina che ne è divenuta sede permanente. Sempre per iniziativa di Casa Bava, produttrice di vini, è attivo anche un punto vendita dei migliori cioccolati d’Italia e del mondo (La Tavoletta del Monferrato) e da quest’anno anche la produzione di un curioso olio di nocciole.
Casa Brina - strada Monferrato, 2 - tel. 0141907083 - bava.it
Visite: dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00; sabato dalle 8.30 alle 12.00


CASTELNUOVO DON BOSCO

Colle Don Bosco
Sul colle a 2 km dall’attuale centro di Castelnuovo Don Bosco, nacque, il 16 agosto 1815, Giovanni Bosco. Sulla collina che oggi prende il nome dal Santo sorgono il maestoso Tempio (costruito dai Salesiani negli anni ’60 e composto da due chiese sovrapposte), e il centro storico, piccolo villaggio dove Giovanni Bosco visse sino ai 16 anni d’età e che ancora conserva la casa natale del santo, i fienili, le stalle, il prato dove Giovanni, bambino, vide se stesso in sogno circondato da tanti ragazzi, preannuncio della sua futura missione.
Colle Don Bosco - tel. 0119877162 ufficio accoglienza
Aperto: tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.00
Tempio di Don Bosco
Visite: tutti i giorni dalle 7.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00
Museo Etnologico Missionario - Il Museo espone oltre 2500 oggetti provenienti dalle più lontane terre dove operano i Missionari salesiani.
Visite: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.30 (17.30 in inverno); domenica e festivi dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.30 (17.30 in inverno). Chiuso tutti i lunedì, a Natale, Pasqua, Ferragosto. Ingresso libero.

Museo della vita contadina dell’800
Visite: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.30 alle 18.00 (17.00 in inverno); domenica e festivi dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00 (17.00 in inverno). Ingresso libero.

Il centro storico
Comprende la Casetta di Don Bosco, la Casa del fratello Giuseppe, la Cappellina della Madonna del Rosario, il monumento a Mamma Margherita, il monumento a Giovannino giocoliere, il prato del Sogno.
Visite: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.00

Santuarietto di Maria Ausiliatrice
Iniziato nel 1915, primo centenario della nascita di Don Bosco e della istituzione della festa liturgica di Maria Ausiliatrice. In esso ha luogo l’adorazione eucaristica animata dalla Famiglia Salesiana dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00


CORTANZE

Castello di Cortanze
Il toponimo deriva da "Curtis Anseris", centro residenziale di carattere rurale, con ogni probabilità fondato dai Franchi. Il castello, eretto nel X secolo, passò in proprietà dal Vescovo di Asti ai Roero, che lo possedettero fino all’Ottocento dopo vari passaggi dai Pelletta agli Asinari, agli Scarampi. Furono i Roero a trasformare il castello in una residenza nobiliare di pregevole ed elegante impostazione architettonica. La pianta attuale del complesso fortificato conserva l’originario disegno a trapezio irregolare, due piccole torri nel lato sud – ovest e un torrione cilindrico merlato. L’edificio è circondato da un parco ottocentesco. Imponenti sono i bastioni e la struttura nel suo insieme, in ottimo stato conservativo sia all’esterno che all’interno. Il Castello è sede di un ristorante.
Castello di Cortanze - via Marchesi Roero, 1 - tel. 0141690917 - castellodicortanze.it


CORTAZZONE

Chiesa di San Secondo
Il più noto e storicamente rilevante monumento del paese è la chiesa romanica di San Secondo (sec. XII). La chiesa conserva la sua struttura originaria, leggibile nella facciata in pietra arenaria con decorazioni antropomorfe e zoomorfe. L’interno è a tre navate, con volte a sesto acuto e capitelli di particolare interesse scultoreo. Nell’abside è conservato un affresco del XIV secolo.
Chiesa di San Secondo - fraz. Mongiglietto - tel. 0141995504 (Comune di Cortazzone)
Visite: tutti i giorni dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00


COSTIGLIOLE D’ASTI

Località confermata da Ottone I ad Aleramo, nel 967, Costigliole possiede un imponente castello, edificato verso la metà del XII secolo e radicalmente ristrutturato nella seconda metà del 600 dalle famiglie Asinari di San Marzano e Verasis. I rifacimenti proseguirono nei secoli successivi, comprendendo la sistemazione del giardino, delle facciate e delle scale (1854) e l’aggiunta di elementi neogotici. Alla fine dell’Ottocento, la proprietà venne divisa fra i Verasis (e da questi a Luigi Medici del Vascello e ai Balduzzi) e la famiglia Luserna di Rorà. Nel 1928, Vittorio Luserna di Rorà vendette la sua porzione di castello alla municipalità. Dal punto di vista dell’enogastronomia territoriale, si segnala la manifestazione "Barbera, il gusto del territorio", organizzata ogni anno a novembre e dedicata ai vini Barbera piemontesi. Il castello è sede anche dell’ICIF (Italian Culinary Institute for Foreigners) e del ristorante Letterario, inaugurato quest’anno in collaborazione con il Premio Grinzane Cavour

Da visitare:
Museo di Arte Sacra - c/o Chiesa della Confraternita di S.Gerolamo (sec. XVII)
via Serratrice, 11 - tel. 0141966028
Visite: chiuso per restauro


MONASTERO BORMIDA

Storicamente, il territorio di Monastero Bormida appartenne a Bonifacio di Clavesana e successivamente a Manfredo II di Saluzzo (1025). Dalla seconda metà del 200 per decreto di Papa Clemente II, fu dato in proprietà ai monaci di Fruttuaria, per poi passare ai Monferrato, ai Carretto, agli Sforza e ai Della Rovere. Il castello, fondato come abbazia, subì rilevanti interventi rinascimentali e barocchi. Di particolare menzione la torre, collegata al castello da un arco (sec. XI). Vi nacque il letterato Augusto Monti, nel 1881.

Da visitare:
Castello medievale (sec. XIV)
Piazza Castello,1 - tel. 014488012 (Comune di Monastero Bormida)
Visite: su prenotazione


MONCALVO

Di origine romana (il toponimo Mons Calvus ne indica il sito non particolarmente boscoso), l’abitato è documentato nel 1164, anno in cui Federico I assegnò il territorio ai Marchesi del Monferrato. L’esistenza di un castello è certa nel 1270. Conteso fra i Paleologi, i marchesi di Saluzzo e, successivamente, i Gonzaga, i Francesi, gli Spagnoli e i Savoia, il castello subì forti distruzioni e rimaneggiamenti. La parte centrale dell’originaria struttura fu trasformata in piazza, ancor oggi centro vitale del paese. La piazza è circondata da un porticato ad est, mentre sul versante settentrionale restano il muro di difesa con due torri ottagonali, due baluardi a pianta circolare e un fossato. Sulla piazza si affaccia il bel Teatro Comunale (1878, costruito sul sedime dell’antico Corpo di guardia secentesco). La particolarità del luogo, oltre al suggestivo centro storico, è la presenza di numerose opere di Guglielmo Caccia detto "il Moncalvo" (Montabone, 1568 – Moncalvo, 1625), il maggior artista piemontese relativamente all’iconografia religiosa di stampo controriformista. Oltre che a Moncalvo, opere di Guglielmo Caccia si trovano ad Asti (Cattedrale), Crea, Chieri, Villanova (parrocchiale di San Martino e San Pietro), Casorzo, Calliano, Penango, Castagnole Monferrato, Montemagno. Al Moncalvo si deve la fondazione, nel 1611, del monastero di Sant’Orsola, oggi sede del Palazzo Civico. A livello di peculiarità enogastronomica si segnala la Fiera del Bue Grasso e la Sagra del Bollito organizzate ogni anno a dicembre e che oggi contano più di 350 edizioni, con una tradizione plurisecolare.

Da visitare:
Chiesa di San Francesco (sec. XIV), con pregevoli i dipinti del Moncalvo.
piazza San Francesco, 1 - tel. 0141917450
Visite: tutti i giorni dalle 16.00 alle18.30; la domenica dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 16.00

Chiesa della Madonna delle Grazie (sec. XVIII)attribuita al Magnocavallo
via Conciliazione - tel. 0141917450
Visite: su prenotazione


MONCUCCO TORINESE

La prima attestazione dell’esistenza del castello di Moncucco è contenuta in un diploma imperiale del 5 ottobre 1164: in esso l’imperatore Federico I confermava al marchese di Monferrato una lunga serie di possedimenti già nelle sue mani, fra cui appunto il castello di Moncucco. Signori del luogo fra XII e XIV secolo furono i potenti Avvocati del Vescovo di Torino. Nel 200 nacquero in questo castello due cavalieri templari: i fratelli Nicolao e Iacopo. Il primo fu arrestato e processato nell’isola di Cipro; il secondo ricoprì la carica di ultimo Gran Precettore d’Italia dell’Ordine del Tempio al momento della soppressione del 1307.Dall’inizio del Trecento il castello entrò a far parte stabilmente dei domini del Marchesato di Monferrato, cui appartenne fino al 1631, quando con la Pace di Cherasco passò a Casa Savoia. Nel corso del tempo fu feudo dei Grisella di Rosignano, dei Carron di San Tommaso, dei Solaro di Govone e infine dei Melano di Portula. L’edificio, oggi di proprietà comunale, conserva l’originaria struttura medievale, di cui sono ancora visibili numerosi elementi decorativi presenti insieme ai segni delle grandi trasformazioni subite nel corso dell’epoca moderna. Nel paese ha sede la Bottega del Vino di Moncucco.
Comune di Moncucco Torinese
via Mosso, 4 - tel. 0119874701
Visite: solo durante manifestazioni in programma (vedi comune.moncucco.asti.it)

Bottega del Vino di Moncucco e Trattoria del Freisa
via Mosso, 6 - tel. 0119874765 - bottegadelvinodimoncucco.it
Visite: martedì e mercoledì chiusi; lunedì, giovedì e venerdì dalle 15.00 alle 23.00; sabato e domenica dalle 9.00 alle 23.00. Chiuso martedì e mercoledì


MONTECHIARO D’ASTI

Chiesa Santi Nazario e Celso
A 2 km dal centro di Montechiaro si trova la chiesa romanica intitolata ai Santi Nazario e Celso, risalente nella fondazione originaria al XII secolo. Numerosi i rimaneggiamenti successivi, che però non hanno snaturato il particolare effetto cromatico e visivo della costruzione, isolata nella campagna e ben visibile da lontano. L’interno presenta una sola aula, con abside semicircolare. Il portale della facciata è sormontato da arco con decorazioni eleganti e complesse in cotto, arenaria e pietra. Sia il campanile che la chiesa presentano alternanza di mattoni e arenaria, con forte suggestione visiva.
Chiesa Santi Nazario e Celso
regione Reale - tel. 0141999136 (Comune di Montechiaro)
Visite: tutti i giorni dalle 10.30 alle 13.00; sabato e martedì dalle 8.00 alle 13.00 (recarsi in Comune in questi orari per ritirare le chiavi della Chiesa)


MONTIGLIO MONFERRATO

Castello di Montiglio
L’abitato, esistente già prima dell’anno 1000, è caratterizzato dalla presenza del castello, di cui si ha testimonianza dal XII secolo. I rifacimenti e le ricostruzioni successive, necessarie in conseguenza a diverse vicende belliche, hanno conservato vari elementi della struttura medievale. Nel lato sud ovest sono ad esempio ancora in ottimo stato di conservazione il coronamento ghibellino, due bifore e cornici di aperture in cotto e arenaria. Nel parco del castello si trova la Cappella di Sant’Andrea, con il più importante ciclo di affreschi trecenteschi del Piemonte, raffigurante 9 episodi della vita di Gesù. Sempre in Montiglio è possibile visitare la chiesa romanica di San Lorenzo (sec. XII), con capitelli scolpiti.
Castello di Montiglio - castellodimontiglio
Visite: proprietà privata, non è visitabile


NIZZA MONFERRATO

Anche leggendarie, oltre che storiche, le origini del toponimo, che accosta alla romana "Nicia" o "Villa nova Nicie" il termine greco "Nicea", vittoria. La sua esistenza è attestata dal 1021, ma la sua fioritura risale agli anni successivi al 1225, quando l’abitato fu eretto come villanova. Dai marchesi del Monferrato ai Paleologo, da Carlo Emanuele I di Savoia al duca di Mantova, la storia del luogo dimostra quanto fosse ambito il suo strategico dominio. Notevoli, di conseguenza, le modifiche e i rifacimenti dell’originaria struttura fortificata, di cui oggi resta come monumento significativo la torre quadrata, attuale sede del Municipio. Fra le caratteristiche enogastronomiche si segnalano la coltivazione del "cardo gobbo" e la produzione di Barbera.

Da vedere:
Palazzo Comunale (XVI sec., con rifacimenti successivi) - piazza Martiri d’Alessandria, 19 - tel. 0141720511
Visite: non sono previste

Museo Bersano delle Contadinerie e delle Stampe sul vino - iazza Dante - tel. 0141720211
Visite: da martedì a sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.99; domenica dalle 9.30 alle 13.00

Enoteca Regionale – Palazzo Crova - via Crova, 2 - tel. 0141793350 - enotecanizza.it
Visite: da mercoledì a domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 20.00


PIEA

Castello di Piea
Il Castello venne edificato prima del 1153 come attestano le strutture delle volte delle cantine e le fondamenta. Ne furono primi signori i de Playa; dalla fine del Duecento il feudo di Piea comincia a essere spezzato in varie parti fino al 1473 quando torna di un solo Signore, Percivalle Roero. Dopo varie contese tra la Santa Sede e i Savoia Carlo Roero ne ottiene il possesso e inizia i restauri: nel 1762 alcune sale furono mirabilmente decorate dai fratelli Galliani. L’edificio è particolarmente interessante, sia dal punto di vista storico che architettonico. Attualmente il Castello è dimora privata e ospita periodicamente importanti aste di antiquariato che conferiscono alle sale l’antico splendore.
Castello di Piea - Il castello è di proprietà privata. Disponibilità per visite ed eventi: tel. 0141901641


PORTACOMARO

L’esistenza del paese è documentata già nei decenni precedenti l’anno 1000. Conteso fra Asti e i marchesi del Monferrato, appartenne ai Visconti e, dal XVII secolo, al capo generale delle finanze di Carlo Emanuele I di Savoia, Nicolò Coardi. Del castello medievale restano tratti di mura del ricetto e una torre a pianta circolare (che oggi ospita la Bottega del Grignolino e nei cui locali si possono mangiare i piatti tipici della zona abbinati ai migliori esemplari del vino principe di questo paese).

Da vedere:
Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo (XVI secolo, con rifacimenti ottocenteschi in stile barocco) - All’interno, altare settecentesco in marmo policromo e altare ligneo seicentesco, con dorature e dipinti) - via Berrutti, 3 - tel. 0141202131
Visite: su prenotazione

Chiesa romanica di San Pietro (sec. XII), con un portale in pietra, decori architettonici ad archetti e affreschi quattrocenteschi - viale Stefano Degiani - tel. 0141202627 (Comune di Portacomaro)
Visite: su prenotazione

Chiesa della Confraternita dell’Annunziata o dei Battuti (sec. XVIII), che ospita ogni anno, a fine aprile, la festa dei caritin, dolci del luogo - via Rosa - tel. 0141202131
Visite: su prenotazione

Chiesa di San Dalmazio (sec. XVIII) - via Maestra, 2 - frazione Migliandolo - tel. 0141299121
Visite: su prenotazione

Chiesa di San Rocco (sec. XII), con affreschi trecenteschi, si trova nell’area cimiteriale - tel. 0141202131
Visite: solo durante la festa patronale

Bottega del Grignolino - piazza Marconi, 16 - tel. 0141202666
Visite: tutti i giorni dalle 9.30 alle 14.30 e dalle 19.00 alle 23.00. Chiuso domenica sera e lunedì


Nei dintorni:
Possedimento dei Monferrato dal 1167, Castagnole Monferrato fu luogo ambito da Asti, dai Guasco, dai Falletti. Del castello medievale restano oggi le mura di cinta e alcuni tratti di mura inglobati in edifici più recenti. Fra i prodotti tipici, in particolare vini, si segnala la produzione di Ruché, vino particolarmente apprezzato e che completa la gamma delle enologiche locali (Barbera d’Asti, Barbera Monferrato e Grignolino).
Da visitare:
Chiesa di San Martino (sec. XVIII) conserva un dipinto del Moncalvo e acquasantiere di pregio)
Chiesa barocca dell’Annunziata
Chiesetta di San Rocco (sec. XVII) - tel. 0141292140
Visite: su prenotazione


Montemagno prende nome dalla posizione particolarmente elevata del paese, attestato già in documenti dell’anno 974. Il castello fu costruito fra il XI e il XII secolo e sottoposto per lungo tempo al vescovo di Asti, sebbene la giurisdizione fosse nominalmente dei Marchesi del Monferrato. A seguito di alterni scontri fra Asti e i Monferrato, venne venduto nel XIV secolo ai Turco e, attraverso vari passaggi, giunse ai Conti Calvi di Bergolo, tuttora proprietari. Il complesso fortificato, in ottime condizioni strutturali, ha pianta a trapezio e corte ovale; conserva tre torri e un originario fossato.
Da vedere:
Castello - via Conte Calvi - tel. 014163497 (custodi)
Visite: su prenotazione, il castello è proprietà privata

Chiesa parrocchiale barocca dei S.S. Martino e Stefano (sec. XVIII) - piazza San Martino - tel. 0141924146
Visite: domenica dalle 10.30 alle 12.30

Chiesa di Santa Maria della Cava, con affreschi del XV secolo - via della Cava - tel. 014163575/63129 (Comune)
Visite: su prenotazione

Chiesa della SS. Trinità (sec. XVII) - piazza San Martino - tel. 0141924146
Visite: su prenotazione per gruppi

Chiesa della confraternita di S. Michele Arcangelo (sec. XVIII) - piazza San Martino - tel. 0141924146
Visite: su prenotazione per gruppi


GRAZZANO BADOGLIO

Grazzano Badoglio originariamente si chiamava Grazzano Monferrato, nel 1939 l’appellativo "Monferrato" fu sostituito con l’attuale in onore del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio cui ha dato i natali nel 1871. La Chiesa parrocchiale è adiacente l’abbazia dove si notano il balconcino della casa abbaziale, la torre campanaria in stile romanico, il portale datato 1766. Nella cappella del Rosario c’è la tomba di Aleramo, ricordato nell’affresco attribuito a Guglielmo Caccia detto Il Moncalvo. La tomba, trasferita dal peristilio dell’antica chiesa abbaziale alla cappella laterale della parrocchia, è ornata da un antico mosaico. Una grande croce sormonta l’altare. Il coro ligneo del 500 è adiacente la sagrestia nella quale è custodito il braccio reliquiario di San Vittore che viene portato in processione il 14 maggio.
Chiesa parrocchiale SS. Vittore e Corona - Via SS. Vittore E Corona, 6 - tel. 0141925123
Visite: su prenotazione


ROCCAVERANO

Concesso nel 967 da Ottone I ad Aleramo, il territorio di Roccaverano appartenne in seguito a Bonifacio del Vasto e ai suoi discendenti. Uno di questi, Bonifacio del Carretto, fece costruire il castello di Roccaverano all’inizio del XIII secolo. Nel 1337, il feudo fu venduto agli Scarampi. Dal 1771 appartenne ai Savoia. Della struttura fortificata restano oggi la torre, a pianta circolare, e parti delle mura. Oltre alle particolarità storiche, si segnala la rinomanza del luogo come centro di produzione della robiola D.O.P. di Roccaverano.

Da vedere:
Chiesa parrocchiale dell’Annunziata (sec. XVI) - chiesa di derivazione bramantesca - piazza Barbero, 1 - tel. 014493026
Visite: sempre aperta

Chiesa romanica di San Giovanni - La Chiesa ospita all’interno, il più imponente e completo ciclo di affreschi gotici dell’Astigiano - regione San Giovanni - tel. 014493026 (abitazione parroco)
Visite: arrivati sul luogo chiedere la chiave alla famiglia Barbero


SAN DAMIANO D’ASTI

Testimoniato a livello documentario nel 1275, il paese appartenne ai marchesi del Monferrato, ai Visconti, ai Francesi e, dal 1628, ai Savoia. Teatro di scontri di guerra per più secoli, possedeva una struttura fortificata, che subì lo smantellamento alla fine del Settecento. Della struttura resta oggi una torre, affiancata alla chiesa parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano, a pianta circolare.

Da vedere:
Chiesa parrocchiale dei SS. Cosma e Damiano (sec. XV – XVIII)
Il suo campanile, a pianta circolare, era una delle torri medievali della cinta muraria - piazza S.S. Cosma e Damiano, 1 - tel. 0141975055
Visite: tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00

Chiesa parrocchiale di San Vincenzo (sec. XV – XVIII) - via San Vincenzo - tel. 0141982288
Visite: su prenotazione

Chiesa barocca di San Giuseppe (sec. XVIII) - via San Giuseppe, 1 - tel. 0141971087
Visite: su prenotazione

Palazzo Comunale (sec. XVIII) - piazza Libertà, 1 - tel. 0141975056
Visite: su prenotazione


SAN MARTINO ALFIERI

Il castello
Il castello, la cui esistenza è già attestata nel 1237, appartenne ai Conti Alfieri dal 1621. Dalla seconda metà del XVII secolo presero avvio i lavori di ristrutturazione del complesso fortificato, al fine di renderlo residenza signorile. È da ascrivere all’architetto Ernesto Melano la modifica della facciata sud del castello e all’architetto Kurten (1815) la modifica del preesistente giardino all’italiana in parco all’inglese. Soggiornarono nel castello l’architetto Benedetto Alfieri, al quale si deve il disegno edilizio e urbanistico di molti luoghi del centro storico di Asti, e il poeta Vittorio Alfieri. L’ultimo dei discendenti della nobile famiglia in linea maschile, Carlo Alfieri, si unì in matrimonio con Giuseppina Cavour, nipote del Conte Camillo Benso. Alla morte delle due figlie di Carlo Alfieri, il castello divenne proprietà del nipote, marchese Visconti di Venosta, e in seguito (1982) del cugino, Marchese Casimiro San Martino di San Germano, famiglia dalla quale discendono le attuali proprietarie. Il castello è oggi sede dell’Azienda Agricola Marchesi Alfieri, che comprende 24 ettari di terreno a vigneto, di cui 15 ettari coltivati a barbera.
Az. Agr. Marchesi Alfieri - piazza Alfieri, 28 - tel. 0141976015 -marchesialfieri.it
Visite: tutti i giorni dalle 8.30 alle 12.00 e dalle 14.00 alle 18.30; sabato e domenica su prenotazione

Richard Gere ha detto...

Provincia di Alessandria

Chiesa di Santa Giustina
SEZZADIO

L'impianto originale della chiesa risale al 722. Nel 1030 i monaci benedettini fondarono l'omonima abbazia, mentre nel 1033 la chiesa fu quasi completamente ricostruita e ampliata dal marchese di Sezzadio, Oberto. In tempi moderni, nel 1956 cominciò l'opera di restauro della chiesa, unica superstite degli antichi edifici appartenenti al monastero.
Chiesa di Santa Giustina – Villa Badia – via Badia, 53 – tel. 0131703659 - www.villabadia.com




Palazzo Callori
VIGNALE MONFERRATO

L'edificio è l'antica residenza dei signori di Vignale, risalente al XV secolo e ampliato nel corso del XVII secolo. Oggi è sede dell'Enoteca Regionale del Monferrato, a disposizione per produttori e consumatori.
Palazzo Callori - Enoteca Regionale del Monferrato – piazza del Popolo, 12 – tel. 0142933243 – www.enotecadelmonferrato.it




Castello di Uviglie
ROSIGNANO MONFERRATO

Adagiato sui colli a Est di Rosignano, il castello fu costruito tra il 1239 e il 1271 dalla famiglia dei Paucaparte. È il 1879 quando subentra il Conte Cacherano di Bricherasio, socio fondatore della Fiat. Dal 1992 la Tenuta del Castello diventa sede di coltivazione viticola, che prosegue ancora oggi.
Tenuta e Castello di Uviglie – via Castello di Uviglie – fraz. San Martino – tel. 0142488132 – www.castellodiuviglie.com




Castello Sannazzaro
GIAROLE

Il Castello medievale di Giarole fu edificato nel XII secolo e restaurato nell'800, epoca alla quale risalgono anche gli interni. Da sempre appartenuto alla famiglia Sannazzaro, oggi lo si può ammirare in tutto il suo plendore: con i mattoni a vista e il vasto parco attraversato dal torrente Grana.
Castello Sannazzaro - via Roma, 5 - tel. 3472505519 - www.castellosannazzaro.it




Mazzetti d'Altavilla distillatori dal 1846
ALTAVILLA MONF.TO

Dopo avere ammirato il centro storico di Altavilla, ancora racchiuso dalla cinta muraria con rari esempi di palazzi barocchi e dell'800, si può visitare la nota distilleria. Da visitare in azienda la cappella votiva "La Rotonda" e la mostra "Lo Spirito, il Sogno e l'Arte", di Luca dall'Olio.
Mazzetti d’Altavilla distillatori dal 1846 - viale Unità d'Italia, 2 – tel. 0142926147




Il Castello Reale
OVIGLIO

Il castello assunse il nome attuale dopo l'acquisto da parte della regina Cristina di Savoia, e già nel 1908 venne dichiarato monumento nazionale per la sua arte e la sua storia. Oggi ospita un relais di grande stile, con 9 suites alle quali si accede passando per le antiche cantine, le sale, il deambulatorio e la biblioteca, abilmente ristrutturati.
Castello Reale di Oviglio – via XXIV Maggio, 1 – tel. 0131776166 – www.castellodioviglio.it




Castello di Redabue
MASIO

Il Castello di Redabue, ai confini tra la provincia di Alessandria e quella di Asti, risale con molta probabilità al XIII secolo, anni a cui risale la datazione di alcuni archi di tufo alternati a mattoni. Oggi sono aperti al pubblico gli spazi dell'antica cantina, alla base del castello, e la chiesta adiacente, disegnata da Filippo Juvarra come prototipo della Basilica di Superga. Di rara suggestività il parco, che si estende per oltre dieci ettari con piante secolari come il lauro, il salice e l'ippocastano. Il Castello di Redabue ha a disposizione anche mini appartamenti, ristrutturati di recente nei locali del fattore, che danno sulla corte medievale antistante il castello.
Castello di Redabue – strada Redabue, 5 – tel. 3406589310 e 3483395880 – www.redabue.it




Villa Perona
CELLA MONTE

Villa Perona sorge proprio dove un tempo c'era l'antico castello di Cella Monte. Creata nel 1874 interamente in tufo, è famosa per i suoi “infernott”. Oggi è agriturismo con
parco, corte padronale e villa gentilizia, gestita dalla famiglia Pigino. A Villa Perona si potrà poi pernottare nelle camere della casa padronale, pranzare e degustare i vini dell’azienda.
Villa Perona - strada Perona, 1 – tel. 0142488280




Castello di Lignano
FRASSINELLO MONFERRATO

Il passato del Castello di Lignano è ricco di storia e di suggestioni. Le sue origini, incerte, risalgono all'epoca romana. All'interno del maniero oggi è attiva un'azienda agricola vitivinicola, che estende le sue vigne sulla collina circostante, per un totale di quindici ettari.
Castello di Lignano – strada Castello di Lignano, 1 - tel. 0142925326 – www.castellodilignano.com


Castello di Razzano
ALFIANO NATTA

Il castello sorge su un antico sito romano, con un impianto originale risalente con molta probabilità alla metà del IX secolo. La preziosa dimora nobiliare è del 1697, e conobbe momenti di particolare prestigio nel Settecento grazie alla famiglia Caligaris, che ne conservò la proprietà per oltre 200 anni. Dagli anni Sessanta la proprietà è passata alla famiglia Olearo che ha ridato al castello l'originario splendore, utilizzando le antiche cantine per la produzione di vini. All'interno del maniero è presente un relais con suites che si affacciano sulla bella corte con un rigoglioso giardino all'italiana. Il Castello di Razzano è anche un suggestivo relais con 9 camere. Le cantine ospitano anche un ricco museo delle contadinerie.
Tenuta Castello di Razzano – loc. Razzano, 2 – tel. 0141922124 - www.castellodirazzano.it




Tenuta Isabella
MURISENGO

La frazione di Corteranzo si erge dall'alto delle sue colline a dominare il territorio circostante. Qui prevalgono, da tempi immemorabili, le coltivazioni di viti che donano abbondanti uve per la produzione di ottimi vini. La Tenuta Isabella, con i locali del nuovo relais, la Canonica di Corteranzo, ha salvato alcune costruzioni storiche del paese.
Tenuta Isabella - fraz. Corteranzo - via Gianoli, 64 – tel. 0141693000




Locanda dell'Arte
SOLONGHELLO

Dove nel Settecento sorgeva un asilo d'infanzia gestito dalle suore, oggi trovano spazio 15 appartamenti dotati di ogni comfort. Ma la Locanda dell'arte non è solo uno stupendo relais, ma anche un museo dove gli ospiti trovano stampe e dipinti da ammirare, bei libri d’arte da consultare. Questo sarà il suggestivo scenario della cena tematica della prima Resistenza Umana a numero chiuso e aperta a tutti i soci del Club di Papillon. Il menu di stampo rinascimentale evocherà le ricette di Bartolomeo Scappi, "cuoco secreto" alla corte di Pio V. Consultate il menu. Prezzo della cena: € 30 per i soci, € 35 per i non soci.
Locanda dell'arte – via Asilo Manacorda, 3 – tel. 0142944470 - cell. 3337853342 – www.locandadellarte.it




Castello di Camino
CAMINO MONFERRATO

Edificato attorno all'anno 1000, nel 1323 il maniero passò nelle mani della famiglia Scarampi, banchieri di Asti, e così rimase fino al 1950. Per merito delle numerose opere di restaturo e di un ottimo stato di conservazione, possono ancora essere ammirate le mura e le torri merlate, parte del nucleo originario. Del Settecento la costruzione delle finestre ad arco sulla sommità della torre, la posa dei balconi in pietra sulla facciata e il rifacimento dello scalone e della sala dal ballo. All'interno del castello oggi vengono prodotti i vini tipici del Monferrato, e nell'ala sinistra del maniero è stata realizzata un'affascinante foresteria con 22 camere.
Castello di Camino – via Castello, 30 – tel. 0142469134 o tel. 01611895157 (Bieffepi Consulenze) - Visite: su prenotazione – www.castellodicamino.it




Ca' San Sebastiano
CAMINO MONFERRATO

Nel cuore del Monferrato sorge questo wine-resort ambientato in un antico casale ristrutturato con cura: dieci alloggi dove potere navigare in internet, due panoramiche piscine, un centro benessere dove si pratica la wine therapy e tante attività come corsi di cucina, gite in mountain bike, degustazioni di vini...
Ca' San Sebastiano – fraz. Castel San Pietro - via Ombra, 10-12 – tel. 0142945900 - cell. 3395030545 - www.casansebastiano.it - info@casansebastiano.it




Sacro Monte di Crea
Comune di Serralunga di Crea
SERRALUNGA DI CREA

La costruzione risale al 1589, e dal 1820, anno dell'ultimo ampliamento, il Sacro Monte di Crea è costituito dalla basilica, 23 cappelle maggiori e cinque minori, dette romitori. A fare da cornice, il Parco naturale (con area attrezzata) del Sacro Monte di Crea. Ha un'estensione di quasi 50 ettari, e fu istituito dalla Regione Piemonte nel 1980 per tutelare anche i beni ambientali in cui è inserito il complesso del Sacro Monte.
Sacro Monte di Crea – Cascina Valperone, 1 - Ponzano (Al) - tel. 0141927120 - www.parcocrea.it




Chiesa Santi Filippo e Michele
VILLAMIROGLIO

Nel Comune di Villamiroglio è stata edificata nel XVIII secolo questa bella chiesa in cotto, con lesene verticali che la dividono in tre parti e con un timpano sinuoso, che richiama lo stile Barocco.
Chiesa Santi Filippo e Michele – Villamiroglio. Per info: Associazione Culturale “C'era una volta...” di Villamiroglio – tel. 0142947235 - 0142947256




Castello di Gabiano
GABIANO

Le documentazioni parlano di un maniero fondato dallo stesso Aleramo all'estremo Nord-Ovest dell'attuale provincia di Alessandria, già nel VIII secolo. È tuttavia dal 1164, con l'investitura di Gugliemo II del Monferrato per mano di Federico I, che il castello diventa nodo strategico per il Monferrato. Dopo un attento restauro compiuto attorno al 1920, oggi è sede di importanti attività culturali e di un'azienda vitivinicola.
Castello di Gabiano – via San Defendente, 2 – tel. 0142945004 – www.castellodigabiano.com




Museo dei Campionissimi
NOVI LIGURE

Parlando di ciclismo, la memoria non può che portare a Novi Ligure, la "cittá dei campionissimi" e di tanto ciclismo pedalato e organizzato. Costante Girardengo, novese purisangue, e Fausto Coppi, che in questa cittá ebbe il battesimo sportivo e visse praticamente tutta la vita. Già dal viale che ospita il Museo, omonimo e intitolato ai Campionissimi, il visitatore viene accompagnato da alcune opere d’arte che, attraverso un percorso tra i materiali e le forme, lo introducono alla bicicletta ed alle sue rappresentazioni artistico-simboliche.
Apertura al pubblico a seconda degli eventi - Informazioni e prenotazioni per gruppi: Iat - tel. 014372585




ACQUI TERME

L'antico nome romano della città, Aquae Stellae, allude all'abbondante presenza di acque termali, le stesse di cui già Plinio il Vecchio scriveva nel I secolo d.C. Dopo la scomparsa di numerose strutture nel corso dei secoli, dagli anni Trenta ad oggi le Terme di Acqui hanno vissuto una costante crescita, sia strutturale sia qualitativa, puntando sulla ricerca scientifica relativa alla fangobalneoterapia, Nella piazza della Bollente, l'acqua sgorga dall'antica sorgente a 75° C. Merita una visita il Castello dei Paleologi, utilizzato nei tempi dal vescovo di Acqui Terme come residenza privata, quindi passato nelle mani della famiglia dei Paleologi e di altre importanti famiglie nobili. Oggi ospita le collezioni del Museo Civico Archeologico.
Terme di Acqui – via XX Settembre, 5 – tel. 0144324390 – www.termediacqui.it
Enoteca Regionale di Acqui Terme c/o Palazzo Robellini – piazza Levi, 7 – tel. 0144770273/4 – Visite: tutti i giorni (festivi compresi), 10-12,30 e 15,30-19 – chiuso lunedì e mercoledì.
Castello dei Paleologi - via Morelli, 2 - tel. 014457555





Provincia di Asti

Locanda del Sant’Uffizio
PENANGO

L’abitato di Penango è documentato prima dell’anno 1000. Da visitare nei giorni di Golosaria: la Chiesa parrocchiale barocca di San Grato (sec. XVIII), riconducibile come disegno architettonico al Magnocavallo e la Chiesa parrocchiale di San Vittore (originaramente romanica; ricostruita nel XVIII secolo), in frazione Cioccaro. Proprio a Cioccaro di Penango l'ex monastero Locanda del Sant’Uffizio, ora relais di charme immerso nel cuore del Monferrato: una costruzione secentesca, gradevolmente austera, conserva negli ampi spazi il silenzio delle sue antiche origini ecclesiastiche. Circondata da un parco centenario e affacciata su un grazioso giardino all'italiana.
Locanda del Sant’Uffizio - strada del Sant'Uffizio, 101 – tel. 014116292 – www.thi.it




Castello di Cortanze
CORTANZE

Il castello, eretto nel X secolo gode di un bellissimo panorama ed è circondato da un parco ottocentesco: imponenti sono i bastioni e la struttura nel suo insieme, in ottimo stato conservativo sia all’esterno che all’interno. Il castello di Cortanze è anche ristorante e ha disponibilità di 12 stanze per pernottamento.
Castello di Cortanze - via Marchesi Roero, 1 - tel. 0141690917 - www.castellodicortanze.it




Comune di Castell'Alfero
CASTELL'ALFERO

Il centro storico è un luogo unico per panorama e caratteristiche architettoniche. Da una parte il castello dei Conti Amico, edificato nel ‘700, dall’altra la chiesa parrocchiale dei S.S. Pietro e Paolo (sec. XVIII – XIX). Iniziative:
Comune di Castell’Alfero - tel. 0141406615 – cell. 3358375675
www.castellalfero.net - info@castellalfero.net




Chiesa romanica dei S.S. Nazario e Celso
MONTECHIARO D’ASTI

A 2 km dal centro di Montechiaro si trova la chiesa romanica intitolata ai Santi Nazario e Celso, risalente al XII secolo.
Comune di Montechiaro - tel. 0141999136


Chiesa romanica di San Secondo
CORTAZZONE

l più noto e storicamente rilevante monumento del paese è la chiesa romanica di San Secondo (sec. XII). Decorazioni e capitelli di particolare interesse storico.
Comune di Cortazzone – tel. 0141995504




Azienda Vitivinicola Bava
COCCONATO

Il paese sorge su una delle più alte colline del Monferrato astigiano (500 metri sul livello del mare) e la sua storia è caratterizzata da numerose vicende belliche. Proprio a causa di tali vicende, del medievale castello di Cocconato oggi resta soltanto la torre cilindrica a due piani, con merlatura guelfa.
A Cocconato si trova Bava, azienda vitivinicola e di invecchiamento fra le più note del Piemonte. La famiglia possiede vigneti nel paese di Cocconato sin dal 1600, ma è dal 1911 che è nata la casa vinicola propriamente detta.
Azienda Vitivinicola Bava - strada Monferrato, 2 - tel. 0141907083 - bava@bava.com




Abbazia di Vezzolano
ALBUGNANO

Vero e proprio gioiello storico e architettonico dell’arte romanica l'Abbazia di Vezzolano, faceva parte di un complesso religioso edificato nel XII secolo. All’interno della chiesa, notevole è il tramezzo, pezzo unico di romanico piemontese; splendido il piccolo chiostro e notevoli gli affreschi, fra i quali il “Contrasto fra tre vivi e tre morti” che evoca la “foresta di Vezzolano” di Carlo Magno.
Abbazia di Vezzolano - telefono custode: 0119920607




Colle Don Bosco
CASTELNUOVO DON BOSCO

Sul colle a 2 km dall’attuale centro di Castelnuovo Don Bosco, nacque, il 16 agosto 1815, Giovanni Bosco. Sulla collina che oggi prende il nome dal Santo sorgono il maestoso Tempio (costruito dai Salesiani negli anni ’60 e composto da due chiese sovrapposte) e il Centro storico, piccolo villaggio dove Giovanni Bosco visse sino ai 16 anni d’età e che ancora conserva la casa natale del santo, i fienili, le stalle, il prato dove Giovanni, bambino, vide se stesso in sogno circondato da tanti ragazzi, preannuncio della sua futura missione.
Oltre al Tempio, sono visitabili il Museo Etnografico, la casa natale e il Santuario di Maria Ausiliatrice, eretto nel 1915 nel primo centenario della nascita di Don Bosco (apertura
giornaliera; pausa di chiusura delle 12 alle 14).
Info: tel. 0119877162




Castello di Moncucco
MONCUCCO TORINESE

La prima attestazione dell'esistenza del castello di Moncucco è contenuta in un diploma imperiale del 5 ottobre 1164. Nel '200 nacquero in questo castello due cavalieri templari: i fratelli Nicolao e Iacopo. L’edificio, poi passato ai Savoia, oggi di proprietà comunale, conserva l’originaria struttura medievale, e al suo interno è allestito il Museo del Gesso.. Nel paese di Moncucco ha anche sede la Bottega del Vino di Moncucco.
La Trattoria del Freisa – via Mosso, 6 – tel. 0119874765 www.trattoriadelfreisa.it oppure Segreteria Bottega del Vino - tel. 0119927028 www.bottegadelvinodimoncucco.it



Castello di Piea
PIEA

L’insediamento di Piea risale all’epoca romana ed è appartenuto ai Roero e ai Savoia (XVIII sec.). L’edifico è particolarmente interessante, sia dal punto di vista storico che archittettonico. Se ne segnala l’ottimo stato di conservazione.
Info: tel. 0141901641



Aramengo e Guido Nicola
ARAMENGO

Il paese presenta un’interessante chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Antonio Abate (sec. XVIII), con dipinti attribuibili alla scuola del Moncalvo. Relativamente alle particolarità enogastronomiche, si ricordano soprattutto tartufi, salumi e pregiati vini. Qui è attivo il laboratorio di restauro di Guido Nicola, uno dei più importanti restauratori del mondo.
Info: Comune di Aramengo - tel. 0141909129).




Bottega del Grignolino
PORTACOMARO

Nel torrione medievale splendidamente conservato si trova la Bottega del Grignolino, accurata selezione del vino più noto del territorio. Annesso alla Bottega del Grignolino è il Ristorante della Bottega del Grignolino; tra i piatti proposti, si segnalano gli Agnolotti ai tre arrosti (vitello, coniglio, maiale), il Risotto del Torrione (con salsiccia, funghi, piselli, dadini di prosciutto e pollo), Brasato alla Monferrina e Tajarin.
Bottega del Grignolino: Visite dalle ore 9 alle 18.
Ristorante della Bottega del Grignolino - piazza Marconi,16 - tel. 0141202666
Orari d’apertura: dalle 12.30 alle 14.30 e dalle 20.00 alle 21.30. Consigliata la prenotazione. Per gruppi oltre le 30 persone: prenotazione indispensabile con anticipo di 2 settimane. Per gruppi inferiori alle 30 persone: prenotazione con anticipo di almeno 3 giorni.




Chiesa romanica di San Martino
BUTTIGLIERA D’ASTI

Il paese, sorto nel XIII secolo, è noto per possedere il campanile più alto del Monferrato (63 metri). Il monumento più rilevante è la chiesa romanica intitolata a San Martino vescovo di Tours (sec. X), attualmente compreso nell’area cimiteriale. All’interno si trova un affresco databile con ogni probabilità al XIII secolo. In Buttigliera si segnala anche la chiesa barocca di San Michele, costruita nel 1758.
Info: Comune di Buttigliera d’Asti – tel. 0119921812


Castello e Chiesa romanica
MONTIGLIO MONFERRATO

L’abitato, esistente già prima dell’anno 1000, è caratterizzato dalla presenza del castello, di cui si ha testimonianza dal XII secolo. Nel parco del castello si trova la Cappella di Sant’Andrea, con il più importante ciclo di affreschi trecenteschi del Piemonte. Sempre in Montiglio è possibile visitare la chiesa romanica di San Lorenzo (sec. XII).
Per visite al castello: tel. 3683354476. Info: Municipio di Montiglio: tel. 0141994008 - cell. 3356915703 – Iat di Montiglio: tel. 0141994006




Castello di San Martino Alfieri
SAN MARTINO ALFIERI

Nel castello, la cui esistenza è già attestata nel 1237, soggiornarono l’architetto Benedetto Alfieri e il poeta Vittorio Alfieri. Il castello è oggi sede dell’Azienda Agricola Marchesi Alfieri, che comprende 24 ettari di terreno a vigneto, di cui 15 ettari coltivati a barbera.
Info: tel. 0141976015 - www.marchesialfieri.it - info@marchesialfieri.it. Per gruppi, necessaria la prenotazione.


Castello di Cisterna d'Asti - Museo di arti e mestieri
CISTERNA D’ASTI

Nel castello, che risale al '500 è da visitare il Museo che raccoglie più di 3000 oggetti in ambienti di lavoro del torronaio, dell’oste, del fabbro, del tabaccaio, del tipografo.
Visite guidate (ultimo ingresso ore 18).
Biglietto d’ingresso: 2 euro.

Info: tel. 0141979021 - www.museoartiemestieri.it - info@museoartiemestieri.it




MONCALVO

Di origine romana (il toponimo Mons Calvus ne indica il sito non particolarmente boscoso), l’abitato è documentato nel 1164, anno in cui Federico I assegnò il territorio ai Marchesi del Monferrato. L’esistenza di un castello è certa nel 1270. Conteso fra i Paleologo, i marchesi di Saluzzo e, successivamente, i Gonzaga, i Francesi, gli Spagnoli e i Savoia, il castello subì forti distruzioni e rimaneggiamenti. La parte centrale dell’originaria struttura fu trasformata in piazza, ancor oggi centro vitale del paese. La piazza è circondata da un porticato ad Est, mentre sul versante settentrionale restano il muro di difesa con due torri ottagonali, due baluardi a pianta circolare e un fossato. Sulla piazza si affaccia il bel Teatro Comunale (1878, costruito sul sedime dell’antico Corpo di guardia secentesco).
La particolarità del luogo, oltre al suggestivo centro storico, è la presenza di numerose opere di Guglielmo Caccia detto “il Moncalvo” (Montabone, 1568 – Moncalvo, 1625), il maggior artista piemontese relativamente all’iconografia religiosa di stampo controriformista. Oltre che a Moncalvo, opere di Guglielmo Caccia si trovano ad Asti (Cattedrale), Crea, Chieri, Villanova (parrocchiale di San Martino e San Pietro), Casorzo, Calliano, Penango, Castagnole Monferrato, Montemagno. Al Moncalvo si deve la fondazione, nel 1611, del monastero di Sant’Orsola, oggi sede del Palazzo Civico.
Da segnalare, inoltre, la Fiera del Bue Grasso, la Sagra del Bollito e la Fiera del Tartufo organizzate ogni anno.
Da visitare:
Chiesa di San Francesco (sec. XIV) – piazza San Francesco, 1 – tel. 0141917450
Pregevoli i dipinti del Moncalvo.
Chiesa della Madonna delle Grazie (sec. XVIII) – via Conciliazione – tel. 0141917450
Questa chiesa è attribuita al Magnocavallo.




ASTI

Nella città di Asti merita una visita la Cripta e il Museo di Sant'Anastasio , una duplice realtà di sito archeologico e sede museale con collezioni di capitelli in arenaria, capitelli, mensole, conci d’arco scolpiti e bassorilievi. Meritevole di interesse anche il Complesso di S. Pietro e Musei Paleontologico e Archeologico. Il Complesso comprende la chiesa rotonda (XII sec.), la contigua cappella Valperga, il chiostro e parte dell’antica casa priorale (sec. XIII). Nei locali della casa priorale hanno sede i Musei Paleontologico e Archeologico.
Altre informazioni su musei, monumenti e istituti culturali astigiani si possono trovare sul sito internet del Comune di Asti agli indirizzi: Ufficio Cultura del Comune di Asti e e Ufficio Turismo del Comune di Asti.

Cripta di Sant'Anastasio - corso Alfieri, 365/A - tel. 0141437454/399489
Complesso di San Pietro - corso Alfieri, 2 - tel. 0141353072/399489 - Apertura: novembre-marzo da martedì a domenica 10–13 e 15–18; aprile-ottobre da martedì a domenica 10–13 e 16–19.




NIZZA MONFERRATO

Anche leggendarie, oltre che storiche, le origini del toponimo, che accosta alla romana “Nicia” o “Villa nova Nicie” il termine greco “Nicea”, vittoria. La sua esistenza è attestata dal 1021, ma la sua fioritura risale agli anni successivi al 1225, quando l’abitato fu eretto come villanova. Dai marchesi del Monferrato ai Paleologo, da Carlo Emanuele I di Savoia al duca di Mantova, la storia del luogo dimostra quanto fosse ambito il suo strategico dominio. Notevoli, di conseguenza, le modifiche e i rifacimenti dell’originaria struttura fortificata, di cui oggi resta come monumento significativo la torre quadrata, attuale sede del Municipio.
Fra le caratteristiche enogastronomiche si segnala la coltivazione del “cardo gobbo” e la produzione di Barbera.
Da vedere:
Palazzo Comunale – piazza Martiri d'Alessandria, 19 – tel. 0141720511
Palazzo Crova – Sede della Biblioteca Civica – via Gozzellini - tel. 0141726898
Museo Bersano delle Contadinerie e delle Stampe sul vino – piazza Dante - tel. 0141720211
Enoteca Regionale - via Crova 2 - Tel. 0141793350 - www.enotecanizza.it - Apertura: dal mercoledì alla domenica – Orario:11-13 e 17-24.

Richard Gere ha detto...

Il mistero dei Camparot



Se non ci fossero stati i ragazzi della scuola elementare di Lu non avrei scoperto i Camparot, che sono delle torri contadine di avvistamento sulle vigne, ma credo anche di difesa. Quello che i ragazzi hanno ricostruito in un plastico che ha vinto il concorso di Golosaria è sulla strada tra Lu e Quargnento. Ed è bellissimo. Ho proposto al sindaco di farne una De.Co. Potrebbe diventare un’attrattiva turistica. Come quella che anche ieri mi ha rapito portando nel cuore del Monferrato, in questa Lu, che ha il nome più corto del mondo, terra di vini e di colori, che ha anche il più alto numero di vocazioni religiose di tutta Italia.


Dopo Golosaria...



Abbiamo chiuso la manifestazione durata tre giorni il 9 marzo la sera a Grazzano Badoglio, sulla tomba di Aleramo, il primo marchese del Monferrato. E lì abbiamo scoperto il chiostro originale del monastero benedettino fatto erigere nell'anno 961 da Aleramo. La pasticceria Ceruti di Madonnina di Crea ha creato una torta dedicata al marchese, e l'abbiamo gustata con la Malvasia di Casorzo.
Ne ho scritto sulla Stampa, dicendo che daremo battaglia per la ricostruzione del chiostro, cui anche il sindaco tiene moltissimo.


La cucina di Pinzimonio nel Monferrato



L'abbiamo ambientata nel Monferrato la cucina della trasmissione Pinzimonio. L'abbiamo ambientata nel castello di Razzano della famiglia Olearo, produttrice di vini eccellenti. E Giovanna Ruo Berchera ogni settimana dispensa i suoi consigli da quel luogo da sogno. Alfiano Natta, il paese dove c'è questo relais tra i più belli, è vicino a Moncalvo, dove abbiamo provato la cucina del ristorante Centrale e l'ospitalità dell'agriturismo la Quercia Rossa. Era aprile e tutto cominciava a risvegliarsi. Che bello questo Monferrato.


Aspettando Design Escapade



A Murisengo ha sede l'associazione delle 3 T che organizza Design Escapade. E noi saremo presenti con la bagnacaudiera e la cioccolatiera da passeggio, ideata da Umberto Dallaglio delegato di Papillon di Reggio Emilia. Sarà una manifestazione itinerante, in otto luoghi magnifici del Monferrato. C'è anche la Locanda degli Artisti di Solonghello, dove abbiamo dormito durante Golosaria (stupenda) e la Tavoletta del Monferrato a Cocconato d'Asti. Da visitare!

Richard Gere ha detto...

di M. L.

Nel clamore delle notizie di questi giorni, a colpirmi è stato un dispaccio di stampa: “Morì di fatica, denunciato padrone”*. Un modo di dire con cui esageriamo la nostra stanchezza, per qualcuno si è tradotto in realtà. Immagino mete lontane nel tempo e nello spazio: Oliver Twist e la rivoluzione industriale inglese; l’America dello Zio Tom e Kunta Kinte; il bambini vietnamiti che cuciono palloni; la Cina della crescita economica a due cifre. Mi illudo, perché teatro di questo episodio ottocentesco è la culla dello sviluppo industriale italiano, la città di Cremona. Vittima un immigrato indiano, lavoratore clandestino in un’azienda agricola; lo si pensava stroncato dall’eccezionale calura di questo giugno, è stata invece la troppa fatica del lavoro nei campi. Morire così a quarantaquattro anni, sani e nel pieno del vigore fisico, rende difficile quantificare l’enormità del compiti assegnatigli. L’imprenditore che lo aveva “assunto”, un moderno negriero dotato di partita iva, è stato denunciato per omicidio colposo e multato per sfruttamento di manodopera clandestina. Non vedendo ormai limiti al peggio ed adeguandomi al modaiolo relativismo del male minore, consiglio ai sindacati di cessare le lotte su precariato e stipendi, per concentrarsi almeno su un obiettivo minimo della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: abolire la schiavitù.

Richard Gere ha detto...

Gli itinerari tematici
Arte, storia e castelli
ALESSANDRIA

Cose da vedere: Palazzo Rosso, Arco trionfale, Cattedrale, S. Maria del Carmine, Santa Maria di Castello, S. Rocco e complesso degli Umiliati, S. Alessandro, S. Stefano, il Circuito del Sistema dei Musei Civici (www.comune.alessandria.it), Palazzo Cuttica di Cassine, Palazzo Guasco.

Ricca di tracce storiche, Alessandria poco conserva dei borghi preesistenti la fondazione nel 1168, rimodellati dall’insediamento urbano condizionato dai due fiumi Bormida e Tanaro.
Nel tranquillo centro il Palazzo del Presidio Militare ingloba i resti del Palatium Vetus, la più antica sede del governo cittadino, affacciato su Piazza della Libertà, un tempo fronteggiato dal Duomo medievale, raso al suolo da Napoleone. L’attuale ottocentesca Cattedrale di San Pietro, poco distante, conserva un campanile secondo in altezza solo al Torrazzo di Cremona.
Su Piazza della Libertà si affaccia anche Palazzo Ghilini, sede della Prefettura e della Provincia, progettato nel 1732, significativa la successione di due atrii (il primo ottagonale) e gli splendidi scaloni a tenaglia. Sul fianco di Palazzo Ghilini sorge Palazzo Cuttica di Cassine (sede del Conservatorio musicale e di uno splendido allestimento museale che espone ciclicamente le collezioni della Pinacoteca Civica), con due balconi di facciata sorretti da telamoni e un piano nobile di gusto rococò con dipinti seicenteschi, impreziosito da importanti specchiere e sovrapporte coeve.
A pochi isolati il complesso conventuale duecentesco di San Francesco, che ospita la Mostra permanente “Le Stanze di Artù” (www.comune.alessandria.it) dedicata ai 15 pannelli provenienti dalla Torre Pio V di Frugarolo, ciclo di affreschi a raro soggetto profano eseguito fra 1391 e 1402 da un artista molto vicino alla corte viscontea di Pavia.
La costruzione in cotto di Palazzo Guasco risale al sec. XVIII e, per la parte ancora destinata a residenza privata, ha raffinata tipologia che lo avvicina a Palazzo Ghilini.
Per gli appassionati di architettura contemporanea, ecco la sede storica della Fabbrica Borsalino (1857), che ospita parte della sede universitaria cittadina. Poco distanti gli edifici della Taglieria del Pelo e il Dispensario Antitubercolare, disegnati negli Anni ’50 da Ignazio Gardella.

Pregevoli gli sfavillanti mosaici di Gino Severini che ornano la facciata del Palazzo delle Poste e Telegrafi, eretto a fine degli Anni Trenta secondo i canoni dello stile razionalista.

Sulla riva sinistra del Tanaro, la Cittadella (visitabile solo in occasione di eventi) sorge sulle rovine del borgo di Bergoglio. Iniziata nel 1728 da Ignazio Bertola (geniale architetto militare sabaudo), la pianta a esagono ellittico viene modificata per adattarsi alla griglia urbana di Bergoglio e presen-ta oggi numerosi edifici residenziali, magazzini, sotterranei (nonché esempi intatti di edilizia militare, come le polveriere) articolati attorno all’am-pio spazio verde centrale, la Piazza d’Armi. I bastioni esterni resistono alle dinamiche di espansione cittadina e rappresentano un patrimonio unico a livello europeo, in ottimo stato di conservazione.
A pochi km dalla città, il sobborgo di Marengo è teatro il 14 giugno 1800 della vittoria di Napoleone che segna il passaggio del Piemonte alla dominazione francese. Il luogo, fondamentale meta per i cultori di Bonaparte, dove, in memoria dell’evento fu costruita da un estimatore una villa neoclassica a metà ‘800, e dà anche nome a una moneta aurea e a molte ricette. Ogni due anni nel mese di giugno ha luogo la rievocazione storica che richiama gruppi di figuranti e appassio-nati da tutta Europa.
I dintorni abbondano di residenze nobiliari anche fortificate, quali i Castelli di Pavone, di Castelceriolo (risalente al sec. XII e più volte ricostruito), di Solero (proprietà dei Guasco e poi dei Faa’ di Bruno), di Oviglio.

Il più caratteristico è il trecentesco Castello di Piovera (http://www.comunepiovera.it), appartenuto ai Visconti e ora adibito a residenza signorile: l’edificio è molto articolato, arricchito da posti di guardia, ponti che scavalcano il scenografico fossato e da un parco secolare, confina col borgo medievale ed entrambi ospitano affascinanti rievocazioni in costume.



CASALE MONFERRATO (http://www.comune.casale-monferrato.al.it)

Cose da vedere: Castello, Giardini pubblici, Sinagoga e Museo di arte e storia ebraica, Duomo, Chiesa dell’Addolorata, S. Paolo, S. Caterina, Teatro Municipale, Palazzo Gozzani di S. Giorgio,S. Domenico, Pinacoteca civica e Gipsoteca Bistolfi.
L’avvicendarsi dinastico (Aleramo, Monferrato, Paelologhi, Gonzaga, Savoia) ha arricchito la cittadina capitale del marchesato di storia e di monumenti, nel rispetto dell’originario impianto medievale.

Sulla riva destra del Po il Castello Paleologo difende la città con la sua sagoma imponente, che pare oggi quasi ingiustificata per una cittadina dall’aria pacifica come Casale. Il primo nucleo risale al sec. XIV e in seguito viene munito di mura imponenti, di quattro torrioni e di quattro pivellini. Sul lato opposto della città viene completata nel 1590 la Cittadella, voluta dai Gonzaga a chiusura della cinta muraria e poi distrutta dai Francesi.

Edifici religiosi pregevoli, come il Duomo dedicato a Sant’Evasio e la Sinagoga, si collocano in un contesto urbano arricchito da palazzi nobiliari, fra cui Palazzo Gozzani di Treville e il Palazzo di Anna d’Alençon, una residenza tardo quattrocentesca che conserva un loggiato interno e preziosi affreschi. Degni di nota anche l’ex convento agostiniano di Santa Croce, rimodellato con una facciata del Magnocavalli nel 1758, che ospita le collezioni del Museo Civico, la Gipsoteca Leonardo Bistolfi (intitolata al maestro della scultura simbolista in Italia) e la raccolta di reperti archeologici del sec. XI provenienti dagli scavi effettuati nella necropoli di Morano Po.

Gli Aleramici fortificarono i dintorni di Casale e un esempio notevole è il Maniero di Camino (http://www.comune.camino.al.it), con una torre d’avvistamento e un complesso residenziale, impreziosito nel ‘400 da un salone decorato da Pier Francesco Guala coi ritratti della dinastia degli Scarampi (protagonisti di una novella del Bandello).
In un punto panoramico si erge il castello Ricaldone, nel paese di San Giorgio Monferrato (http://www.comune.sangiorgiomonferrato.al.it): risalente al sec. X, feudo del vescovo di Vercelli, attraverso rimaneggiamenti barocchi del cortile d’onore assume nell’800 la definitiva imponente facciata.
Reminescenze letterarie nel Castello di Murisengo (http://www.comuninprovincia.it/al/murisengo), di impianto trecentesco rifatto nel sec. XVII, dove Silvio Pellico si dedica alla stesura di “Francesca da Rimini”.






TORTONA (http://www.comune.tortona.al.it).

Cose da vedere: Duomo, Teatro Civico, Palazzo Guidobono, S. Matteo, Sepolcri romani, Luoghi orionini, Accademia musicale “Lorenzo Perosi”; Atelier di Pellizza a Volpedo, Castellania ed i luoghi natali di Fausto Coppi, Abbazia di Rivalta Scrivia.
Fondata nel 120 a.C. al crocevia fra le vie consolari Postumia e Fulvia (cui si aggiungerà il prolungamento della via Emilia verso la Gallia), la romana Dertona ha lasciato numerose tracce nel tessuto urbano di Tortona e nelle vicinanze. Già florida in età imperiale romana, raggiunge il massimo splendore in età comunale, quando si scontra con Pavia per interessi commerciali e viene assediata e distrutta da Barbarossa nel 1155, per poi entrare nella sfera d’influenza milanese. I Visconti iniziano la costruzione di un nuovo castello, potenziato nei secoli successivi fino a diventare una piazzaforte, smantellata da Napoleone.
Nella vicina Val Curone, il paese di Volpedo ha dato i natali al pittore divisionista Giuseppe Pellizza, formatosi alla scuola del Fattori e ricco di spunti personali inconfondibili quali l’attenzione alle esplosioni di colore della luce solare. Autore del Quarto Stato, nel suo studio è allestito il Museo che ospita pregevoli tele (fra cui i ritratti dei genitori e due autoritratti).
Novi Ligure (http://www.comune.noviligure.al.it).
Cose da vedere: Palazzi Dipinti, Teatro Municipale, Biblioteca Civica, Museo dei Campionissimi, Parco e Castello, Basilica La Maddalena; i Luoghi di Fausto Coppi e Costante Girardengo, Zona archeologica di Libarna e sale espositive di Villa Caffarena a

SERRAVALLE SCRIVIA (http://www.comune.serravalle-scrivia.al.it), Outlet di Serravalle Scrivia, Pinacoteca di Voltaggio.

Dominata dai resti (tratti di mura e una torre quadrata) del castello duecentesco, Novi Ligure è una città ricca di influenze liguri, nel dialetto, nella cucina e nell’architettura cittadina.
Tipicamente ligure è l’usanza di dipingere le facciate delle case dei nobili e dei ricchi commercianti - Novi fu sede della fiera di cambio dal 1626 - con finti elementi archi-tettonici e figure storiche e mitologiche. Scene di ampio respiro e cicli pittorici veri e propri o elaborate decorazioni floreali otto-centesche creano così una galleria d’arte all’aperto (per esempio lungo le facciate dei Palazzi Negrone-Costa, Cambiaso-Negrotto, Bianchi, Brignole), meritando a Novi l’appel-lativo di “città dipinta”.
Pregevole la Collegiata di Santa Maria Assunta, rinnovata a metà sec. XVII nelle sue forme originarie del sec. XIII (sorte nel sec. VI su un preesistente tempio pagano): all’interno opere seicentesche di ambito ligure e la statua della Patrona cittadina (di provenienza orientale).
Del seicento l’Oratorio dedicato a Santa Maria Maddalena all’interno del quale si trova un gruppo ligneo barocco raffigurante il Calvario, composto da 21 figure dipinte, completate nei primi anni del ‘600. L’Oratorio conserva anche un prezioso gruppo in terracotta di inizio ‘500, il Compianto sul Cristo morto.
Poco distante sorge Libarna. Citata da Plinio il Vecchio, è il più sviluppato sito romano in territorio alessandrino: sorto sulla via Postumia, la fiorente cittadina viene abbandonata nel sec. VII per le incursioni barbariche. Del tessuto urbano rimangono perfettamente conservati il Teatro, l’Anfiteatro, le Terme e il Foro, uniti dal complesso acquedotto e dal condotto fognario, che attraversa abitazioni un tempo arricchite da preziose decorazioni, in parte visibili in loco, in parte disperse nei musei di Genova e Torino. A Serravalle Scrivia di notevole rilievo il centro commerciale Outlet, uno dei più grandi nel suo genere in Europa.
A circa 400 metri di altezza, su uno sperone roccioso, il Forte di Gavi (http://www.immagine.com/gavi) è monumento nazionale ben restaurato, che domina la Val Lemme con la sua forma stellata racchiusa dalla cortina muraria a sei bastioni angolari, sorti sulla seicentesca fortezza quadrangolare a sua volta edificata su strutture risalenti al sec. XII.
Proseguendo per la Val Lemme si raggiunge Voltaggio dove si può ammirare la Pinacoteca dei Padri Cappuccini.





OVADA (http://www.comune.ovada.al.it)

Cose da vedere: Parrocchiale antica, Parrocchiale dell’Assunta, Palazzo Spinola, Casa natale e Museo di S. Paolo della Croce, Scuola di Musica “Antonio Rebora”, Civico Paleontologico “Giulio Maini”, Museo della maschera di Roccagrimalda.
Citata nei documenti di fondazione dell’Abbazia di Spigno (991), a partire dal sec. XIII la città comincia a gravitare nella sfera d’influenza di Genova, da cui rimane condizionata in ambito politico e culturale. Ovada conserva numerose tradizioni tipicamente liguri, come le processioni delle confraternite religiose, che due volte all’anno sfilano per le vie cittadine con immensi Crocifissi.
Ricche di castelli sono le colline dei dintorni. Quasi ogni comune dispone di un proprio castello, come Silvano d’Orba, Roccagrimalda, Cremolino, Mornese e Montaldeo, conferendo al panorama collinare una particolare suggestione. Caratteristica la torre trecentesca del castello di Roccagrimalda (http://www.ovada.it/roccagrimalda), rifatto in epoche successive e arricchito di un giardino all’italiana.
A Trisobbio, paese disposto su tre terrazzamenti con-centrici, sintomi di un impianto fortificato, il Castello presenta un corpo massiccio ingentilito da bifore e da una singola torre merlata angolare, rifacimenti moderni di una struttura preesistente al Duecento.
Ancora più antico il nucleo del Castello di Tagliolo Monferrato (http://www.comunetagliolo.it) , una torre del sec. X poi rafforzata dai Genovesi e più volte rimaneggiata, in ultimo dal D’Andrade: le splendide sale interne ospitano un Archivio storico e una Biblioteca.
Arrampicato su una scarpata, il Castello di Lerma appartiene da sempre alla famiglia Spinola e non riesce - pur con ingentilimenti rinascimentali - a nascondere la sua destinazione militare.
Merita una visita Castelletto d’Orba, località turistica conosciuta per le acque oligominerali.

ACQUI TERME (http://www.comuneacqui.it)

Cose da vedere: Palazzo Vescovile, Chiesa di S. Francesco,Basilica di S. Pietro, Palazzo Municipale, Palazzo Robellini ed Enoteca Regionale, Zona Bagni¸ Museo Civico Archeologico; Museo della Civiltà contadina a Montechiaro, Chiesa di S. Lorenzo a Cavatore, Museo di arte sacra di Ponzone, Gipsoteca Giulio Monteverde a Bistagno.
Abitata dai liguri Statielli, ribattezzata Aquae Statiellae dai Romani - incantati dalle acque salutari che sgorgano in città -, antica e potente sede vescovile, Acqui vive un momento di splendore in età alto-medievale, di cui conserva numerose testimonianze come il Duomo e il caratteristico quartiere medievale della Pisterna. Sulla Pisterna vigila il Castello dei Paleologhi, già nell’XI sec. residenza vescovile e ora sede del Museo Archeologico e del Museo dei Maestri Ferrari.
Ricco il patrimonio cittadino di edifici religiosi – per esempio la basilica di San Pietro, il duomo di San Guido, la Chiesa di San Francesco - dovuto all’antica cristianizzazione della città ad opera di San Maggiorino (sec. IV)

Caratteristica nel centro cittadino è l’edicola della Fontana della Bollente, da cui sgorgano le acque terma-li curative (a 75° C), ancora oggi utilizzate negli stabilimenti cittadini, che sorgono poco distante, in Zona Bagni, segnalati dai resti imponenti del-l’acquedotto romano.
L’Acquese è un territorio ricco di sopravvivenze medievali, dislocate lungo la Val Bormida e la Valle dell’Erro, come i borghi di Montechiaro, di Ponzone, di Strevi (castello quattrocentesco), di Cassine (http://www.comuninprovincia.it/al/cassine) (che ospita il primo weekend di settembre un’affascinante Festa Medievale, arricchita da mostre, incontri e percorsi enogastronomici) e i complessi come l’Abbazia di Sezzadio (di fondazione longobarda) e l’Abbazia di Spigno Monferrato (fondata dagli Aleramici sul finire del secolo X). Pregevoli e ben conservate le torri fortificate: a Denice la struttura risale al Duecento ed è circondata da case dell’antico abitato, a Cartosio rimane la torre del castello quattrocentesco degli Asinari.
La Gipsoteca Giulio Monteverde a Bistagno raccoglie circa gessi che consentono di cogliere i diversi aspetti dell’attività del Monteverde.

Richard Gere ha detto...

I sentieri del gusto



La provincia di Alessandria è “terra buona” soprattutto da gustare, coi suoi tesori gastronomici che danno vita a una cucina ricca e genuina, capace di far riscoprire sapori e aromi ormai sovente perduti e le occasioni per sperimentare la bontà dei prodotti. Numerose le manifestazioni autunnali dedicate al tartufo, “Tufo e Tartufo” a Odalengo Piccolo, la Fiera di Bergamasco (http://www.comune-bergamasco.it) e la “Trifola d’or” di Murisengo, la mostra a San Sebastiano Curone, la “Sagra del tartufo bianco” a Cella Monte (http://www.comune.cellamonte.al.it) e Acqui&Sapori di Acqui Terme (http://www.comuneacqui.it). Tutte le domeniche da giugno a ottobre è possibile unire cultura, enogastronomia e turismo aderendo all’iniziativa Andar per Cantine e Castelli, che unisce in un itinerario turistico le numerose cantine della Provincia (fra cui le Enoteche regionali di Vignale Monferrato e di Acqui Terme), le tenute agricole, le attività di agriturismo e i ristoranti tipici, in un progetto di tutela dell’alta qualità dei prodotti del nostro territorio. L’iniziativa fa parte di Castelli Aperti – Viaggio nelle terre del Basso Piemonte (che copre le province di Alessandria, Asti e Cuneo) ed è estesa ad alcune Aziende e Cantine nell’Astigiano. Il turista e l’intenditore hanno inoltre l’opportunità di partecipare, con guide specializzate, a tour enogastronomici, corsi di cucina, laboratori di produ-zione del formaggio, veri “laboratori del gusto” che vogliono avvicinare l’ospite ai ricchissimi giacimenti di sapori e profumi della nostra terra. Nel mese di dicembre Novi Ligure (http://www.comune.noviligure.al.it) diventa la capitale del gusto del basso Piemonte, con l’invito ad esplorare le “Dolci Terre di Novi”: focaccia, vini, dolci, tutta l’enogastronomia locale diventano il fil rouge fra Rassegna dei prodotti, Laboratori del Gusto (sotto l’egida di Slow Food), menù a tema dei ristoranti, momenti di costume (la centenaria Fiera di Santa Caterina) e di cultura (l’inizio della sempre ricca stagione teatrale).

Info:

Per CONOSCI GUSTA PREPARA : ALEXALA, Piazza Santa Maria di Castello 14 – 15100 Alessandria – Tel. +39 0131 288095 – Fax +39 0131 220546 – info@alexala.it – www.alexala.it.

Per RISTORANTE TIPICO : ASCOM Alessandria – Via Modena 29 – 15100 Alessandria – Tel. +39 0131 314800 – Fax +39 0131 41387 – ascom@ascom.al.it

Per ALESSIA : Camera di Commercio, Industria, Agricoltura e Artigianato di Alessandria – Via Vochieri 58 – 15100 Alessandria – Tel. 008003100131 – info@infoalessia.it - www.infoalessia.it


ENOTECHE

Bottega del vino "Il diavolo sulle colline"
Piazza Vittorio Veneto 15 - 15078 Rocca Grimalda (AL)
Tel. +39 0143 873401
Pagina Web: www.labottegadirocca.com
E-mail: info@labottegadirocca.com


Venerdì : 18-24 da maggio a settembre anche il giovedì
Sabato, domenica e festivi 10-24



Enoteca Regionale del Monferrato
Piazza del Popolo 12 – 15049 Vignale Monferrato
Ph. +39 0142933243
Fax +39 0142933243
E-mail palazzocallori@libero.it
Web www.enotecaregionaledelpiemonte.com



Enoteca Regionale Acqui “Terme e Vino”
Piazza Levi 7 – 15011 Acqui Terme
Ph. +39 0144770273
Fax +39 0144350196
E-mail enoteca@comuneacqui.com
Web www.enotecaregionaledelpiemonte.com

Richard Gere ha detto...

Le vie del sacro
Alessandria (www.comune.alessandria.it) e dintorni

La chiesa di Santa Maria di Castello è originariamente inserita nella cinta muraria dell’antico Castrum Roboreti (ora scomparso). Già citata in un documento del 1107 presenta attualmente forme tardo-gotiche di fine secolo XV, sovrapposte alla struttura romanica triabsidata. La Chiesa, il chiostro e la sala capitolare conservano pre-gevoli testimonianze, fra cui una terracotta policroma del sec. XVI di scuola lombarda, opere attribuite di Giorgio Soleri e di Guglielmo Caccia (il Moncalvo).
Iniziata nel sec. XIV, la chiesa di Santa Maria del Carmine ha una facciata gotica a salienti e i fianchi a mattoni a vista: particolare l’interno, una “sala a gradinatura” con crociera sorretta da pilastri cruci-formi e con abside centrale poligonale.
Il complesso conventuale di San Francesco ingloba una chiesa a tre navate e volte ogivali terminata nel corso del Trecento: il riutilizzo otto-centesco come ospedale militare rende difficile il recupero degli elementi superstiti. Ospita l’esposizione permanente “Le Stanze di Artù che presenta ciclo di affreschi arturiani di Frugarolo.
Altrettanto antico è l’insediamento degli Umiliati, ordine giunto in città nel sec. XIII, impiantando una florida industria di lavorazione e tintura della lana. I resti dei laboratori sono visitabili sul retro della chiesa di San Rocco, di origine romanica con copertura gotica.
Nelle vicinanze di Alessandria, a Bosco Marengo, nasce nel 1504 il futuro Pio V, che avvia la costruzione del complesso conventuale di Santa Croce. La chiesa è esempio del desiderio di rinnovamento artistico della Controriforma, con facciata classicheggiante, navata unica e impo-nente, ricchissimo patrimonio artistico che comprende opere di Giorgio Vasari (un’Adorazione dei Magi, un Giudizio Universale, dieci tavole di storie testamentarie), il sarcofago destinato a San Pio V, elaborate cornici barocche, altari marmo-rei settecenteschi. Suggestivi i due chiostri del convento, la Sala del Capitolo e la sagrestia.
Il paese di Castellazzo Bormida, borgo fortificato da Ludovico il Moro, ospita il Santuario neoclassico della Madonna della Creta, dal 1947 patrona dei Centauri, che danno vita al raduno motociclistico estivo. Al di fuori della cinta muraria, la chiesa di Santo Stefano (o Trinità da Lungi) “extra muros” conserva del primitivo impianto romanico le absidi esterne decorate ad archetti pensili.

Casale Monferrato (http://www.comune.casale-monferrato.al.it) e dintorni
Nonostante gli interventi di abbattimento in epoca napoleonica, Casale conserva 16 chiese consacrate, tutte di notevole pregio.
La Cattedrale di Sant’Evasio viene consacrata nel 1107 e nel 1474 diventa sede vescovile. L’ambiente del vasto nartece presenta una inconsueta vicinanza con modalità costruttive dell’architettura armena e immette nelle cinque navate originariamente coperte da mosaici, i cui elementi superstiti hanno trovato sistemazione nell’area presbiterale. Nel 1404 viene collocato al centro del transetto (e qui è rimasto) il crocifisso laminato in argento sottratto al Duomo di Alessandria. In sacrestia è custodita l’unica opera rimasta in città di Gaudenzio Ferrari (morto nel 1546).

L’edificazione della chiesa di San Domenico inizia nel 1472 ed è legata al trasferimento a Casale della corte marchionale monferrina. La facciata gotica presenta l’inserimento di un portale rinascimentale di scuola lombarda. L’interno diviso in tre navate ospita tele del Moncalvo e di Pier Francesco Guala.
Vale una visita il Tempio Israelitico (Sinagoga), sorto nel 1595 in sostituzione del tempio precedente risalente all’arrivo in città di esuli spagnoli nel 1492. La modesta facciata nasconde uno sfavillante interno, sontuosamente decorato con pitture e stucchi dorati. Nei piani dei matronei è ora allestito un Museo di Storia e Arte Ebraica.

Allontanandosi dalla città in direzione ovest si arriva al Sacro Monte di Crea, nel Parco Naturale. La devozione popolare collega l’arrivo della statua della Vergine Nera alla venuta di Sant’Eusebio di Vercelli nel sec. IV e i restauri che hanno restituito una Madonna ripulita e datata al sec. XIV non hanno intaccato la tradizione. La chiesa romanica del borgo fortificato originario viene ampliata nel 1483 da Guglielmo Paleologo, committente di un pregevole ciclo di affreschi su Santa Margherita d’Antiochia. Il progetto iniziale (1589) del percorso devozionale del Sacro Monte viene ampliato fino alle attuali 23 cappelle e 5 romitori, dominati dalla Cappella del Paradiso: i gruppi statuari (terracotta policroma) risalgono a due periodi, uno a cavallo fra ‘500 e ‘600 (cui partecipano il Moncalvo e Giovanni e Nicola de Wespin), l’altro nel corso dell’’800.



Tortona (http://www.comune.tortona.al.it) e dintorni

In città sorge la basilica del Santuario Madonna della Guardia, la cui costruzione viene avviata negli anni Venti del sec. XX per sciogliere un voto pronunciato dal beato Luigi Orione (fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza) e realizzata sotto l’egida dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Edifici più antichi abbondano nei dintorni della cittadina, a cominciare dalla Abbazia di Rivalta Scrivia, residuo di un complesso cistercense risalente al 1180, istituita in Commenda nel 1478 e passato in mano private: l’opera di smantellamento viene completata nel 1810. All’interno della chiesa di Santa Maria (unita già in epoca medievale alla pieve di San Siro), a Sale (http://www.comune.sale.al.it), viene firmato nel 1165 il trattato di pace fra Pavia e Tortona: la pianta ad aula articolata in tre navate conserva soltanto i resti della stupenda decorazione affrescale, fra cui spiccano i dipinti dell’abside.Edificata nel sec. X a Pontecurone (http://www.comune.pontecurone.al.it), non distante dal tracciato della via Postumia, la Collegiata di Santa Maria Assunta (documentata dal 1175) diventa una della tappe sulla direttrice Terrasanta – Roma – Compostela, e conserva due pregevoli affreschi raffiguranti San Giacomo in veste di pellegrino. L’edificio, interamente in cotto, risale al sec. XIII ed è articolato in tre navate (quella centrale terminante nel presbiterio con volta a crociera).



Novi (http://www.comune.noviligure.al.it) e dintorni

La chiesa di Santa Maria della Pieve è legata alla nascita stessa di Novi: notevoli le absidi medievali, in fasce di mattoni e arenaria bianca. Conserva un bell’affresco di Manfredino Boxilio, raffigurante Sant’Anna con Vergine e Bambino (1474).
Nel seicentesco Oratorio di Santa Maria Mad-dalena si trova il gruppo ligneo barocco del Cal-vario, 21 figure dipinte completate a inizio ‘600. Vi è anche conservato il Compianto sul Cristo morto, preziosa terracotta di inizio ‘500.

Merita una visita la Pinacoteca della Chiesa e del Convento dei Cappuccini a Voltaggio, che raccoglie tele degli ultimi cinque secoli, fra cui spicca una Deposizione di scuola genovese attribuita ad Anton Van Dick.
La Chiesa di San Giacomo nel centro di Gavi nonostante gli interventi nel ‘600 mantiene gli elementi caratteristici romanici: la facciata in arenaria bianca e il portale con lunetta a basso-rilievo (raffigurante l’Ultima Cena).
In stile romanico sono anche le chiese di San Michele (con elementi romani di riutilizzo) e di San Martino (in frazione omonima, con campanile quadrato con archetti ornamentali) entrambe a Borghetto Borghera (http://www.comune.borghettodiborbera.al.it).
Il Santuario del Monte Spineto di Stazzano (http://www.comune.stazzano.al.it) (viene costruito fra 1623 e 1630 sul luogo di un fatto miracoloso all’epoca dell’invasione francese.

Ovada (http://www.comune.ovada.al.it) e dintorni

Chiusa al pubblico è la Loggia di San Sebastiano (già chiesa di Santa Maria), costruita su preesistenze romaniche nel sec. XIII, con affreschi risalenti al sec. XV.
Di costruzione contemporanea il santuario cittadino dedicato a San Paolo della Croce, la cui casa natale nel centro storico è insieme museo e monumento nazionale.

Nei dintorni di Silvano d’Orba troviamo la Pieve di Santa Maria in Prelio, databile al sec. IX, che conserva al suo interno numerosi ex-voto della pietà popolare, che ha provveduto a conservare anche il vicino Oratorio di San Rocco (inizi sec. XVI) e il Santuario di San Pancrazio, raggiungibile con un escursione sulla collina nei pressi del castello, con una vista incantevole sull’Appennino ligure-piemontese.


Acqui Terme ( www.comuneacqui.com) e dintorni

Il Duomo è consacrato nel 1067 da San Guido, vescovo e protettore della città: costruito su un precedente edificio paleo-cristiano, mantiene dell’originale struttura romanica l’esterno, il transetto e le absidi con monofore, mentre la facciata ha subito l’aggiunta seicentesca di un atrio a colonne. Il campanile in cotto risale agli inizi del sec. XV. Pregevoli l’altare maggiore del ‘500 e i confessionali barocchi, la cripta triabsidata divisa in piccole navate e il chiostro dei canonici (con loggia a due ordini). Nella sala del Capitolo spicca il trittico della Madonna del Monserrato del Bermejo (1480 c.ca).
La primitiva cattedrale cittadina, la basilica di San Pietro (risalente al sec. IV, epoca di San Maggiorino e della prima comunità cristiana acquese) viene modificata in età romanica e diventa abbazia benedettina, per venire infine nel sec. XVIII dedicata all’Addolorata. L’abside e il campanile sono le rimanenze alto-medievali, in un interno a tre navate con copertura a capriate.

A pochi chilometri, nei pressi di Spigno Monferrato, è possibile visitare l’alto-medievale Abbazia di San Quintino, voluta nel sec. X dal marchese Oddone, succeduto al padre Aleramo (alla cui memoria dedica la nascente struttura).
Il centro storico di Cassine è uno dei più ricchi di testimonianze storiche in terra alessandrina: al centro del borgo il complesso conventuale di San Francesco, sede della comunità monastica presente in loco dal 1232 e ora proprietà comunale. L’edificio originario (terminato fra 1330 e 1350) è stato liberato dagli interventi sette-centeschi, riportando alla luce l’originale facciata a capanna (modificata con una quarta navata nel sec. XV e con i contrafforti eretti dopo un terremoto a metà ‘600).

Da sempre sede abbaziale, Sezzadio ospita il com-plesso benedettino di Santo Stefano (risalente al sec. X e pesantemente rimaneggiato) e l’abbazia di Santa Giustina. Fondata dal sovrano longobardo Liutprando nel sec. VIII, viene ricostruita e ampliata nel 1030 dagli Aleramici, che la affidano ai Benedettini. La struttura mantiene dell’aspetto romanico la facciata e il perimetro, la planimetria a tre navate con transetto, il presbiterio sopraelevato e la cripta. Nel sec. XV viene modificata con l’inserimento di una volta a crociera e dei pinnacoli sulla facciata. Il passaggio napoleonico compromette la decorazione pittorica, cancellata con calce e intonaco e solo dalla fine del sec. XIX lenta-mente riportata alla luce, soprattutto nel transetto e nell’abside (con una Passione e un Giudizio Univer-sale risalenti al sec. XV). Pregevoli i resti della decora-zione musiva pavimentale, a tessere bianche e nere con decori geometrici.

Richard Gere ha detto...

CINA: TALKALMAKAN DA INFERNO A OASI DI RICCHEZZA

Nel deserto delle leggende terrificanti hanno costruito un’autostrada per scovare il petrolio.
Niya (Cina). La leggenda racconta che il dio di queste terre, volendo dare una mano agli abitanti, divise fra loro quello che aveva di più prezioso. Ai Kazaki regalò la sua ascia d’oro per spaccare i monti Altai e permettere così alle acque di arrivare fino alla valle a irrigare i campi.
Agli Uiguri invece diede la chiave d’oro per aprire la cassaforte colma di tesori contenuti nel bacino del fiume Tarim. Ma sfortunatamente sua figlia perse la chiave. La divinità allora si arrabbiò a tal punto che incarcerò la giovane fra le rive del fiume: si formò così il deserto del Talkalmakan.
Un luogo che ha all’origine una storia tanto terribile non poteva certo avere un nome ospitale: in lingua turki, infatti, significa “se entri non esci più”. Come biglietto da visita non è male. Coi secoli il Talkalamakan (secondo deserto al mondo, dopo il Sahara, per superficie inabitabile) ha collezionato molte altre leggende terrificanti. E nomi degni di questa fame “mare di morte” è un altro. Oppure Liu Sha, “sabbia che scivola”.
La prospettiva di attraversare un posto del genere, seppure con la comodità dell’aria condizionata e su quattro ruote gommate anziché quattro zampe di cammello, è affascinante. Entrare nel regno del kara-buran, o uragano nero. L’incubo di tutte le carovane.
Così lo raccontava Von Le Coq nel libro sui tesori nascosti di questo deserto. “Improvvisamente il cielo diventa nero. Enormi vortici di sabbia mista a sassi sono sollevati in aria e turbinando colpiscono uomini e bestie. L’oscurità aumenta e strani schianti risuonano tra i ruggiti e gli ululati della bufera”. Pare che il Takalamakan sia stato capace di inghiottire in un giorno solo addirittura 360 città. Marco Polo se ne tenne abbastanza lontano, toccando varie oasi che lo costeggiano, ma evitando di attraversarlo. Quello era un azzardo riservato a pochissimi e ancora meno sono quelli che hanno avuto, poi, la possibilità di raccontarlo.
Il Talkalamakan a Sud, su questo ramo della Via della Seta incomincia a Niya. Ma il terribile mostro si presenta molto diverso da come è descritto nelle pagine accumulate nei secoli. Ogni due chilometri sulla destra il paesaggio fatto di dune è interrotto da una piccola casetta azzurra, con il pannello solare e il numero progressivo sulla porta. Ogni casetta un pozzo, ogni pozzo la vita. Il Talkalamakan, al contrario della sua apparenza, è in grado di placare, almeno in parte, la grande sete della Cina. Non una sete d’acqua, ma sete di petrolio.
Sotto queste dune di sabbia finissima che si spostano naturalmente ogni anno di 150 metri e sono alte anche due volte tanto, c’è un gigantesco rubinetto di combustibile che promette giacimenti per oltre un miliardo di tonnellate di greggio, senza contare il gas naturale. Ma per poter “bere” questa ricchezza, ci vogliono le strade. Anzi le autostrade: questa che parte da Niya e sale verso Korla è la prima al mondo ad aver tagliato (per oltre 500 chilometri) un deserto tanto terribile. Per difendere dalla sabbia questa lingua d’asfalto abbrustolita dal sole, però, i tecnici cinesi hanno dovuto creare una “barriera” verde. Un corridoio di cespugli che corre parallelo all’autostrada.
Le casette azzurre (ognuna della quali ha un guardiano, spesso con famiglia) pescano acqua a cento metri sotto terra e poi, attraverso tubicini neri che corrono vicini all’asfalto, irrigano il terreno consentendo a piante, resistenti come tuareg, di sopravvivere a queste temperature.
In poco più di 12 anni il lavoro è stato completato, investendo 779 milioni di yuan, neppure 80 milioni di euro. Oggi le grandi autocisterne che si spingono nel deserto non devono (quasi, perché le tempeste possono ancora oggi bloccare il traffico) più temere che la sabbia e il vento nascondano la via. Il progetto è più articolato e prevede addirittura una riforestazione del deserto. Dove una volta soffiava l’uragano nero oggi crescono rose. Il fascino non è molto diverso, anche se la suggestione ha un altro aspetto.
Ripensi a tutte le battaglie che si sono combattute fra queste dune in nome dell’archeologia, ai “diavoli” stranieri piombati fino a qui da Svezia. Gran Bretagna, Russia, Giappone, Germania per riesumare i resti di civiltà buddiste (la Via della Seta non ha lasciato solo passare tappeti, oro, spezie e giada, ma è stata anche un’eccezionale via per diffondere questa religione nata in India), inghiottite dal Talkalamakan. Dove una volta si moriva di sete oggi i guardiani dei pozzi (le casette azzurre) allevano galline.
L’autostrada corre veloce, un paio di soste per dare un po’ di respiro al “cammello” con le gomme e soprattutto per immortalare le dune di questo gigante impalpabile e caldo. Per arrivare alla meta bastano poche ore. Korla, l’oasi del Nord che 50 anni fa i soldati dell’esercito comunista hanno strappato al deserto costruendo 600 chilometri di canali sotterranei per dare vita alle fattorie, è appena dietro quei pozzi di petrolio.
La sabbia resta appiccicata alle scarpe e in mezzo ai capelli, ti sembra di averne un po’ anche in bocca. In testa frullano ancora le leggende del Talkalamakan, il deserto che una volta non faceva uscire i propri viandanti. Una volta, prima che venisse scoperto il petrolio.